Qualcuno deve pagare
Strutture fatiscenti, società che non hanno uno stadio, vendita dei biglietti iniziata e poi stoppata, gara rinviata dal Prefetto 12 ore prima del suo inizio. Sembra la descrizione di un Paese del Terzo mondo e invece tutto ciò accade in Italia, Paese in cui le carnevalate sono all'ordine del giorno e la serietà prossima allo zero. Così, nella notte, Il Prefetto ha deciso di rinviare la partita tra Cagliari e Roma, con i giallorossi che erano già giunti in Sardegna e che stamattina sono stati costretti a tornare frettolosamente nella Capitale. Questo perché ieri sera il presidente dei sardi, Massimo Cellino, ha esplicitamente invitato i propri tifosi ad andare allo stadio, nonostante la Prefettura avesse decretato la chiusura dell'impianto di Quartu Sant'Elena. Una provocazione evidente che non è piaciuta per niente al Prefetto che questa notte ha rinviato la gara a causa "dell’urgente e grave necessità di prevenire ogni forma di turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica conseguente alle reazioni emotive, irrazionali e inconsulte ingenerate dall’invito formulato dal presidente della Cagliari Calcio". Una situazione paradossale, al termine di una settimana ancor più paradossale, con i biglietti per la gara inizialmente messi in vendita, con il Cagliari costretto poi a ritirarli in attesa della decisione delle Istituzioni: "Si gioca con i tifosi".
"Forse no, si potrebbe giocare a Trieste". "Anzi no, va bene Quartu Sant'Elena ma senza tifosi", fino ad arrivare al rinvio di questa notte.
Questa però è solo la punta dell'iceberg di una situazione che si trascina da mesi, contribuendo a far perdere al calcio italiano quel briciolo di credibilità che ancora ha nel mondo. Non è una questione campanilistica ma se questo Paese vuole mantenere un minimo di dignità si dovrà decretare lo 0-3 a tavolino. Il regolamento lo prevede e non si può permettere che un presidente, mediante una nota sul sito della società, possa provocare il rinvio di una partita di calcio. Non è ammissibile, in alcun Paese del mondo, nemmeno nel nostro.