Spaccatura totale
Con la qualificazione in tasca, ma la Roma prosegue nel suo periodo di crisi che non accenna a trovare fine. Il sintomo più pesante della malattia giallorossa è una evidente spaccatura, sia dentro che fuori dal campo.
FUORI DAL CAMPO - Il rapporto tra società, squadra e ambiente è ai minimi storici. Contro il BATE Borisov la squadra è stata fischiata già alla fine del primo tempo, non certo un bel viatico per la ripresa, e addirittura l’annuncio di quella che, dopotutto, resta una buona notizia come la qualificazione agli ottavi di finale di Champions League, è stato accolto con un boato di disapprovazione. Atteggiamenti magari eccessivi, ma simbolo di una afición che non sembra più così affezionata alla squadra, senza parlare della protesta della Curva Sud. Una volta assodato tutto questo, però, bisogna anche tenere conto del fatto che non sono i tifosi a segnare e che parlare di uno stadio ostile come concausa di un risultato negativo, pur con più che un fondo di verità a supporto, suona spesso come un alibi e innesca a sua volta un meccanismo di allontanamento. Insomma, ognuno, tifosi inclusi, si prenda le proprie responsabilità senza sconfinare nell’altrui, cosa che da queste parti avviene molto, molto raramente.
DENTRO AL CAMPO - E parlando di responsabilità, non si può, ancora una volta, non parlare dell’allenatore. La Roma sta continuando sull’abbrivio negativo preso dopo la sosta e non a caso dopo gli infortuni di Gervinho e Salah. Posto che l’indisponiiblità di due uomini così importanti sarebbe un problema per qualunque squadra, l’assenza ormai più che prolungata di un piano B è un handicap gravissimo per chi vuole competere a certi livelli. Ma anche negli elementi essenziali di gioco l’involuzione appare evidente: il pressing non è frutto di organizzazione ma di iniziative personali che portano solamente la squadra a sfaldarsi, in fase di possesso non c’è brillantezza e i giocatori finiscono per tappare subito gli spazi rendendo davvero complicata una lineare trasmissione del pallone nell’area avversaria. Sembra come se chi sta in campo riflettesse quanto accade fuori, formando anche qui una spaccatura tra il blocco difensivo e quello offensivo, forse più pericolosa di quella tra la Roma tutta e il suo ambiente. Serve lavoro, serve una svolta e serve il prima possibile: la stagione non è neanche a metà e un obiettivo è stato, pur con l’aiuto della buona sorte, centrato, ma quanto fatto fino adesso non basterà per portare a casa gli altri.