Kevin Strootman, il pezzo mancante
Sono passati quasi dieci mesi dal terribile infortunio riportato da Kevin Strootman in Napoli-Roma della scorsa stagione; talmente tanto tempo che ci si è anche un po’ dimenticati - grazie anche alle splendide prestazioni di Radja Nainggolan, che di fatto lo ha sostituito nel pacchetto ideale con De Rossi e Pjanic - quali sono le caratteristiche che lo hanno fatto emergere come uno dei migliori centrocampisti della Serie A e qual è la portata della mancanza del suo pezzo nel puzzle giallorosso.
AGGRESSIONE - In primis, la sua capacità di aggredire il portatore di palla avversario. Probabilmente Strootman è un giocatore meno mobile di Nainggolan, difficilmente lo si vede correre da una parte all’altra del campo senza soluzione di continuità, ma l’olandese sa sempre dove deve stare e si trova sempre dove serve che stia. Il suo primo pressing sul portatore di palla avversario o la sua aggressione sulle seconde palle sono fondamentali per ridurre il campo da percorrere per arrivare alla porta avversaria.
LAVATRICE - Non a caso, Rudi Garcia lo ha consacrato a lavatrice nel postpartita di Roma-Napoli di Coppa Italia: “Quando la squadra è in difficoltà la palla si dà a Kevin. Come una lavatrice, dà sempre la palla pulita”. Chiarissimo il concetto del tecnico della Roma: la capacità di convertire in giocabili palloni anche quasi persi aiuta molto la squadra nel mantenerne il possesso e aumentare le chance offensive a propria disposizione.
QUALITÀ - Il piede sinistro di Kevin Strootman è tutt’altro che ineducato ed è messo a disposizione di un’intelligenza calcistica ben superiore a quella di un normale centrocampista di rottura. Esemplificativo di questo è la partita di Udine, in cui Strootman, dopo 80 minuti di battaglia, diversi dei quali in inferiorità numerica, tiene alta la testa e mantiene il sangue freddo necessario per attendere il momento giusto per cedere a Bradley il pallone poi trasformato dall’americano nel gol del vantaggio.
CARISMA - Last but not least, l’assenza di Strootman ha avuto il suo peso anche sul piano psicologico. Con il suo arrivo, l’olandese ha aiutato il centrocampo della Roma (e anche il resto della squadra) a trasformarsi da un gruppo di qualità ma incompiuto a un’insaziabile macchina da guerra, pronta a mettere sotto chiunque gli si presentasse davanti. Chissà come sarebbe andata in Champions League con il numero 6 in mezzo al campo, chissà quanto il suo ritorno potrà restituire una solidità mentale forse un po’ perduta per strada in questa prima parte di stagione.