Roma Femminile, Bartoli: "Spero di giocare all'Olimpico i quarti di finale di Women's Champions League"

19.12.2022 14:50 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Roma Femminile, Bartoli: "Spero di giocare all'Olimpico i quarti di finale di Women's Champions League"
© foto di Luca D'Alessandro

Il Capitano della Roma Femminile Elisa Bartoli è stata la protagonista della puntata di oggi di DAZN Talks. Ecco le sue parole.

Avete ottenuto un risultato storico con i quarti di finale di Champions League. Che cosa significa questo traguardo?
“È un traguardo raggiunto dopo tanti anni, non mi aspettavo al primo anno di arrivare ai quarti di Champions League, è un sogno e speriamo di continuarlo il più a lungo possibile”.

Che ambiente si respirava venerdì sera?
“Non è stato semplice, aspettavamo questa partita da un bel po’, tutta quella pioggia è stata  tremenda. Temevamo il rinvio, conoscendo il campo di Latina temevamo che non riuscisse ad accogliere tutta quella pioggia. Dopo una mezz’oretta abbiamo saputo che saremmo rientrate alle 20:15, stare un’ora in spogliatoio non è stato semplice, abbiamo sdrammatizzato un po’, era l’unica cosa che si poteva fare, poi siamo rientrate in campo con la voglia di fare risultato”.

Un’esperienza che insegna qualcosa.
“La prima volta, non sono mai stata nello spogliatoio un’ora e passa ad aspettare la partita con un risultato importante da fare. È stata un’esperienza unica, spero non si ripeta (ride, ndr)”.

Sei il simbolo della Roma femminile. Cosa vi sta dando coach Spugna? Come lo vedi da Capitano?
“Spugna viene dopo il periodo Bavagnoli, con lei avevo un rapporto benissimo. Ho visto il suo lavoro nell’Empoli ed ero felice delle sue idee di gioco, quando è arrivato ero curiosa di cosa ci potesse insegnare. Amo il suo modo di vedere il calcio e di fare giocare la squadra, siamo molto in sintonia. È una persona con cui si può parlare, molte volte discutiamo, molte volte siamo d’accordo, altre no, ma fa parte del gioco. È una persona sempre solare, mette sempre il sorriso e cerca sempre di sdrammatizzare, è molto importante”.

Hai qualche rito scaramantico?
“Odio la scaramanzia. In squadra ci sono, i posti a tavola, in spogliatoio. Io sto vicino a Manuela Giugliano e Annamaria Serturini”.

Avete un rapporto bellissimo, avete segnato entrambe il primo gol in Women’s Champions League, cosa le hai detto?
“Anna l’ho cresciuta, è un talento strepitoso, a volte la prendo in giro perché è molto quadrata, sta sempre lì sull’attenti, cerco di farla uscire fuori dagli schemi, a volte anche troppo rigida con se stessa. È un mese che sta facendo veramente bene, quando segna in partite così importanti è come se segnassi anche io. Tante volte con lei sono un po’ dura, più di altre persone, perché ormai il rapporto è talmente intenso che posso farle capire anche in modo duro che è forte e che può spaccare tutto”.

Chi delle più piccole un giorno potrà diventare una calciatrice da Roma? Quali sono le calciatrici che ti hanno maggiormente impressionato?
“In questa Roma vedo veramente tanti talenti, siamo cresciute insieme tantissimo. Mi hanno sorpreso Carina [Wenninger], che ha portato esperienza, professionismo e mentalità vincente, poi Lucia Di Guglielmo, è una ragazza che in poco tempo è cresciuta tanto e non pensavo che potesse crescere così tanto in così poco tempo, è una crescita importante. Mi dispiace che si sia fatta male, ma sono sicura che con la testa che ha si riprenderà il prima possibile. Una giovane che è qui da tanti anni è Giada Greggi, una crescita continua, è tornata più forte dall’infortunio. Poi c’è Anastasia [Ferrara], Manuela Giugliano che è piccola da tanti anni, poi Benedetta Glionna, devo dire che la Roma ha tante giovani importanti, che se portate su bene aiuteranno a prendere il palcoscenico per tanti anni”.

Come state vivendo questo momento?
“In questo momento la squadra è un po’ stanca, abbiamo fatto 22 partite in 4 mesi ed è un’esperienza nuova per tutte. Non ci aspettavamo di poter reagire così bene, giocare ogni tre giorni è difficile e importante, questo fa vedere la crescita mentale e fisica della squadra. Cerchiamo di curare i dettagli, di allenarci il giusto tempo e di preparare le partite in uno-due giorni, che è difficilissimo, devi capire quante energie si sono spese e chi può affrontare meglio la partita in base alle condizioni. È un qualcosa di difficile, ma per essere il primo anno siamo state brave e speriamo di continuare”.

Ti saresti mai immaginata come il Capitano della Roma?
“Non pensavo neanche di avere un futuro a livello calcistico, giocavo per passione, non conoscevo le squadre femminili, per tanti anni ho giocato con i maschi. Poi è uscita fuori la Roma femminile e sono andata senza pensarci due volte. Ora le ragazze sanno che c’è un futuro, che il calcio può essere la loro vita: quando io ho iniziato era solo passione e non sapevo che fine potessi fare. Quando vedevi le partite del maschile sognavi la Champions League, di vincere con la tua squadra del cuore. Aver vinto due trofei per me è un qualcosa di straordinario, che faccio fatica a spiegare”.

Chi era il tuo idolo?
“A quei tempi più calciatori, amavo Cafu. Quando fece il sombrero a Nedved nel derby, che ve lo dico a fare, mi sono innamorata. Lì era Roma-Lazio, ancora giocava con la Lazio, ma Cafu fece un gesto tecnico che chi se lo scorda, avevo forse 12 anni”.

C’è qualche tua collega che è stata un punto di riferimento quando hai iniziato ad affacciarti al calcio femminile?
“Ho iniziato a giocare con Gioia Masia, difensore centrale, è stata il mio idolo. Aveva una classe, un’eleganza, io non sono elegante ma lei mi ha aiutato molto, ho fatto sei anni con lei, mi ha preso sotto braccio. La persona che mi ha dato tutto, mi ha fatto crescere tantissimo”.

Chi è l’allenatore che più ti ha indirizzato?
“Quando ho iniziato ho iniziato con Giampiero Serafini, mi ha fatto capire cos’è il calcio femminile. La svolta a livello mentale me l’ha data Manuela Tesse alla Torres, lì ho capito cosa significa vincere e allenarsi in un modo tale da portarti a certi risultati. Era odio e amore, mi massacrava ma perché mi voleva bene, ero la più piccolina. I modi erano un po’ diversi (ride, ndr)”.

Sul cambio dal maschile al femminile.
“A livello fisico, coi maschi dovevo andare 200 volte più forte di loro. Quando sono passato al femminile e facevo lo stesso contrasto mi fischiavano sempre fallo. Ho preso due ammonizioni nelle prime due partite, entravo forte, perché se non entravi forte coi maschi ti facevi male, con loro mi servivano 3-4 giorni per recuperare dopo ogni partita”.

Quando la tua famiglia ti vedeva malconcia, cosa diceva?
“Mamma non era felicissima della mia scelta di giocare, aveva paura che mi potessi far male. Papà è stato sempre uno da vivi e lascia vivere, giocava mediano, è diventato molto più morbido, mi dice che gioco bene e per farmi dire una cosa del genere devo fare una partita senza errori”.

Sei molto severa con te stessa?
“Sì, più che con gli altri”.

Come sarebbe giocare allo Stadio Olimpico i quarti di finale?
“Sono entrata una volta all’Olimpico, era vuoto e mi tremavano le gambe. Penso sia un qualcosa di straordinario. Chissà, magari ci riuscirò, magari no. Giocare all’Olimpico è veramente grande, 70.000 persone sono tante, ma anche riempire una tribuna non mi dispiacerebbe. Mi piacerebbe giocare all’Olimpico. È stata un’esperienza bella anche quella di vederlo vuoto, anche se riempi 10.000 persone è un grande effetto”.

In Women’s Champions League ci sono stati stadi che hanno registrato il tutto esaurito, come a Barcellona, a Londra con l’Arsenal.
“Noi ci speriamo, fare i quarti all’Olimpico e riempirlo a metà sarebbe tanta roba. Sarebbe stupendo. Vedo all’estero che gli stadi si riempiono, spero che anche qui in Italia riusciremo a portare tutto questo. Stiamo cercando di ottenere questi risultati per far vivere il calcio femminile in Italia, per pubblicizzarlo e portare passione. Spero che aprano l’Olimpico e che le persone vengano a vederci”.

Hai vissuto i mondiali da tifosa?
“Tifavo per il Brasile e per l’Argentina, sono sincera. Sono squadre che mi sono sempre piaciute. Pensavo di vedere il Brasile in finale, per il gioco e per il loro modo positivo, con i terzini che fanno gli attaccanti. Mi aspettavo la semifinale Brasile-Argentina, ma sono felice per Messi, è finalmente riuscito a ottenere quello che cercava, è uno dei più forti che il calcio abbia mai avuto, è stato bello ieri. Tra i difensori mi ha stupito il centrale della Croazia (Gvardiol, ndr). Mi sono goduta il gioco, mi ha stupito il Marocco, è una cenerentola come noi lo siamo in Champions League”.

Che sia di buon auspicio per la Roma?
“Mi sono messa a ridere, in pullman abbiamo detto questa cosa. Noi siamo nelle prime otto e se vai a leggere chi passa, passa chi vince la Champions, chi raggiunge la finale quattro volte… ci è venuto da ridere e scherzare”.

In Champions League c’è tanta storia, se arrivi avanti hai uno stato d’animo più aggressivo verso le rivali.
“Hai più esperienza e l’esperienza in certe competizioni fa tanto la differenza, sai vedere delle cose che l’esperienza ti dà e sai gestire momenti, noi siamo alle prime armi e sappiamo gestire alcune situazioni bene e altre meno. Col Wolfsburg loro fanno 5 tiri e 4 gol, noi creiamo tanto e non riusciamo a finalizzare. In quelle partite non possiamo permettercelo”.

C’è stata una differenza ambientale?
“Mi sono morta di freddo a Wolfsburg, ero ghiaccio nel secondo tempo. A fine partita mi sono girata verso Camelia [Ceasar], tremava e aveva le labbra viola. Faccio i complimenti ai portieri. La differenza la vedi quando il clima cambia così tanto, noi ci siamo allenate con 15 gradi, siamo andate lì a 0 e la differenza si vede”.

Qual è la differenza tra le italiane della tua generazione e quelle nate dopo il 2000?
“Le ragazze di oggi sono molto più preparate grazie alle strutture, ai mezzi e ai preparatori che oggi allenano. Noi ci siamo fatte un po’ da sole, tramite esperienze, un calcio completamente diverso rispetto a quello di oggi. Le ragazze di ora arriveranno tra 15 anni che saranno molto più avanti di noi, le ragazze di oggi sono fortunate”.

C’è però l’orgoglio di aver aperto una strada?
“Sono sincera, chi è arrivato fino a qui oggi è perché ha grande carattere, forza e passione. Le sfide che abbiamo dovuto affrontare sono state tante. I pregiudizi, gli scarsi mezzi. Ti alzavi, andavi a scuola o a lavoro e poi all’allenamento. Una continua sfida con chi ti circondava e ti diceva che le ragazze non possono giocare, una lotta con i pregiudizi, le persone. Abbiamo dovuto ottenere tante cose attraverso i risultati, le vittorie e le competizioni. È un percorso più avviato e più semplice”.