Dai sogni alla realtà
Per i romanisti quella del 6 agosto 2020 era stata la mattinata dei sogni, con l’ufficialità del preliminare con il Gruppo Friedkin in grado di rovesciare istantaneamente umori e prospettive, anche in vista della partita contro il Siviglia, appuntamento madre di questa seconda parte di stagione a cui la Roma si presentava, in ogni caso, in una buonissima situazione. Squadra quasi interamente a disposizione (mancavano solo lo squalificato Veretout e Smalling, perso per storture di una stagione anomala e per un atteggiamento giustamente conservativo del Manchester United), niente più ombre sul futuro societario e una fiducia costruita sugli ultimi 8 risultati utili consecutivi ottenuti dopo il cambio di sistema di gioco. I giallorossi, però, si sono dovuti scontrare con la realtà: alla MSV Arena di Duisburg la squadra di Lopetegui si è dimostrata semplicemente più forte, con un’identità ben definita e un pedigree europeo mostrato a pieno titolo sul terreno verde e non solo sulla patch dorata apposta sulla manica sinistra della camiceta. Nel primo tempo la Roma, già di per sé inferiore al suo avversario, ha anche avuto il demerito di non giocare almeno con intensità e coraggio, con i due quinti - chiave di volta dei 22 punti ottenuti sugli ultimi 24 possibili - finiti schiacciati dalle catene e dai cambi di gioco degli andalusi, come in occasione del gol dell’1-0 di Reguilon.
La dignità, almeno parziale, della ripresa ha comunque dimostrato, probabilmente, che salvo episodi o errori del Siviglia ci sarebbe stato poco da fare in ogni caso, vista l’enorme differenza di collettivo evidenziata in campo. Niente che potesse far cadere completamente dalle nuvole: il principale pregio del cambio di sistema era stata una rivalutazione dei singoli e del collettivo a livello mentale più che di gioco, con tanti gol comunque presi (mentre il Siviglia nello stesso periodo realizzava 7 clean sheet, pur giocando un calcio tutto tranne che conservativo) e difetti più mascherati che corretti, come per esempio la scarsa fluidità della costruzione bassa a cui si è posto rimedio lanciando più spesso su Džeko, soluzione che ha portato - seppur con dubbi a livello arbitrale - al 2-0 del Siviglia proprio su un pallone non difeso dal bosniaco. Polvere sotto al tappeto dei campi della piccola Serie A, sporcizia impossibile da nascondere nei più prestigiosi appuntamenti europei: una lezione che, se non altro, aiuterà ad avere una maggiore contezza di quello che c’è da migliorare e/o cambiare, nell’ennesimo tentativo di convertire il futuro in presente che la nuova proprietà farà.