Un finale già scritto
“Gli uomini non sono prigionieri dei loro destini, ma solo prigionieri delle loro menti”. La frase, attribuita all'ex presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, sembra perfetta per descrivere il momento della Roma. A San Siro un'ora di buon gioco che, nonostante non avesse portato a creare molte occasioni, aveva avuto il merito di arginare il gioco dei nerazzurri, controllando bene la partita e capitalizzando al massimo il gol di El Shaarawy. Poi, il nulla. Dopo l'ingresso di Bruno Peres per Gerson, la squadra ha percepito di doversi chiudere anche perché stava soffrendo già da qualche minuto. Un po' di stanchezza, tanta paura di vincere, tanta paura di veder sfumare un risultato che sarebbe stato importantissimo. Così tanta paura che, alla fine, il risultato è sfumato veramente.
Il tabellino racconta di 17 tiri dell'Inter contro 7 della Roma. Se parliamo di tiri nello specchio della porta, il conto è di 7 tentativi per i nerazzurri e uno solo, il gol, per i capitolini. Con l'Inter impegnata a cercare di recuperare la partita, era normale immaginare un'attività offensiva maggiore dei milanesi ma la Roma, errore di Santon a parte, non ha fatto niente. L'atteggiamento inizialmente è stato quello giusto, con la volontà di prendere l'Inter nella sua metà campo e mettendo in seria difficoltà i nerazzurri, almeno nel primo tempo. Nella ripresa, il nulla più totale con Handanovic spettatore non pagante.
Di Francesco ha preparato bene l'incontro ma non è riuscito a cambiare il corso della storia. Aveva pochi cambi, è vero, ma non ha fatto nulla per cambiare il canovaccio di una partita che, dopo i primi 15 minuti del secondo tempo, sembrava già scritta. Un finale già immaginato da qualsiasi sceneggiatore, con il solo Alisson a dare un pizzico di imprevedibilità alla trama. Imprevedibilità che, invece, avremmo dovuto vedere nella metà campo interista, dove la scarsità di fantasia ha inaridito e prosciugato qualsiasi tentativo di andare in gol.