I dettagli che fanno la differenza

06.02.2018 18:00 di  Alessandro Carducci  Twitter:    vedi letture
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci
I dettagli che fanno la differenza

Si potrebbe stare qui a parlare di tattica per tutta la settimana. Sistemi di gioco, principi, fase difensiva e fase offensiva. Si potrebbe discutere sull'utilità del 4-2-3-1 rispetto al 4-3-3 o sui 10 metri guadagnati da Nainggolan sulla trequarti. Sono gli attimi, alla fine, che fanno la differenza e l'aspetto mentale, spesso sottovalutato, domina ogni aspetto della nostra vita, anche il calcio. Dopo la sconfitta in casa contro l'Atalanta dello scorso 6 gennaio, Kevin Strootman disse queste, inquietanti, parole: “Forse abbiamo mollato mentalmente”. Parole inquietanti, da una parte, ma violentemente oneste. D'altronde era chiaro a tutti: dopo il passaggio del girone di Champions e una classifica che vedeva la Roma praticamente all'attico della Serie A, la squadra ha mollato. Ha creduto di aver trovato finalmente il suo equilibrio e che nulla, ormai, potesse scalfirlo. La mancanza di cattiveria ha portato a perdere punti, punti preziosi per la classifica ma anche per il morale e, lentamente, la Roma ha perso fiducia in sé: “L'errore in appoggio fa parte dell'idea di gioco e se non hai sicurezza, a causa dei risultati, capita di fare più errori”, ha dichiarato oggi Eusebio Di Francesco. Se non hai sicurezza, dopo aver preso due gol in casa dall'Atalanta rischi di crollare. Se non hai fiducia, la testa si affolla di pensieri, tutti negativi, e il piede trema davanti al portiere. “Sono professionisti” ribatte il popolo. Sì, ma sono pur sempre uomini. Uomini che guadagnano cifre enormi. Uomini privilegiati. Viziati, a volte, ma pur sempre uomini.
 

Sono i dettagli a fare la differenza: siamo stati dei mesi a discutere sulle qualità di Ünder. Chi diceva che fosse semplicemente acerbo (considerazione abbastanza condivisibile, in effetti), che fosse scarso, chi ripeteva di avere pazienza. Chi parlava di moduli e ruoli. In realtà, il problema principale è sempre stato quello della lingua. Non capiva una parola di italiano. Pur potendo contare sul traduttore, le sfumature non le poteva cogliere. Capiva il minimo indispensabile, in un ambiente completamente nuovo con delle metodologie completamente nuove. Un Paese nuovo, un campionato diverso e una lingua totalmente sconosciuta. La lingua non spiega tutto, forse, ma aggiunge un dettaglio fondamentale. Dettagli cui non si pensa, nelle considerazioni del post partita. Nei salotti delle tv, nei bar, sui social. Si parla di sistemi di gioco, tecnica, schemi, ruoli o coperture preventive quando, spesso, la realtà si cela dietro il palcoscenico.