Quando Mourinho era il nemico
Sembra essere tutto sparito nei byte di un tweet e di un comunicato, ma c’era una volta un José Mourinho che della Roma era un nemico sportivo, tra i più battaglieri e odiati (sempre sportivamente parlando) da questa parte della barricata, dove ora il portoghese tenterà di costruire nuovi successi dopo averne sottratti alcuni proprio alla Roma.
LA PRIMA VOLTA - Il primo, proprio alla sua prima panchina con l’Inter: il 24 agosto 2008 a San Siro si gioca la terza Supercoppa Italiana consecutiva tra i nerazzurri e la Roma, vincitrici di Scudetto e Coppa Italia della stagione precedente. La partita è fisicamente molto dura, specie per essere ancora estate inoltrata, e combattuta da entrambe le squadre: dopo 120 minuti il risultato è fermo sul 2-2 con le reti di Muntari, De Rossi, Balotelli e Vucinic. I rigori potrebbero sorridere alla Roma, ma Totti manda il tiro decisivo sulla traversa e Javier Zanetti, dopo un errore di Juan, sigilla il primo trionfo di Mourinho in Italia.
POLEMICHE DI COPPA - Dopo uno 0-4 all’Olimpico in campionato, le due squadre si ritrovano di nuovo a San Siro in Coppa Italia. Dopo quattro finali consecutive e due vittorie per parte, la formula cambia e la Roma, da detentrice del trofeo, è costretta a giocare i quarti di finale in gara unica a Milano contro i nerazzurri. Che vincono 2-1 con due reti irregolari: la prima, di Adriano, nasce a un mancato rigore fischiato a Vucinic, la seconda, di Ibrahimovic, arriva con un fuorigioco dell’ex Samuel. Mourinho tace, anzi passa per grande motivatore: pochi giorni prima, l’Inter aveva perso pesantemente a Bergamo e il portoghese urlò ai suoi che avevano vinto uno scudetto “in segreteria”.
ZERO TITOLI - In campionato, le cose non vanno meglio: il 1° marzo 2009 finisce 3-3, con la Roma che riesce ad andare in vantaggio per 3-1, salvo poi vedersi tarpate le ali dal solito episodio arbitrale: stavolta è Rizzoli che fischia un rigore che non c’è per un fallo su Balotelli, svenuto in area tra De Rossi e Motta. Mourinho, che vede salva la sua serie di imbattibilità interna in campionato che durava dal 23 febbraio 2002, non solo nega ogni vantaggio arbitrale, ma rincara la dose sostenendo che sul 3-1 di Brighi ci fosse un fallo di Baptista su Cambiasso. Spalletti non la prende bene: «Il rigore non c'era. Forse bisogna smettere di far parlare i tesserati (Mourinho, ndr), perché chi sta zitto poi passa da coglione». De Rossi, ancora frustrato dal mancato titolo dell’anno prima, pure: «Bisogna dire le cose come stanno: c'è un bel po' di frustrazione perché questo è solo l'ultimo di una serie di episodi nella sfida fra Inter e Roma in cui gli arbitri si fanno trarre in inganno sempre dalla stessa parte. Se dicessi che l'Inter non è il problema non direi la verità: ho molti dubbi di poter vincere uno scudetto con la Roma!». Due giorni dopo, alla vigilia dell’andata della semifinale di Coppa Italia contro la Sampdoria, Mourinho lancia un’invettiva contro tutti i suoi avversari di campionato, Roma compresa, tornando sull’episodio chiave della gara: “Ha il centrocampo più forte d’Italia e non vincerà nulla. Il rigore c'era, al massimo si poteva dire che era dubbio”.
LE MANETTE - Nella stagione successiva, una Roma inizialmente attardata compie una grande rimonta sull’Inter, candidandosi per il titolo. Nel turno numero 25, che i giallorossi iniziano a -7, i nerazzurri vengono fermati sullo 0-0 dalla Sampdoria. La notizia non è tanto questa, quanto le due espulsioni - nette ed evidenti - di Samuel e Cordoba, che Mourinho accoglie col gesto delle manette rivolto alla telecamera. Per lui tre giornate di squalifica, che lo convincono a presentarsi davanti alle telecamere solo quando strettamente indispensabile da lì alla fine della stagione, con Beppe Baresi chiamato a sostituirlo nel corso di interviste e conferenze stampa.
LA SINDROME COREICA - Inter e Roma si affrontano nella finale di Coppa Italia del 5 maggio 2010, alla vigilia della quale Mourinho si lamenta del presunto scarso impegno degli avversari della Roma, ancora in corsa per il titolo nonostante il KO contro la Sampdoria: “Contro di noi sono tutti migliori in campo, contro la Roma i portieri sembrano colpiti dalla sindrome coreica”, con tanto di sgradevoli gesti di imitazione. Un’uscita del portoghese mai condannata mediaticamente a livello nazionale.
L’INNO - Quella finale va all’Inter, con il gol di Milito e il calcio di Totti a Balotelli, ma prima della partita si gonfia un caso inesistente. La gara si gioca in un Olimpico a maggioranza giallorossa, visto che gran parte della quota dei biglietti destinati ai tifosi dell’Inter resta invenduta e girata a quelli capitolini. La Lega Calcio, che organizza la gara, propone una parte degli inni delle due squadre al termine della lettura delle formazioni: si comincia dall’Inter, squadra formalmente in casa, con l’elenco degli undici seguito da “Pazza Inter”, poi tocca alla Roma, con lo stralcio dell’inno di Venditti che viene proseguito a cappella dai romanisti presenti. La Rai racconta di un Mourinho su tutte le furie, perché convinto che fosse stato suonato solo l'inno giallorosso: "se finisce 1-1 vinciamo noi dato che per chi gioca fuori casa il gol vale doppio". Una falsità perpetrata anche recentemente, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport del 5 maggio 2020, a dieci anni esatti da quella vittoria: «La finale di Coppa Italia non la volevo giocare: l’inno della Roma prima della partita, arrivai a provocare “Fermate la musica o ce ne andiamo”».
IL PREMIO PARTITA AL SIENA - Il 16 maggio si gioca l’ultima giornata di campionato, con l’Inter ancora a tiro della Roma, impegnata sul campo del Chievo Verona. I nerazzurri giocano invece a Siena, che vede in rosa gli ex Curci e Rosi e il presidente Mezzaroma tifoso giallorosso. Mourinho non perde occasione per provocare per l’ultima volta: «Chissà se la Roma, che non paga il premio per la Coppa Italia, è disponibile a dare qualche soldo in più al Siena».