Cori a Juan: dai giocatori reazione debole. La reazione del brasiliano è la migliore dimostrazione di superiorità

Dal 2008 Presidente dell'Assemblea Capitolina
08.03.2012 00:00 di  Marco Pomarici   vedi letture
Alessandro Carducci
Alessandro Carducci
© foto di Voce giallorossa

Non pensavamo certo che sarebbe bastata una maglietta per sconfiggere il razzismo negli stadi, ma non è certo una buona ragione per abbassare la guardia nei confronti di un fenomeno che i vergognosi cori nei confronti di Juan hanno confermato essere una tristissima abitudine. Ho deciso di pubblicare la foto del difensore giallorosso sul profilo Twitter dell’Assemblea Capitolina con la scritta “Siamo tutti Juan” per provare a dare un altro segnale e per testimoniare al giocatore brasiliano, che si è sempre distinto per correttezza e signorilità, tutta la nostra vicinanza.

Quello che è accaduto domenica è l’ennesima brutta pagina scritta nella storia del calcio. Pagine che confermano come gli uomini, quando si sentono parte del branco, perdano totalmente il senso civiltà. Lo spirito di emulazione porta alla mancanza di coscienza individuale.  Non è solo l’insulto che va condannato ma anche la reazione (debole) che i giocatori hanno dimostrato. Il richiamo dell’arbitro volto a sollecitare un intervento da parte del capitano della Lazio dimostra quanto, questa vergogna, stia diventando abitudine. Sarebbe ipocrita però scagliarsi solo contro la tifoseria laziale. Anzi paradossalmente sarebbe più semplice. Se certi gesti di inciviltà appartenessero solamente ad un gruppo il problema potrebbe essere risolto. Quello che spaventa è che questo malcostume appartiene a tutti. A coloro, tanti, che lo fanno e a coloro che non fanno nulla per combatterlo. Anche le multe possono realmente risolvere qualcosa?

Unica nota positiva, in una giornata tutta da dimenticare, la reazione di Juan. Un uomo solo che si gira verso una curva e che a testa alta decide di non farsi intimidire è la migliore dimostrazione di superiorità. Guardandoli negli occhi ha sfidato l’ignoranza, vincendo il suo derby personale.