L'Almanacco della Città Eterna - 5 ottobre
Dal 21 aprile del 753 a.C. ai giorni nostri.
Il 5 Ottobre del 1690, nell'orto del Convento di San Pietro in Montorio, viene fondata l'Accademia dell'Arcadia da: Gian Vincenzo Gravina e Giovanni Mario Crescimbeni, coadiuvati dal torinese Paolo Coardi, dagli umbri Giuseppe Paolucci di Spello, Vincenzo Leonio da Spoleto e Paolo Antonio Viti di Orvieto, dai romani Silvio Stampiglia e Jacopo Vicinelli, dai genovesi Pompeo Figari e Paolo Antonio del Nero, dai toscani Melchiorre Maggio di Firenze e Agostino Maria Taia di Siena, da Giambattista Felice Zappi di Imola e dal cardinale Carlo Tommaso Maillard di Tournon di Nizza.
“Andando un giorno a diporto il colto e geniale drappello ne' suburbii di Roma, e recitando alterne rime all'ombra delle piante ed al mormorare de' rivoli, un de' compagni sorse enfaticamente a dire: "Pare che noi facciamo rivivere l'antica Arcadia". Baretti chiama irrisoriamente magiche tali espressioni, poiché destarono esse il pensiero di fondare un'accademia col nome di Arcadia. Quattordici furono gl'istitutori di questa società” (Giovanni Battista Corniani, “I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento”).
“I fondatori, grandi uomini, della benemerita e celebre Accademia d'Arcadia ebbero per principal scopo nel prendere i nomi egli usi de' greci pastori e persino il loro calendario, di romper guerra alle gonfiezze del secolo, e ritornare la poesia italiana per mezzo della pastorale alle pure e belle sue forme. Fingendosi pastori, immaginandosi di vivere nelle campagne, bandito ogni fasto, tolto fra loro ogni titolo di preminenza, studiando ne' classici greci, latini, e italiani, vennero naturalmente da sé stesse a cadere quelle ampollose metafore, que' stravolti concetti, e quello smodato lusso di erudizione, che formava la delizia non de' poeti soltanto, ma eziandio de' più applauditi oratori sagri, e su cui stoltamente si riponeva la sede del sublime e del bello” (Gaetano Moroni, “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni”).
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