Nel recinto del 4-3-3

11.01.2018 14:45 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio
Nel recinto del 4-3-3
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

“Il 4-3-3? È lo stesso modulo che ci ha dato soddisfazioni, adesso denigrarlo lo lascio fare alla gente o a voi”: almeno a parole, Eusebio Di Francesco non ha intenzione di rinunciare al suo modulo di riferimento, nonostante le brutte prestazioni dell’ultimo periodo. Chi si auspicava un cambio drastico per dare una sterzata alla stagione rimarrà deluso; certo è che qualcosa andrà modificata, a questo punto, nel recinto di un sistema di gioco che ha portato comunque risultati fino al derby e che non può essere, di per se stesso, la causa del calo di rendimento. Se meccanismi collettivi, come una linea difensiva alta e il pressing, possono essere allenati (e qui è necessaria totale coesione tra tecnico e giocatori), ci sono alcuni pezzi del puzzle che, arrivati a oltre metà della stagione, ancora non combaciano, specialmente nella fase offensiva. Il problema più evidente, e più volte dibattuto, è ovviamente quello dell’esterno destro, con Patrik Schick - al di là di una condizione psicofisica non apparsa sufficiente - decisamente poco a suo agio e le alternative che non possono soddisfare le esigenze del modello di gioco del tecnico: chiedere a tre giocatori di piede destro (El Shaarawy, Perotti e ci si può aggiungere Alessandro Florenzi, mettendo un attimo da parte per motivi diversi Grégoire Defrel e Cengiz Ünder) movimenti da mancino non sembra dare frutti, ma ci sono squadre, come il Napoli, che giocano il 4-3-3 anche con uno dei due esterni a piede corrispondente. Ci sono i margini per poter migliorare sotto questo aspetto, al di là del tridente con il Faraone e il Monito che sembra poco più di una soluzione estemporanea.

Altra zona problematica è quella delle mezzali, con il solo Lorenzo Pellegrini - non a caso - ben inserito nei meccanismi e capace di muoversi con i tempi giusti alle spalle del reparto avversario: l’energia di Radja Nainggolan viene a volte dispersa con movimenti disordinati, mentre Kevin Strootman non sembra proprio avere nelle sue corde quel tipo di lavoro. Difficile anche la situazione in regia: al Sassuolo Di Francesco utilizzava come perno Francesco Magnanelli, non certo un regista classico, ma meno spesso si trovava davanti squadre pronte a far blocco davanti alla propria area di rigore. Alla Roma invece questo spesso accade ed è necessaria una maggiore velocità e verticalità rispetto a quanto possano garantire De Rossi e Gonalons. Di possibilità ce ne sono tante, più o meno distanti dalle idee generali di calcio di Di Francesco, che non saranno (giustamente) depennate ma che andranno giocoforza rimodulate in relazione a ciò di cui il tecnico più disporre a livello di uomini.