Totti: "Via dalla Roma per rispetto a me stesso e ai tifosi. Spalletti? Giriamo pagina"
Queste alcune dichiarazioni dell'intervista a Francesco Totti, ex capitano della Roma, su a 7, magazine del Corriere della Sera: "Sapevo che prima o poi avrei dovuto smettere. Bisogna essere realisti. A 40 anni è pure difficile arrivare e continuare a giocare al livello giusto. Però nel mio caso sono stato costretto. Una soluzione si poteva trovare, insieme. Avrei voluto smettere in un altro momento. Avrei voluto essere io a prendere la decisione.
Allora ti immaginavi che saresti stato come sei oggi?
"No, sinceramente. Pensavo di aver fatto un percorso straordinario, una carriera incredibile. Però immaginavo che quel giorno sarebbe stato l’apice, poi l’attenzione e la passione della gente sarebbe andata scemando. Di solito non dico che le persone dimentichino ciò che hanno fatto determinati giocatori, però è naturale che il tempo consumi e ingiallisca un po’ tutto. Invece con me succede il contrario, non riesco a capirne la motivazione. Forse perché adesso mi guardano con un altro occhio: prima ero il capitano della Roma, potevo essere antagonista, ero amato, ero odiato. Invece adesso mi fanno sentire come una leggenda di tutti e ovunque vada, in Italia o in Europa, mi gratificano di un amore sincero, come non avrei mai pensato succedesse. Neanche quel giorno, tra le lacrime dell’Olimpico".
Rivedi quelle immagini ogni tanto?
"Purtroppo sì, perché spesso vengono rimandate in onda su Sky o altrove. Dico sempre a me stesso che prima della lettura della lettera devo smettere, cambiare canale e invece poi non ci riesco. È più forte di me, è una cosa mia, un film della mia vita e del mio amore per il calcio, per la Roma, per Roma e non posso voltare pagina. Così finisce che lo guardo per intero e ogni volta mi commuovo".
Guardando la serie televisiva hai scoperto qualcosa di te stesso che non sapevi?
"Nel documentario ero io che raccontavo, per me era più facile identificarmi. E comunque mi sono riconosciuto. Come anche nella serie, che era più difficile perché è finzione, invenzione e io non ero più l’io reale ma un attore che doveva fare quello che facevo io. Un meccanismo che mi ha fatto capire alcune cose del mio carattere, del mio modo di fare che solo l’occhio degli altri ti può mostrare con sincerità e schiettezza".
C’è qualcosa che vorresti dire a Spalletti dopo il conflitto e dopo tutto questo tempo?
"No, per me è stata chiusa nel momento in cui lui è andato via e io ho smesso di giocare. Per me lì c’è stata la chiusura definitiva. È inutile dire che ci sarebbero altre cose da sottolineare o da fare. Non servirebbe a niente, ormai è successo. Ha sbagliato lui, ho sbagliato io, ha sbagliato la società, non so chi ha sbagliato. Ormai è successo, è passato. Mettiamolo nel dimenticatoio, giriamo pagina".
Quanto ti dispiace non essere più dentro la Roma?
"Tantissimo perché per me era non dico la seconda casa ma quasi la prima. Sono cresciuto là e morirò lì dentro. Per me era impensabile un giorno cambiare strada e andare via da Trigoria. Ma stavo con le spalle al muro, non potevo sottrarmi, dovevo prendere questa decisione. Drastica, brutta, però ho dovuto farlo per rispetto a me stesso. E ai tifosi".
Cosa ti piacerebbe fare in questa nuova Roma, quella di Friedkin?
"Sinceramente non ci ho mai pensato e non ci sto pensando. Adesso ho intrapreso questo nuovo lavoro, il management dei giovani talenti, e quando parto con una nuova avventura, cerco di portarla a termine. Ora lasciare alcune persone per strada e ritornare nella Roma mi sembrerebbe scorretto nei confronti di questi ragazzi. Poi tra due, tre, cinque, dieci anni, chissà. Nella vita mai dire mai. Quando ci sarà l’occasione di incontrarsi con loro ne parleremo con serenità, con tranquillità".
Se tu potessi domani mattina rivivere una giornata della tua vita, quale sceglieresti?
"Rivivrei la giornata successiva alla partita dello scudetto. Per quello di incredibile che è successo a Roma. Non tutta la giornata, solo la sera dopo il fischio finale e tutto quello che è venuto dopo".
Cose che ti rimproveri di aver fatto in carriera?
"Il calcio a Balotelli e lo sputo a Poulsen. Sono state le cose più brutte che potessi fare, cose non da me. Tuttora non riesco a capire come possa aver compiuto gesti simili".
Il calcio di oggi?
"Sono successe tante cose: prima l'arrivo dei social che ha fatto sbarellare e rendere più individualisti i giocatori, poi questa anomalia di un campionato col Covid e senza pubblico. Ma il problema è più di fondo, stanno sparendo i campioni. Ci sono meno campioni e più giocatori costruiti"