Gli stessi, dannati, discorsi
La storia si ripete. In un modo o nell'altro la storia tende sempre a ripetersi in un moto circolare e continuo. Cambiano gli interpreti, gli allenatori, i presidenti, i direttori sportivi e i giocatori ma sembra di leggere una storia già scritta, già letta, già consumata. Un canovaccio che, ogni anno, viene seguito cambiando solo qualche dettaglio: “Forse abbiamo un po' mollato mentalmente”, confessa esausto Kevin Strootman a fine gara.
Neanche più la sorpresa di un finale diverso, che peccato.
Dopo il trionfale girone di Champions, i giallorossi si sono sentiti arrivati. Questo il peccato originale, la mela colta da Adamo, l'ostacolo che i capitolini non riescono a superare. Il solito errore di adagiarsi senza averne alcun titolo, senza aver vinto o essersi avvicinati a vincere nulla. Una mentalità radicata nei muri di Trigoria, nel pavimento, nell'aria che si respira, come una macchia. L'essersi accontentati ha portato la squadra a essere meno cattiva, meno affamata, il che ha condotto alla penuria di gol segnati. Così i giallorossi hanno perso parecchi punti. Le sconfitte portano altre sconfitte e, lentamente, la Roma ha perso le sue certezze. L'eliminazione dalla Coppa Italia è stato l'ultimo atto prima di un crollo annunciato. Un crollo che Di Francesco non ha voluto vedere, o ha finto di non vedere pubblicamente, ma che era palese da almeno un mese. Le ultime partite hanno poi tolto le sicurezze che la Roma si era costruita, con il risultato di liquefarsi dopo i due gol dell'Atalanta. L'obiettivo quarto posto rimane largamente alla portata, nessun dramma.
Il problema vero è come lavare il peccato originale, come fosse un tatuaggio indelebile impresso nella pelle. Altrimenti ci ritroveremo qui a fare sempre gli stessi, dannati, discorsi.