Paulo Sergio: "Felice di aver posto le basi per lo scudetto del 2001. Mi auguro che la Roma torni a vincere qualcosa"
Paulo Sergio, attaccante della Roma dal 1997 al 1999, ha parlato ad asroma.com: "Segnai tanto, anche se non ero una punta centrale. Roma mi è rimasta nel cuore”.
Se pensa ai due anni vissuti nella Roma?
“Mi viene in mente un’esperienza esaltante, con tifosi meravigliosi sempre al nostro fianco. In Curva Sud e negli altri settori dello stadio. Una squadra che giocava bene, giocava all’attacco, faceva divertire. Ma non solo…”.
Cos’altro?
“Ponemmo le basi per lo scudetto vinto nel 2001. Io ero già passato al Bayern Monaco, ma fui orgoglioso di partecipare al rilancio della Roma dopo un’annata non proprio positiva con Carlos Bianchi, l’allenatore che mi volle nella Capitale”.
Scelse il club per il tecnico argentino?
“Lui mi richiese con forza. Io mi accordai con la Roma a parametro zero dopo essermi svincolato dal Bayer Leverkusen. Quando il mio procuratore di allora mi propose la possibilità di venire a Roma, io fui subito entusiasta. Non indugiai un attimo, giocare in Serie A era un sogno per noi brasiliani. A Roma c’era stato Falcao, io trovai Aldair. Sapevo che c’era una società blasonata ad aspettarmi. Firmai sei mesi prima della fine del campionato, nel mercato invernale”.
Tanto che si presentò a Trigoria nel gennaio del 1997 per un’amichevole tra Roma e Bayer Leverkusen.
“Vero, vincemmo 3-0. Segnai anche io. Fu un primo assaggio di quello che avrei trovato mesi dopo. Solo che poi Bianchi fu esonerato e io fui allenato da Zeman. Arrivai con altri due brasiliani, Cafu e Vagner e a gennaio la società prese anche Zago”.
Zeman, comunque, esaltò le sue caratteristiche offensive.
“Mi trovai bene con lui, più il primo anno che il secondo. Ma, in ogni caso, segnai tanti gol diventando un giocatore titolare per la Roma”.
Tra i momenti migliori vissuti c’è il gol alla Juventus del 15 novembre 1998?
“Senza dubbio. Ricordo uno stadio pieno, i tifosi che aspettavano quella partita da inizio campionato. C’era voglia di vincere e di dimostrare di essere migliori. Segnai la rete del vantaggio su assist di Totti da calcio di punizione. Mi lanciò con una sorta di pallonetto da calcio di punizione, io capii subito la sua intenzione e beffai tutti, mettendo la palla dentro con un tocco al volo, battendo Peruzzi”.
Ed esultò mimando un pilota di Formula Uno.
“Esatto. Per omaggiare il mio amico Giancarlo Fisichella. Romano e romanista”.
Fu la seconda marcatura ai bianconeri della sua esperienza giallorossa, quella.
“La prima risaliva alla stagione precedente (1997-98, ndr). Giocavamo in trasferta e perdemmo 3-1. Sul 2-1, però, ci negarono un rigore netto per fallo di Deschamps su Gautieri. Potevamo pareggiare e dare un senso diverso al match. Ma l’arbitro fu di diverso avviso…”.
Le dispiacque andare via nell’estate del 1999?
“Passai al Bayern Monaco, mi presero per provare a vincere la Champions League. E ci riuscimmo. Contestualmente, la Roma divenne ancora più forte e vinse lo scudetto con Capello allenatore, però l'ossatura base rimase quella di due anni prima con Aldair, Zago, Cafu, Candela, Tommasi, Delvecchio. Andò bene a entrambi… (ride, ndr). Ma Roma e la Roma mi sono rimaste nel cuore”.
Oggi lavora ancora per il Bayern Monaco.
“Sì, in veste di ambasciatore. Il Bayern ha diversi ex giocatori in società, a vari livelli. Negli ultimi mesi purtroppo non ho potuto viaggiare per via del Coronavirus. Sono stati mesi difficili, particolari, ma ne stiamo uscendo fuori”.
Roma-Juventus di domenica sarà il debutto casalingo dei giallorossi. Sensazioni?
“Non so se riuscirò a vedere la partita, ma mi auguro che la Roma torni a vincere qualcosa. Non vi ho mai dimenticato e, anche se a distanza, vi seguo con affetto”.