Insinna: "I rimpianti sono giganteschi"
Il conduttore televisivo Flavio Insinna, tifoso romanista, ha rilasciato un'intervista a carlozampa.it.
Roma terza in classifica. Giusta la posizione o ci sono dei rimpianti?
«I rimpianti sono giganteschi, a maggior ragione dopo la vittoria contro il Napoli. La Roma doveva fare meglio per se stessa, per la società e soprattutto per questo straordinario popolo giallorosso, che merita di più. Negli ultimi anni siamo sempre arrivati alla fine con un enorme distacco dalla Juventus. Lo dico da tifoso abbonato da tantissimi anni che ha visto sfiorare scudetti con lo stesso Spalletti, Ranieri e nelle due stagioni con Rudi Garcia. Dopo la partita d’andata con la Juventus pensavo fosse l’anno giusto e invece questa squadra riesce sempre a lasciarti con l’amaro in bocca.
Cosa ne pensi della protesta della Curva Sud e cosa si potrebbe fare per riportare i tifosi allo stadio?
Io sono stato abbonato per tantissimi anni in Curva Sud e mi ricordo uno speciale bellissimo, mi sembra del Tg1 o del Tg2, dove il Commando Ultrà Curva Sud definendosi disse "la curva sud è il cuore della Roma". Come nelle poesie degli innamorati è una manifestazione d’amore pazzesca e infinita. Io non ho soluzioni. Sono figlio dello striscione del "Ti Amo", che sono le 5 lettere più difficili da dire al mondo. Spero che la Curva Sudt orni tutta bella e piena a cantare "Forza Roma". Io amo, ho amato e sempre amerò la curva e vorrei tornasse quella che era un tempo. Voglio rivedere i cori e la felicità per una Roma che si faccia amare. Sarebbe ora che i tifosi oltre a dare, ricevano anche qualcosa».
Secondo te cosa manca alla Roma per fare quel salto di qualità che le può consentire di vincere?
«Forse alla Roma calcio manca ciò che manca alla Roma città. Probabilmente questa meraviglia, questa infinita bellezza forse inconsciamente porta a pensare ”e che dobbiamo essere anche bravi, tignosi e pignoli?”. Sì, perché altrimenti sarà una città sempre più decadente con un maggior numero di difetti problemi e mascherati in parte da questa infinita bellezza. Così anche la Roma, la continui ad amare, ha i colori e la tifoseria più bella del mondo. Però manca, secondo me, una cosa difficilissima ma che è un segreto per tutti quelli che vogliono vincere nella vita e migliorarsi. Manca la voglia di rendere straordinario l’ordinario. Mi spiego: i giorni sembrano uguali e normali e invece sono tutti quei giorni la che vanno resi straordinari allenandosi, provando e riprovando (una scena, una battuta, o una sequenza per quanto riguarda il mio lavoro); per una squadra è provare e riprovare movimenti, dei fatti tecnici, dei calci d’angolo, tutto quello che volete. Tutti i miei insegnanti di teatro mi hanno parlato di una sana maniacalità nel lavoro per arrivare a dei risultati. Detto invece alla romana, senza troppi giri di parole, manca la “tigna” che non è la malattia dei gatti. È restare attaccato ai propri sogni. Realizzare i sogni costa fatica, è la cosa più faticosa del mondo, rimboccarsi le maniche perché sognare possiamo sognare tutti, a voler realizzare quei sogni si resta in pochi. Come diceva Ennio Flaiano “le idee vanno coccolate, difese e protette per poi poterle viverle nel pieno della loro realizzazione”. Sarò banale ma a questa squadra manca una voglia feroce che io ritrovo, ad esempio, e lo dico con l’amarissimo in bocca, nella Juventus. Contro la Fiorentina ha preso il gol del pareggio e dopo due minuti torna di nuovo in vantaggio. Auguro a questo squadra con tutto il cuore di avere una voglia maniacale, disperata, feroce di farci felice, di essere felici loro vincendo e di far felici noi perché vinceremo insieme a loro. Dovrebbe essere la cosa più naturale per la Roma avere fame visto che abbiamo una bacheca piuttosto scarna e non si capisce perché; ma forse è tutto troppo bello, e questa città e questa squadra la vuoi pure vincente dato che è già così bella? Il popolo giallorosso vuole vincere, aspettiamo da troppo troppo tempo».
Come giudichi la gestione americana della Roma dopo questi cinque anni, c’è qualcosa da migliorare secondo te?
«Non mi piace criticare, poi non mi piace proprio criticare la mia Roma in qualunque aspetto la riguardo. Sono cresciuto seguendola sempre, macinando chilometri e superando gli ostacoli. Spero che questa società voglia essere sempre più vicina alla squadra. Faccio sempre dei piccoli paragoni, forse sciocchi, con il mio lavoro, avere qualche volta il produttore, il superdirettore che ogni tanto ti vengono a trovare ti fa piacere, remano con te, anche se devono muovere qualche critica, i problemi ci sono sempre. Spero che questa società ci voglia bene sempre di più, voglia bene sempre di più alla squadra. Vorrei soprattutto un impianto societario che voglia disperatamente il bene della Roma, i trionfi della Roma. Come un amore folle, non è un caso ma forse siamo la sola squadra al mondo che ha un’anagramma “Amor”, un caso più unico che raro. Credo che questa squadra meriti ancora più attenzione da questa società e questa attenzione si riflette poi su noi pubblico che amiamo questa squadra. Quando vince è tutto più bello, anche il lunedì mattina all’alba al lavoro; quando perde è brutto tutto, io spengo tutto, radio, giornali, tappi alle orecchie e il calcio non esiste più. In bocca al lupo, anzi viva il lupo, vinca il lupo, a questa società che spero voglia rimanere per tanto tempo per vincere, per farci vincere, per farci felici, e per vedere questa società trionfare. Il massimo sarebbe che accadesse in uno stadio tutto nostro e noi saremo già pronti ad acquistare i biglietti se dovesse succedere».
Qual’è il tuo ricordo più bello legato alla Roma?
«Il mio ricordo più bello è anche un ricordo un po’ doloroso e strano. Vado a vedere un derby da bambino, lo perdiamo 1-0, credo gol di Giordano, ma poi con 1000 tiri della Roma, tanto è vero che ancora adesso mi ricordo che sui giornali, vado a vedere il portiere della Lazio, Pulici, aveva preso 10. La Roma fece 1000 tiri ma perse. Il giorno dopo torno a scuola, all’improvviso piccolo tema in classe "descrivete la vostra domenica" e io quasi non accorgendomi, più che la partita, presi 10 tra l’altro, senza accorgermene racconto della bellezza di questa curva, descrivo le due curve, ma soprattutto mi soffermo sul colore del sole, arancione e rosso fuoco, il rosso della passione, e di questa curva che non smette di cantare e sostenere la propria squadra anche nella sconfitta. Un amore che sta sbocciando, avrò avuto 6 o 7 anni, e racconto appunto di questa domenica e di questa mia passione, che, ripeto quasi a mia insaputa sgorga e metto su carta, e divento anche io un tifoso della Roma. Il fatto che ci sei diventato nel giorno di una sconfitta la dice lunga sul nostro dna e su come siamo destinati noi, ma insomma i destini si possono anche cambiare con la buona volontà. Penso che sia il ricordo più bello soprattutto per un fatto, da bambino con in classe molti bambini della Lazio, derby perso, sarebbe stato facile accodarsi al carro de vincitori e invece mi innamoro di questi colori pazzeschi, il rosso porpora, il rosso sangue, l’arancione, il rosso dei tramonti di Roma descritti in tantissime poesie… e divento tifoso della Roma».