F. Lopez: "Una cosa della Roma non capisco, l'identità a prescindere". AUDIO!

01.05.2021 00:01 di  Danilo Budite  Twitter:    vedi letture
F. Lopez: "Una cosa della Roma non capisco, l'identità a prescindere". AUDIO!
Vocegiallorossa.it

L'allenatore Fabio Lopez ha parlato in diretta a TMW Radio, nel corso di Stadio Aperto, trasmissione con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, iniziando dalla sconfitta di ieri sera della Roma: "Questa identità a prescindere è un meno per la Roma di Fonseca, non la condivido assolutamente: la capacità di cambiare è una dote che l'allenatore deve esprimere al meglio possibile. A volte si deve modificare a seconda delle situazioni. Quando si vedono errori ripetuti costantemente significa che qualcosa in più si poteva fare".

Sembrano aver perso molto smalto di recente.
"Io la penso così: un gioco del genere può essere produttivo in 45 minuti di una partita. O porti il risultato in quella fase, o si vede come si verificano errori individuali, passaggi sbagliati. Un pressing così ultra-offensivo ti fa faticare di più ad arrivare dall'altra parte. Per me è questa la causa dell'effetto negativo Roma nell'ultimo mese e mezzo".

Il calcio italiano si sta dimenticando la sua anima?
"Stiamo aprendo un portone già aperto, io sono in guerra continua con me stesso, da piccolo allenatore. Ci sono cose che non concepisco: la nostra cultura ci ha portati a quattro Mondiali e svariate competizioni vinte. Certo, c'è il calcio totale olandese, che però ha portato poco nelle tasche. Invece c'è stato un girone d'andata in cui la Serie A era una Premier League. Mai vista così: ci sono idee come la costruzione dal basso e il pressing ultra-offensivo che vengono esasperati. Ma se io ti aspetto basso, per esempio, cosa costruisci? Guardiola non fa più il tiki-taka da quando ha lasciato il Barcellona: o siamo in ritardo, o stiamo cercando di riportare su questa mode. Spendo due parole sull'Inter di mister Conte, che per come intendo io lo sport sta facendo un campionato perfetto in questa ultima parte. Quanto hanno perso all'inizio, passando da un'eliminazione Champions visto che erano in rodaggio, oggi lo hanno ritrovato: riescono a vincere sia costruendo dal basso che andando di palla lunga, a seconda della situazione".

Cosmi ha detto che ieri sera non ha giocato una squadra italiana.
"Per me è la verità! Lo stesso succede quanto sento Allegri, rido perché le sue cose le vado ripetendo anche io da anni. Esasperare certi concetti tanto da arrivare a rischiare di farsi gol da soli mi pare eccessivo: penso a Ibanez ieri. Solo perché la palla non va buttata via... Pensate fosse successo dieci anni fa: un allenatore ti strozzava se quel pallone non finiva in tribuna".

Chi l'allenatore della nuova generazione che potrà affermarsi?
"Pirlo per esempio per me non è ancora giudicabile. Chi ha dimostrato, avendo i giocatori al completo, di sapere come far giocare bene il suo Napoli è mister Gattuso. Per un periodo aveva undici giocatori fuori tra le prime scelte... Ma il più forte per me è ancora Antonio Conte. Tra i più nuovi secondo me ancora invece c'è da aspettare".

Juric e De Zerbi: due filosofie opposte che possono avere entrambe successo?
"Non esiste un'unica filosofia da seguire: la cosa più importante è saper cambiare idea. Le cose che oggi Juric vede funzionare, magari in una big no. Se non succede, allora è giusto che tu vada a fare correzioni per cercare di migliorarsi. Tra questi due condivido maggiormente il modo di pensare di Juric comunque".

Lei ha fatto l'osservatore: che lavoro è?
"Con le tecnologie viene tutto più facilitato ma esistono comunque situazione come giocatori che arrivano e magari non si trovano in sintonia con l'allenatore senza capire le richieste specifiche. Ieri per esempio guardavo Smalling, e sono rimasto deluso dalla prestazione del giocatore".

La figura dell'allenatore-manager può davvero funzionare?
"Non riesco a capire se si andrebbe ad eliminare la figura del ds o quella dell'allenatore. In fondo oggi questi due ruoli lavorano a stretto contatto, c'è una collaborazione. Ferguson, per esempio, più che allenare guardava come venivano fatti gli allenamenti...".

Abbiamo un problema nel riconoscimento anagrafico dei giovani?
"Se uno è bravo, gioca, ma se non riesci mai a fare esperienza non crescerai mai. Purtroppo è una mentalità italiana, torno qua e trovo sempre le stesse cose!".