La (non) formalità che non salva la sosta
Quello della sosta è sempre un momento che congela le emozioni e che cristallizza gli umori per le due settimane che seguono l’ultima partita giocata. Vinci ed è tutto bello, perdi ed è un dramma: è così dappertutto e lo è di più a Roma, dove tutto è amplificato, e le chiacchiere anche di più.
Vincere a Cagliari, contro questo Cagliari, in situazioni normali o comunque se si coltivano legittime ambizioni di alta classifica sarebbe dovuto essere una formalità; nessuna delle due condizioni viene rispettata ormai da tempo da queste parti e dunque il successo ottenuto alla Unipol Domus assume un valore maggiore, specie perché è il terzo di fila nelle due competizioni (non succedeva da gennaio), è il primo in trasferta in campionato da quasi 6 mesi e perché arriva anche con buone notizie a livello tecnico, come il ritorno al gol di Aouar, i due assist dei quinti, la bella partita di Paredes, il sesto e il settimo gol in sette partite di Lukaku, che più che un (non) semplice centravanti sembra un facilitatore di tutto il gioco giallorosso, senza neanche doversi impegnare granché per farlo e il terzo in una settimana di Belotti, finalmente la riserva affidabile che ci si aspettava un anno fa.
Ma tutto quello che è successo e che succederà dal 40’ di questa partita in poi non sarà più influenzato principalmente da questo risultato, ma dall’ennesimo stop, stavolta traumatico, di Paulo Dybala, che rischia di gettare nella preoccupazione un ambiente che, altrimenti, avrebbe potuto finalmente vivere due settimane di pace, con la situazione in Europa League bene indirizzata e quella in campionato in lieve miglioramento. In attesa di capire l’entità del guaio dell’argentino, la sensazione è quella di essere ritornati nell’incertezza, dopo tre partite giocate per intero, due spezzoni in mezzo e l’ultima in cui il 22 non è sceso in campo per scelta dell’allenatore e non per imposizione.
Un’autoimposizione, quella che si è scelto di avere quando si è ingaggiato Dybala, che lo scorso anno ha fatto sì la differenza, ma che è stato fuori per 17 partite su 55, una perenne gestione fino adesso inevitabile e che continuerà a esserlo finché il suo nome continuerà a comparire sulla maglia numero 21 giallorossa. Nella speranza di non dover pagare più del preventivato.