Poco gioco, poco ritmo e poca testa

Dal 2008 Presidente dell'Assemblea Capitolina
09.05.2013 00:00 di  Marco Pomarici   vedi letture
Poco gioco, poco ritmo e poca testa

Gioia e amarezza in queste due partite dei giallorossi che, allo scoccare del 90’, hanno prima esultato per una vittoria importante contro la Fiorentina, e poi sofferto per la sconfitta casalinga contro il Chievo. Al Franchi il tanto bistrattato Osvaldo ha spostato l’equilibrio di una partita molto diversa da quella dell’andata. Con la vittoria a Firenze si era data una speranza per consolidare la posizione in classifica e contro il Chievo non era il caso di concedersi distrazioni. Una sconfitta che ha messo nuovamente in evidenza tutti i punti deboli di una Roma molto discontinua in questo anno, protagonista di ottime prestazioni davanti a squadre attrezzate, ma anonima e forse un po' presuntuosa con le piccole. E come spesso accade quando manca la concretezza, si viene puniti e quello che si era conquistato al Franchi è stato restituito con gli interessi rimettendo, per giunta, l’Europa a rischio. Poco gioco, poco ritmo e poca testa, la Roma non ha sofferto in modo particolare ma molti problemi sono emersi nella fase di costruzione: troppi errori a centrocampo e a nulla sono serviti i diciotto calci d’angolo a favore dei giallorossi. L’Olimpico non ha giustamente gradito l’atteggiamento della squadra che avrebbe dovuto consolidare il posto europeo. Nel giorno della celebrazione dei trent’anni dallo scudetto dell’83, in cui gli eroi di quegli anni hanno sfilato sotto la Curva Sud, che li ha accolti con grande calore, si sperava in un esito decisamente migliore. Il sipario invece si è chiuso lasciando un velo di amarezza e la consapevolezza di dover stringere i denti per affrontare, prima della finale di Coppa Italia, due squadre importanti come Milan e Napoli.

Di cattivo gusto i fischi durante il minuto di raccoglimento per Giulio Andreotti. Legittima la non condivisione di determinate linee politiche, ma si sarebbe potuto apprezzare almeno come grande tifoso della Roma, quella squadra che, come lui ha sempre voluto ricordare, ha iniziato a tifare all’età di otto anni solamente perché prima ancora non esisteva.