Antonsdottir: "Mi aspetto che dopo il Mondiale aumenti l'interesse per il calcio femminile"
L'ex calciatrice della Roma Femminile, Kristirun Antonsdottir, ha rilasciato un'intervista a Goal Click, in cui, tra le altre cose, ha parlato di alcune foto scattate nel suo periodo in giallorosso.
Chi c’è nelle foto e dove sono state scattate?
“Le foto sono state scattate a Roma, raffigurano la squadra e lo staff, con cui ho giocato nella stagione 2018/2019, prima di trasferirmi all’Avaldsnes in Norvegia. Tutte le foto sono state scattate tra allenamenti, viaggi e partite”.
Cosa hai provato a mostrarci con le foto? Ci sono significati più ampi?
“Quello che volevo mostrare con le foto era l’emozione. Adoro catturare un’emozione, guardare di nuovo la foto e rivivere quel momento particolare. Inoltre, secondo me il calcio e lo sport in generale provocano molte emozioni e ho provato a catturarle. Poi, volevo che le foto fossero molto pure e mostrassero l’aspetto naturale di essere atlete professioniste alla Roma”.
Qual è la tua foto preferita?
“C’è una foto che cattura l’emozione di giocare al gioco che ami. I colori e la luce riflettono una grande sensazione che può accenderti l’anima, quando fai qualcosa che ti eccita. Inoltre, quello che mi piace particolarmente di questa foto è qualcosa che penso sia una grande metafora per lo sport, l’ombra della ragazza. Nel dettaglio, solo tu come giocatrice e la tua ombra possono determinare quanto farai bene e quanto lontano arriverai. È importante che l’ombra non sia troppo più grande”.
Ci sono storie connesse alle persone che hai fotografato?
“Ci sono un sacco di storie e ricordi delle mie compagne e dello staff. Ci sono stati molti momenti divertenti e risate, ma quando stavo per trascriverli mi sono resa conto che il nostro humour non sarebbe suonato divertente ad altri. Ci sono state tante volte in cui abbiamo riso fino alle lacrime, ma quando l’abbiamo spiegato non sembrava così divertente. Quindi ho pensato che non fosse meglio scriverne qui”.
Com’è stata la tua avventura nel calcio fino adesso?
“Ho iniziato a giocare a calcio a circa 11 o 12 anni. Principalmente perché le mie ginocchia non mi permettevano di fare molta ginnastica e volevo un altro sport con cui riempire il gap. Accettai di provare il calcio perché i miei migliori amici ci giocavano d’estate. Non mentirò dicendo che Dio mi ha dato il talento, perché ero chiaramente una ginnasta e non avevo molta grazia col pallone. Tuttavia, quel che avevo era l’impegno e la forza per correre e difendere. Quando decisi di cominciare, giocavo d’estate, visto che molti altri sport che facevo si disputavano solo d’inverno. Ricordo distintamente un momento: era dopo un allenamento estivo sotto la pioggia, quando mia madre mi stava aspettando in macchina, parcheggiata su un lato del campo. Indossavo pantaloni lunghi che non erano infilati nei calzettoni, una maglia molto stretta e non avevo i capelli legati. Corsi verso la macchina, mia madre abbassò il finestrino e mi chiese com’era andato l’allenamento. Risposi con entusiasmo che era stato fantastico, perché mi avevano passato il pallone! Questo riassume abbastanza bene dove ho cominciato, ma rivela anche l’amore che avevo per questo gioco dall’inizio, perché non mi interessava che non mi passassero il pallone, ero felice di averne avuto uno. Da lì, iniziai ad allenarmi indoor in inverno, poi ad allenarmi con le ragazze più grandi, e poi mi spostai in una squadra più grande in una città vicina. Ho sempre lavorato abbastanza. In passato gestivo insieme basket, calcio, scuola, la scuola di calcio, la famiglia e la vita personale. Tuttavia, credo che il carico di lavoro mi abbia dato forza per essere una grande lavoratrice. Detto questo, tutto ciò richiede molti sacrifici. Direi che il più grande sacrificio che abbia fatto per arrivare qui è il tempo. Ho sacrificato il tempo con gli amici, con la famiglia, per me stessa. Tutto questo tempo sacrificato non è stato per nulla, perché mi ha portato più lontano di quanto avrei potuto immaginare. In questa carriera, come nella vita, ci saranno sempre momenti positivi e negativi. Per me, i momenti migliori sono quelli in cui gioco; per quanto riguarda quelli peggiori sono quelli in cui non gioco o sono infortunata, anche se non è accaduto molto spesso. Nonostante il fatto che non giocare mi porti dolore, sono arrivata a realizzare che è anche una benedizione. Lo dico perché ci sono momenti in cui vedo cose in cui posso migliorare, mi spingo a farlo e normalmente ne esco più forte”.
Quali sono le opportunità per le calciatrici in Islanda e in Italia?
“Credo che ci siano opportunità ovunque, dipende da come ognuno le ricerca. Tuttavia, ciò che manca in Islanda è il professionismo e fondi per i club, per poter portare calciatrici che possano rendere il calcio la loro professione. Per quanto riguarda l’Italia, la piattaforma è molto grande perché ci sono club giganti con tutta la loro conoscenza, esperienza e fondi da poter destinare al calcio femminile. Detto questo, il campionato non è riconosciuto come professionistico e, secondo me, questo è un problema della federazione e non di fondi. Credo che la maggior parte delle leghe più importanti che non sono professionistiche abbiano opportunità e potenziale per diventarlo, che sia a breve o a lungo termine. Tuttavia, per farlo servono tempo, sforzi e azioni per concretizzare i piani”.
Quali sono i più grandi cambiamenti nel calcio femminile?
“C’è sicuramente molta più pubblicità. Il gioco, le giocatrici e le squadre stanno avendo più visibilità e appassionati. Tuttavia, quel che penso sia il più grande cambiamento è che le giocatrici vogliono un cambiamento. Non si tratta più di parlare, ma di agire e credo che più le donne esprimono le loro opinioni, più il futuro sarà luminoso per le generazioni a venire”.
Cosa significa per te il calcio? Hai un messaggio per la prossima generazione di giovani calciatrici?
“È stato sicuramente detto e scritto in passato, ma il calcio significa tutto per me. È qualcosa che magari non è stata parte della mia vita dall’inizio, ma ha avuto sicuramente un grande impatto sulla mia vita. Mi ha mostrato parti del mondo, le sue persone, le sue gemme e soprattutto me stessa. Mi ha insegnato su me stessa cose che non avevo idea esistessero e a spingermi oltre i miei limiti. Quindi, il mio messaggio per le prossime generazioni è di continuare a spingere. La cosa peggiore che facciamo è crearci limiti, quando non ce ne sono. Ce li creiamo da soli”
Qual è il futuro del calcio femminile in Islanda?
“Penso che il futuro del calcio femminile islandese sia luminoso. Ci sono grandi giocatrici che stanno raggiungendo grandi risultati nel mondo e altri talenti che possono contribuire. L nazionale, purtroppo, non si è qualificata al Mondiale, ma nonostante ciò credo che la squadra stia diventando più forte ogni anno che passa. Va da sé che quando la nazionale è buona, l’interesse si espande; è un investimento costante mantenerlo”.
Cosa ti aspetti che possa cambiare dopo il Mondiale?
“Mi aspetto che ci siano piani per rendere più leghe professionistiche. Inoltre, spero che gli standard nelle leghe che sono già professionali possano offrire migliori qualità e benefici. Poi, la pubblicità del settore femminile del gioco aumenterà e la trasmissione in TV della Coppa del Mondo aumenterà l’interesse tra le giovani ragazze. Per poter essere riconosciuti e per poter mettere in atto tutto questo, dobbiamo avere più pubblicità possibile, in modo tale che più persone possano vedere e conoscere questo bellissimo gioco, che merita più di quanto ha ottenuto negli anni”.