Acitelli: "L'uscita di scena di Totti fa pensare a noi stessi, ci fa fare i conti con l'esistenza"

12.11.2017 11:01 di  Danilo Magnani  Twitter:    vedi letture
Fonte: TMW Radio
Acitelli: "L'uscita di scena di Totti fa pensare a noi stessi, ci fa fare i conti con l'esistenza"
© foto di Insidefoto/Image Sport

All'interno della rubrica Passaggi in onda su TMW Radio e dedicata questa settimana a Francesco Totti, ha parlato lo scrittore Fernando Acitelli, autore del libro Il mondo senza Totti: “Ci eravamo illusi che il tempo riguardasse soltanto noi umani, invece ci siamo accorti che il divenire coglie anche le figure mitizzate, spesso da noi definite come eroi”.

Quel giorno (28 maggio) non si celebrava solo l'addio al calcio di Totti...
“Totti uscito di scena fa pensare a noi stessi. Si passa dalle partite in campo viste in 24 anni al realizzare che noi abbiamo 24 anni in più, quindi dobbiamo fare i conti con l'esistenza. Il calcio è quasi una sospensione dalla vita che ci conforta nei momenti di difficoltà, Francesco Totti era lo stesso perché ci dava 90' di sereno. Questo sereno adesso dovrà darcelo la Roma, fino a quando non nascerà un nuovo Totti. Ora però non riusciamo neanche a immaginarlo”.

Nel tuo libro parli del limes della ragione bilanciato dal vallo della bellezza...
“Noi abbiamo il privilegio di inventarsi una vita parallela a quella quotidiana. In questa vita abbiamo l'elemento della possibilità dove far accadere quello che non può accadere. È il senso di questo romanzo. Chi avrebbe mai immaginato che per un fuoriclasse che esce di scena sarebbe stata organizzata una partita che dura 30 partite? Per nessuno è stato celebrato un addio al calcio del genere. Soltanto nella letteratura avvengono queste cose ed il punto di contatto fra la letteratura e la vita lo creo il poeta, lo scrittore”.

Nel tuo libro la memoria gioca un ruolo fondamentale...
“Devo ringraziare Totti perché non solo mi ha accompagnato per 24 anni e ha difeso Roma, ma per questa sua funzione di reagente. Grazie a lui, giocando con la fantasia, io ho potuto convocare tutti i giocatori che hanno giocato per la Roma. Questo è un risarcimento per loro e soprattutto per quelli che hanno avuto una brevissima apparizione. Penso al primo giocatore, Enrico Cappa, che segnò un gol con la maglia giallorossa. Era il 16 luglio 1927, un'amichevole, la Roma batté gli ungheresi del Luipest e segnò Cappa, da allora non si è saputo più nulla. Ecco a cosa è servito anche Francesco Totti, a riportare sulla grande scena giallorossa tutti quei personaggi che vivono negli annali come comparse. Ho cercato di ridare spessore anche a Giuseppe Rapetti, primo portiere della Roma quasi dimenticato ormai. Lui si uccise buttandosi sotto un treno il 21 settembre 1959. Su Il Messaggero questa notizia venne trattata male, il titolo recitava «Impiegato si uccide sotto un treno», senza la delicatezza di ricordare il suo passato in giallorosso e storpiandogli anche il nome, infatti scrissero Luigi Rebecchi. Questo è inaccettabile. Ai funerali non c'era molto gente, per un poeta è veramente una ferita”.

Nel tuo libro citi Ranieri, Scopigno, Mazzone, come di romani incisi nel marmo...
“I romani dovrebbero conoscere la storia di questa città. Quando metaforizzo Mazzone come un generale è perché ricorda il Generale di Tivoli immortalato con una statua meravigliosa, il riferimento viene da solo. Se guardi il volto di Ranieri capisci che è un senatore romano. Scopigno nasce a Rieti, da dove veniva anche Vespasiano”.