Tognazzi: "Da milanista, esultai all'Olimpico per un gol della Roma del mio idolo Maldera. Per lavoro ho giocato e fatto l'ultrà giallorosso"

12.05.2020 13:35 di  Luca d'Alessandro  Twitter:    vedi letture
Tognazzi: "Da milanista, esultai all'Olimpico per un gol della Roma del mio idolo Maldera. Per lavoro ho giocato e fatto l'ultrà giallorosso"
© foto di Gian Marco Tognazzi

Gian Marco Tognazzi, attore e figlio del grande Ugo, è intervenuto ai microfoni di Non è la Radio durante la trasmissione Febbre da Roma. Queste le sue dichiarazioni:

Sulla ripresa del campionato? 
"Mi auguro che si capisca al più presto se si possa tornare a giocare, anche se dopo uno stop così lungo le partite saranno notevolmente sottotono". 

In "Vacanze in America", nella partita Roma-Juventus nella "Death Valley" hai giocato tra le fila giallorosse Roma è stata una scelta del regista oppure tua? 
"In realtà ho fatto il tifoso romanista anche in Ultrà, nel 1990. Il mio tifo è sempre per il Milan, ma non posso non simpatizzare per la Roma: per la Curva Sud, perché portiamo il nome della città, perché abbiamo un colore in comune. Ciò non toglie che occasionalmente ho avuto qualche incontro ravvicinato con i tifosi romanisti all'Olimpico". 

Parlando di Milan e Roma, che ricordo hai di Liedholm, che ha vinto uno scudetto col Milan e poi con la Roma, e coi rossoneri ha vissuto anche gli anni migliori da giocatore negli anni ’50?
"In realtà ci sono tanti scambi tra giocatori della Roma e del Milan, da Maldera a Cafù. Io poi ero un grande tifoso proprio di Maldera, che mi avvicinò al ruolo di terzino sinistro come poi l'ha interpretato Maldini. Ricordo una partita a Roma in cui Maldera fece un gol da 40 metri e io esultai lo stesso perché ero suo tifoso e non mi interessava con quale maglia avesse segnato. A me piace così, il calcio è una malattia meravigliosa ma va vissuto entro un limite che troppo spesso in Italia viene dimenticato". 

Un giocatore della Roma che prenderesti subito?
"Mi viene in mente Dzeko, che sembrava dovesse venire al Milan: Galliani lo seguiva da tempi immemore, un po’ come Ibrahimovic, che però è arrivato solo dopo passaggi in altre squadre. Oggi come oggi il Milan ha ben altri problemi. Purtroppo la proprietà non capisce che la strada è sbagliata, perché hanno rinnegato sé stessi e la storica filosofia dei prodotto del proprio vivaio, interrotta dopo la cessione di Thiago Silva e Ibrahimovic e solo parzialmente ripresa poco tempo fa. Così non si potrà andare molto lontano: la società ha idee bizzarre in tema di gestione della squadra e poi, purtroppo, i tifosi se la prendono con Boban o Gattuso ma bisogna saper distinguere tra chi decide e chi esegue". 

Il tuo podio dei numeri 10 italiani?
"Direi Totti, Baggio e Rivera, anche se devo escluderne tantissimi altri, come Del Piero. E poi c’è il discorso delle bandiere, che sono fondamentali per il calcio, anche se purtroppo questa cosa sta passando in secondo piano e per me è un male assoluto. Le bandiere sono esempi da seguire per fedeltà e attaccamento a una maglia, anche se spesso non si tratta di giocatori autoctoni: penso a Giacomo Losi, che non era romano ma era romano a tutti gli effetti. Non mi piace come vedo trattate le bandiere dalle società, ma spesso anche dai nuovi tifosi, che dovrebbero conoscere e rispettare chi ha fatto la storia delle proprie squadre. Ciclicamente purtroppo succedono cose spiacevoli, come all’addio del calcio di Maldini, anche se fortunatamente non è successo con Totti, che mi ha fatto piangere al suo addio. Però Totti ha fatto bene a rimanere a Roma, nonostante la corte di Berlusconi. Chi ha l’opportunità di diventare una bandiera, come Donnarumma, dovrebbe farlo. Il Milan non dovrebbe mai venderlo, per nessuna cifra, e poi oggi non ha prezzo, per un calciatore giovane, diventare la bandiera di un club, perché è anche un investimento per il futuro. Mi è dispiaciuto molto anche per De Rossi, ad esempio, perché penso che nel suo caso sia stata una follia". 


Chiudiamo con una curiosità: un film sul calcio che ti piace?
"Il calcio è difficile da riprodurre fedelmente sullo schermo. Comunque ne cito due: Fuga per la vittoria, film straniero che ho amato tantissimo, in cui il calcio era solo una piccola parte di una storia più ampia, e poi mi permetto di citare Ultimo minuto di Pupi Avati, in cui mio padre interpretava un manager costretto a gestire malvolentieri il cambiamento di un calcio in rapida evoluzione, spesso anche negativa. Di calcio se ne vedeva poco, ma si vedeva la vita di una squadra di bassa classifica e tutto ciò che vi ruota attorno. È uno dei tanti film importanti ma troppo poco citati e passati in televisione".