Bellinazzo: "La SuperLega è un progetto che si può realizzare ma non come un circolo chiuso. Le reazioni che si sono verificate sono state dovute ad una comunicazione sbagliata”
Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore, è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport 101.5 all’interno del programma “Crossover“. Queste le sue parole:
Che idea ha maturato nel corso degli ultimi due giorni in merito alla SuperLega?
“È stato un tentativo goffo nonostante sia nato all’interno di grandi club e con dietro JP Morgan. Per quanto l’idea avesse alle spalle esigenze industriali e finanziarie concrete il modo in cui è stato messo sul mercato, ossia come circolo di super ricchi che pensavano solo ai loro interessi, è finito per mettere in secondo piano problematiche che esistono nel mondo del calcio e che riguardano il merito sportivo e la competitività e che sono state alla base della bocciatura della SuperLega”.
La SuperLega quindi è qualcosa che va rivista e riproposta in altre modalità e quali sarebbero i benefici dei club invitati?
“L’idea posta come un circolo chiuso va rifiutata ma è giusto creare un format più appetibile nei circuiti internazionali rispetto alla Champions e all’Europa League. Un modello che veda più partite tra i club, aggredisca i mercati internazionali ed il pubblico under 20. Inoltre è un modello che può aiutare i ricavi a vantaggio degli altri che entrano a rotazione con un sistema di retribuzione più vasto perché la fetta da dividere è maggiore. La SuperLega dunque rimane sul tavolo ma non sarà realizzabile come circolo chiuso”.
Pensi sia necessaria una nuova rottura per far evolvere sistema calcio?
“Sono sempre servite rotture drastiche per arrivare ad un compromesso. L’attuale modello ha determinato un sistema antimeritocratico. Credo che la UEFA non debba dare un no preventivo a qualsiasi forma di cambiamento ma si debba accettare di poter creare un diverso format: da un lato ci sia il nucleo dei fondatori, i dodici club che abbiano delle licenze, e dall’altro un numero di club almeno pari che possano accedere a questa SuperLega sulla base del merito sportivo. A quel punto i ricavi maggiori verranno divisi dando il 40% ai fondatori e il 60% ai club che ruotano. Ogni tre o cinque anni si rivede in base al merito sportivo il sistema delle licenze e lo si concede a quelle squadre che hanno fatto meglio”.
Qual è il danno che si è creato dopo questa proposta?
“Il danno che ha fatto la proposta negata è cancellare dalla mente di chi deve decidere le esigenze e i problemi che invece restano sul tavolo e i tifosi che hanno festeggiato dovrebbero riflettere sul fatto che poche volte le loro squadre hanno potuto competere negli ultimi dieci anni e sarà ancora più difficile nei prossimi venti se le cose resteranno così”.
Il fallimento maggiore della SuperLega è stato comunicativo?
“Le reazioni sono state forti perché il messaggio che è passato è che si trattasse di un circuito chiuso senza meriti sportivi e finalizzato a risolvere problemi finanziari. I tifosi non hanno capito tutte le implicazioni che ci sono dietro. È stato un capolavoro all’incontrario di comunicazione, se non si fa capire agli altri ciò che si vuole comunicare il problema è di chi produce il messaggio e non di chi lo riceve”.