Esperimenti in campo, calciomercato in panchina e in tribuna, la testa dei calciatori altrove: c'era una volta la Roma
C'era una volta una favola Champions chiamata Roma. C'era una volta e or non c'è più. La gara contro il Real Madrid, campione d'Europa da tre anni a questa parte, è stata vissuta con l'atteggiamento di chi non vedeva l'ora di finire il match il prima possibile. Squadra bassa, in attesa dell'avversario, sperando di contenere e subire il gol il più tardi possibile, poi chissà, magari con un contropiede il gol si può fare. Questa Roma è lontan anni luce da quella squadra capace di andare a Stamford Bridge e tornare con un 3-3 che sa di rammarico, da quella squadra che ha perso 4-1 contro il Barcellona, ma era consapevole di poter rimontare il risultato, idem ad Anfield, quando sotto 5-0, è stata capace di fare 2 reti e arrivare a 1 gol dalla finale. Il discorso però è più ampio. A Madrid è andato in scena l'ennesimo esperimento tattico di Di Francesco: Nicolò Zaniolo. Il ragazzo è un patrimonio della Roma e del calcio italiano, ma è la punta dell'iceberg. Andando più a fondo si vede come le incertezze attuali, mano a mano, stiano diventando casi, mentre le certezze tecniche (Kolarov, Fazio, Dzeko) siano giocatori irriconoscibili. Con Pastore out (dopo 10 giorni ancora non si conoscono i tempi di recupero) per infortunio, Di Francesco lascia in panchina Cristante, Marcano e manda in tribuna Kluivert (tribuna punitiva viste le dichiarazioni del tecnico alla vigilia?) e Karsdorp. A questi aggiungiamo Bianda che fa malissimo in Primavera e Coric che non viene portato neanche in panchina contro il Chievo Verona.
Fatte le scuse a nome di tutti quelli che lo hanno bollato troppo presto come "pippone" a Olsen, il calciomercato estivo, in campo, è stato rappresentato da Nzonzi. Se "Monchi lavora a fianco e non davanti a Di Francesco", il lavoro di Monchi viene provato, trovato mancante e mandato in panchina/tribuna dal tecnico. Il termine prospettiva futura che ha sostituito il termine progetto. Sostantivi usati quando si cerca di trovare un aspetto positivo a una situazione negativa. "Dobbiamo lavorare, dobbiamo ritrovare noi stessi". Queste le solite frasi ripetute dagli stessi protagonisti (quando non vengono lanciati messaggi, neanche poco impliciti, dal mister ai calciatori, altro segno di scarsa serenità) che in campo poi risultano impacciati tatticamente, imprecisi tecnicamente, svogliati caratterialmente, più propensi a lamentarsi piuttosto che vogliosi di lottare. Finito il tempo degli alibi: mercato, modulo, condizione fisica. 26 tiri subiti contro il Milan, 31 tiri contro il Real Madrid. Questione solamente di testa? Dopo 1 vittoria, 2 pareggi e 2 sconfitte, non serve più fare proclami o continuare a farsi le domande. Serve trovare soluzioni, se occorre anche drastiche, e risolvere la questione. A partire dal match contro il Bologna.