L'elasticità di Petkovic contro l'integralismo di Zeman
Nel derby in programma domenica prossima allo Stadio Olimpico ci saranno in campo due squadre e due stili di gioco completamente differenti: da una parte l'integralismo tattico, leggermente smorzato dal corso degli eventi, di Zdenek Zeman, dall'altra l'elasticità e lo spirito di adattamento di Vladimir Petkovic, che ha permesso alla Lazio di partire piuttosto bene in questa stagione, nonostante il lieve calo delle ultime gare.
E dire che l'allenatore bosniaco era approdato nella Capitale con tutt'altri intenti. "La mia Lazio dovrà sempre cercare di dominare gli avversari": con questa frase l'ex tecnico del Sion aveva esordito nella conferenza stampa di presentazione a Formello, dando chiaramente l'idea di voler creare un collettivo volto a giocare un calcio propositivo e, volendo, anche un po' zemaniano per mentalità e modulo. Proprio con il 4-3-3 Petkovic era infatti partito nelle prime amichevoli estive, sacrificando anche diversi giocatori importanti in ruoli non loro, con Kozak ed Hernanes, non propriamente due schegge, schierati in posizione di esterni offensivi. Le sconfitte, a volte anche pesanti, rimediate nella pre-season hanno però convinto l'ex tecnico del Sion a modificare il suo credo calcistico: la prerogativa della Lazio non è più infatti l'asfissiante ricerca del dominio territoriale, ma la volontà di sfruttare al massimo le caratteristiche dei giocatori in rosa, mutando anche il loro schieramento. Un po' come succedeva nella gestione Reja, durante la quale i biancocelesti puntavano essenzialmente a evitare problemi difensivi e a capitalizzare la minima sbavatura degli avversari. Tutto il contrario di quanto avviene in casa Roma, dove Zeman schiera i giocatori con il suo 4-3-3 in qualsiasi situazione. Poco importa se Tachtsidis probabilmente non è ancora pronto per fare il titolare in Serie A o se Totti non ha più il passo per giocare sulla fascia: la ferrea mentalità del boemo impedisce variazioni a un canovaccio tattico e ad un atteggiamento di gioco che l'allenatore della Roma porta avanti da decenni, tra gioie e difficoltà, tra spettacolari vittorie e roboanti cadute, al punto che sono gli stessi giocatori, a volte, a divincolarsi dai loro dettami tattici, come lo stesso Totti, che si accentra autonomamente, o De Rossi, che diventa spesso primo portatore di palla anche se non gli è stato assegnato il compito di regista.
Chiaramente, entrambe le mentalità non portano solo vantaggi o solo svantaggi. Un tipo di gioco riconoscibile come quello di Zeman può sì diventare prevedibile - nel 1997 Eriksson disinnescò le trame del boemo, nonostante l'inferiorità numerica, semplicemente bloccando le due corsie esterne - ma può anche risultare ancor più efficace se non vengono prese adeguate contromisure. Al contrario, la camaleontica duttilità e l'adattamento all'avversario della squadra di Petkovic sono funzionali al nostro campionato estremamente tattico, ma proprio perché l'avversario è una squadra che gioca un tipo di calcio diverso rispetto a tutte le altre, i biancocelesti potrebbero subire oltremodo le folate offensive giallorosse senza riuscire a porre rimedio.
Sarà dunque una sfida tra due modi opposti di intendere il calcio e l'opportunità per i due tecnici di dimostrare che la loro mentalità è quella vincente. Uno spunto di interesse in più per un derby già naturalmente carico di motivazioni da entrambe le parti.