Lettera di un tifoso: lodissea della felicità
Pubblichiamo internamente una mail arrivata in redazione, che testimonia l'odissea di alcuni tifosi che hanno tentato ieri di raggiungere Milano
L’obiettivo era doppio, o forse unico ma dal duplice aspetto. La priorità, come sempre, vedere la Roma vittoriosa, specie a Milano e in una gara così complicata; l’altra cosa importante era ovviamente partecipare all’evento: vedere la partita. Se avessimo dovuto rinunciare ad una delle due cose ovviamente non avremmo avuto dubbi e per questo non siamo così dispiaciuti, anzi. Partire alle 11 della mattina, nonostante le difficoltà climatiche già preventivamente studiate, non è bastato per raggiungere San Siro. L’ingannevole tempo sereno delle nostre parti ci ha illuso fino all’arrivo in Val di Chiana. Tratto chiuso dell’A1, deviazione nel raccordo Siena-Firenze e inizio del calvario. Se solo avessimo atteso un’altra mezzora per transitare da quelle parti avremmo trovato la via aperta. Invece non era destino e giù per la superstrada ancora innevata. 30 Km di fila, macchina spenta, praticamente parcheggiati sull’Appennino toscano, con un freddo assassino e l’orologio che segnava già le cinque. La speranza di arrivare puntuali è sfumata poco dopo, giusto il tempo di scendere a piedi in mezzo alla neve, fare due passi e capire che “non c’era way”. Alle 7 passate, ormai consapevoli, cercando di non perdere almeno la visione del match, abbiamo fatto una “sana” inversione e seguiti da altri tifosi, compagni di giochi sulla neve, ci siamo diretti verso Siena, cercando un ristorante di Sky munito. Su questo siamo stati fortunati, il primo tentativo appena arrivati nel centro toscano, è andato a buon segno: caldo, carne e la Roma. Eravamo circa tre tavoli di romani e romanisti, non visti di buon occhio (come al solito) dai camerieri (del Milan) e dai proprietari (metà juventini e metà napoletani). Il momento di farsi sentire è però arrivato nel secondo tempo, al gol di Borriello, boato da stadio e volto di terrore e paura stampato sulle facce dei “rosiconi”. Un pizzico di sofferenza e al fischio finale esplosione di gioia, nemmeno ben contenuta, alla faccia di chi ci vuole male. Il più grande vantaggio è stato per il rientro: solo due ore ed eravamo già a Settebagni. Una trasferta monca, atipica ma ciò che più conta: Vincente!
Bruno