DiBenedetto: "La Roma? Non ho mai pensato ad altri club. Confido in Totti e Vucinic"
LA GAZZETTA DELLO SPORT - «Il marchio invariabile di un sogno è vederlo realizzarsi. E il mio sogno è esattamente quello di milioni di tifosi: fare della Roma uno dei primi club del mondo. Una squadra capace di vincere lo scudetto ogni anno e di essere finalmente competitiva in Champions League», queste sono le prime parole pronunciate alla stampa da parte di Thomas DiBenedetto, poco prima di imbarcarsi sul volo che lo porterà in Italia.
Mister DiBenedetto: perché proprio la Roma, come le è venuto in mente? «Non ho mai pensato ad altri club. Il mio rapporto con Roma nasce dal fatto che l’università in cui ho studiato, il Trinity College, di cui sono ancora un membro del consiglio, organizza da 25 anni un campus a Roma. È una città meravigliosa, poterla rappresentare nel mondo con un veicolo di business e passione tanto importante come il calcio per me sarà una grandissima opportunità».
Avete già in mente un organigramma preciso? Finanziario, tecnico, sportivo? «Nei prossimi giorni contiamo di chiudere la trattativa con UniCredit, credo sia prematuro parlare di nuovi organigramma. Abbiamo il massimo rispetto per le persone che lavorano ora nella Roma, parleremo con loro. Ma abbiamo anche le nostre idee e ci impegniamo a creare il miglior team possibile, in campo e fuori. Metteremo insieme persone capaci di scovare talenti e fare una squadra competitiva. È nel nostro interesse: vincere sarà l'unico modo per ottenere un ritorno dei nostri investimenti. Ripeto: l’obiettivo è fare della Roma uno dei primi club del mondo, una squadra di cui la città possa sempre andare fiera, ma ovviamente ci vorrà del tempo» .
A proposito, cosa pensa della squadra attuale? Ha già visto parecchie partite quest’anno... «Speriamo tutti che riesca a qualificarsi per la Champions. Certo, finora ha tradito le attese, la frustrazione con cui Ranieri ha abbandonato il suo incarico lo testimonia. Recentemente si è ripresa, ma le manca ancora continuità. Confido nei gol di Totti e nelle performance di Vucinic» .
Ci racconta il suo impatto con lo stadio Olimpico? Fu un Roma-Inter, giusto? «Sì, e vincemmo con un gran gol di Vucinic. Quella sera la passione dei romanisti mi travolse, non c’è nulla di paragonabile negli Stati Uniti, forse giusto nel football, qualche sfida tra college davanti a centomila persone. È un peccato, però, che tutto questo tifo a Roma non abbia la struttura adatta: l’Olimpico non gratifica affatto la passione dei romanisti, le tribune sono troppo lontane dal campo, il rumore con la distanza si perde. Anche per questo ci vorrà uno stadio nuovo, e diverso: un impianto all’inglese, che abbia effetti positivi sui calciatori. Una versione moderna di Campo Testaccio» .
Sa che il calcio italiano non sta attraversando proprio un momento di splendore? «Già. È avvilente e preoccupante che le squadre italiane abbiano perso un posto in Champions. Io credo che il problema principale sia la mancanza di stadi di proprietà, confortevoli, accoglienti, capaci di sfruttare anche altri business. Il calcio italiano è così importante per l’economia e la cultura dell’Italia da riflettere spesso l’immagine di tutto il Paese. È tempo che governo e istituzioni facciano qualcosa di concreto per consentire alle società di costruire stadi nuovi. Sarà l’unico modo per tornare vincenti in Europa, per ridiventare un polo di attrazione per i migliori calciatori» .