Giovanni Baglioni: "Deludente la gestione Luis Enrique"
Giovanni Baglioni, figlio del cantante romano Claudio, è intervenuto per parlare della sua fede giallorossa. Ecco le sue dichiarazioni:
Da dove nasce questa tua passione per la Roma? Hai dei ricordi particolari, da bambino, legati alla squadra giallorossa?
«Nasce dai miei genitori, un pizzico di più da mio padre. Non credo che fosse un tifoso sfegatato, forse si è incattivito, bonariamente intendendo, più nel tempo. Ricordo che da bambino mi portò ad una partita casalinga della Roma. Mi pare fosse stato un 1-1 tutt’altro che esaltante. Le immagini che ricordo sono quasi più delle gradinate e dell’ellisse di cielo attraverso la copertura dell’Olimpico, piuttosto che del gioco sul prato verde».
Che tipo di tifoso sei? Passionale, irascibile, antisportivo, intrattabile quando si perde? Oppure?
«Nell’adolescenza sono stato più focoso e frequentatore degli stadi, sempre rimanendo però tremendamente rabbuiato dagli episodi di violenza e di irrazionalità ai quali capita di assistere. Quando il famigerato derby di quasi dieci anni fa venne sospeso grazie alla follia collettiva dei tifosi (accecati dal lato più oscuro del tifo), quando fummo tutti costretti a quella triste transumanza respirando lacrimogeni, quando per la prima volta nella sua vita portavo la mia ragazza di allora ad assistere ad una partita di calcio dal vivo, con l’orgoglio (della condivisione di quella passione) che poi divenne vergogna, allora ho deciso di non mettere più piede in uno stadio. Salvo poi riavvicinarmi molto gradualmente nel tempo. Ora di fronte alla partita mi avveleno discretamente, diciamo anche molto. Ma sono sempre io, divertendomi, a cavalcare la mia passione e non mi faccio mai dominare da essa», ha detto a carlozampa.it.
Da che mondo e mondo la scaramanzia ha sempre fatto parte del tifo. Tu hai qualche rito scaramantico da seguire quando gioca la Roma?
«Una volta indossavo sempre dei calzini giallorossi. Purtroppo questo rito lo seguivo in un periodo piuttosto sfortunato e allora per scaramanzia inversa lo evito rigorosamente».
Sei un eccezionale chitarrista, ti è mai capitato che la Roma influenzasse i tuoi brani durante la composizione e/o esecuzione degli stessi?
«Ancora no, ma ricordo di aver completato un mio brano a Valencia mentre ascoltavo la radiocronaca di una nostra vittoria in Supercoppa sull’Inter».
In un’intervista rilasciata lo scorso anno hai dato la tua piena fiducia a Luis Enrique. Chiaramente parlare dopo è facile ma ora come ora confermi la tua scelta sul tecnico asturiano?
«Avendogli dato fiducia, parlare dopo per me, ora, è difficile. Più che altro mi infastidiva questo modo di tanti, me compreso, approcciarsi al calcio che da un giorno all’altro fa passare i suoi interpreti da campioni a brocchi, da geni ad incompetenti. Desideravo solo che ci fosse il tempo per valutare il suo operato. Purtroppo ce ne è stato a sufficienza per valutare il suo operato come piuttosto deludente».
Concludiamo con Zeman. Siamo reduci da prestazioni altalenanti, rimonte subite, tanti gol fatti e tanti subiti. Pensi che ci sia ancora da tribolare prima di vivere una stagione senza abuso di cardioaspirina?
«C’è sempre da tribolare. Ma la felicità dei nostri quando si abbracciano dopo un gol mi fa quasi commuovere. Sentirmi accomunato a loro nella voglia e nella determinazione è ciò che più mi da gioia. Ne vale la pena. Almeno per ora».
Ti hanno mai scambiato per Balzaretti?
«Ti basti sapere che spesso dico "ma che cavolo di cross ho fatto? Perché non l’ho messa sul secondo palo?"».