Lucchesi, dg Pisa: "Lo scudetto il punto più alto del mio lavoro con la Roma"

14.06.2013 13:19 di  Marco Rossi Mercanti   vedi letture
Fonte: tuttomercatoweb.com
Lucchesi, dg Pisa: "Lo scudetto il punto più alto del mio lavoro con la Roma"
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico De Luca

L'ex dg della Roma Fabrizio Lucchesi, ora al Pisa, ha ricordato la sua esperienza nella Capitale:

Dall'Empoli alla Roma. Come andò la storia con Sensi?
"Arrivò questa stranissima chiamata di Franco Sensi, alla quale era davvero impossibile dire di no. Ovviamente Corsi non la prese bene, ma capì la situazione. Insieme a Spalletti a Empoli rivoluzionammo il club. In tre anni passammo dalla Serie C alla A, facemmo quasi 100 miliardi di lire di plusvalenza, e questo aspetto creò tanta curiosità intorno al nostro mondo".

Cosa cercava in lei Franco Sensi?
"Cercava un manager giovane, che non appartenesse ai classici schemi. Voleva ricostruire la struttura della società, ed è per questo che accettai subito".

Il primo passo da dirigente della Roma non fu dei più semplici, però.
"La prima cosa che feci alla Roma fu quella di comunicare a Zeman l'esonero. Sensi voleva affidare la squadra al tecnico più bravo di tutti, e chiamò Fabio Capello. E devo dire che con quest'ultimo nacque un bellissimo rapporto; lui si occupava della gestione nel rettangolo di gioco, io degli assetti societari. Avevamo però bisogno di altre figure che mi appoggiassero, per questo arrivarono prima Pradè, un giovane di grandi prospettive, e in seguito Baldini, che conosceva il mercato perché aveva svolto l'attività di procuratore".

Tutte le scelte furono azzeccate, visti i risultati.
"Alla fine il lavoro è stato ripagato con la vittoria dello scudetto. Fu bravo Sensi a capire che dovevamo cambiare la gestione manageriale del club. Il nostro programma triennale passò a due anni con l'arrivo di Batistuta, l'elemento sportivo determinante per i nostri successi. Avevamo giocatori fortissimi, anche se fummo sfortunati nelle competizioni europee".

Non solo Batistuta. Anche l'acquisto di Nakata fu determinante per lo Scudetto.
"L'operazione Nakata la volevamo portare a termine sia dal punto di vista sportivo che aziendale. Dobbiamo a lui il pareggio con la Juventus a Torino che ci valse lo scudetto. Ma avere un testimonial come lui del brand Roma fu importante per sfondare nel mondo asiatico. Fu un'operazione complessa, per due motivi: Gaucci lo voleva trattenere a Perugia, e c'era il limite degli extra comunitari, ma per fortuna cambiò la regola e fummo in grado di prenderlo. Costò 35 miliardi (25 più Gurenko), ma con una fava si prese due piccioni".

L'entrata in borsa della Roma rappresenta la ciliegina del suo operato nella Capitale?
"A livello sportivo lo Scudetto è stata sicuramente la soddisfazione più significativa, e la fotografia di quel successo fu vedere un milione e 200mila persone festeggiare al Circo Massimo la vittoria del titolo. In termini manageriali l'entrata in borsa a quei tempi significava sicuramente centrare un punto d'arrivo, anche se col tempo ci accorgemmo che non fu così. Ma nell'idea di Sensi di ristrutturare la società c'era anche questo aspetto; un'avventura durata 9-10 mesi, dove arrivammo a quotare la società per una valutazione di 550 miliardi di lire".

Come si è lasciato con Franco Sensi?
"Per Franco ero un figlio, e forse questo aspetto mi ha danneggiato nel mio proseguo con il club. Quando si sentì male e perse sostanzialmente la lucidità, la famiglia prese in mano le redini della società. e io fui uno dei primi a essere sacrificato. E uno dopo l'altro nell'arco di qualche mese fummo sostituiti con le persone di fiducia della famiglia. I fatti, purtroppo non gli hanno dato ragione, e per me rompere con la Roma fu davvero triste", ha dichiarato in uno stralcio di un'intervista rilasciata a tuttomercatoweb.com.