Bruno Conti: "Juventus-Roma importante ma non decisiva. Il pregio di Di Francesco? La tranquillità. Addio di Totti un po' forzato"
Bruno Conti è stato ospite a Roma Radio. Ecco le sue dichiarazioni:
“La Roma è tutta la mia vita, nel '74 ho esordito in Serie A con Liedholm. Mio padre era un grande tifoso della Roma, con mamma hanno cresciuto 7 figli e io ho dato loro la soddisfazione di giocare con i giallorossi. Io giocavo a calcio e a baseball da piccolo, ma la passione della Roma non si spegne. A me sarebbe piaciuto allenare, l'ho fatto con gli Esordienti, poi sono stato chiamato quando c'era la gestione Sensi-Mezzaroma per occuparmi dei giovani, abbiamo risollevato il settore giovanile e nella famosa stagione 2004/2005 fui chiamato da Rosella Sensi per la Prima Squadra e accettai di trascinare la Roma fino alla fine di quell'anno incredibile in senso negativo. Dopo quella parentesi, sono tornato al settore giovanili. Di Bartolomei? Agostino era il nostro leader, non potevo mai dimenticare il giorno che l'ho conosciuto. Lo conobbi in una partita amichevole da piccolo, l'anno dopo la Roma mi prese con la Primavera. Era il nostro capitano, che ci metteva la faccia nei momenti di difficoltà, aiutava i giovani. Agostino ha fatto tante cose per il calcio, aveva questo carisma di essere a contatto con i presidente, non ci ha mai girato le spalle. Prima che succedesse quello che è accaduto, con Agostino avevamo organizzato un evento, quello che dà fastidio è che lui non ha mai parlato. Nel calcio di oggi, un Di Bartolomei sarebbe servito. Il nuovo Bruno Conti? Non ci sono più vere e proprie ale, ai miei tempi c'erano Causio, Donadoni, questi campioni qui. È cambiato il calcio in generale, oggi si predilige il rientro anche in fase di non possesso, anche io aiutavo la squadra però. Il mio erede? Quando venne Iturbe e scelse il 7, il mio numero, veniva quasi paragonato a me, poi è accaduto quel che è accaduto. Io penso che Florenzi sia tanta roba, grande tecnica, sa crossare alla grande, secondo me Florenzi può essere il mio erede, è il numero 7 della Roma. Comunque sta bene pure sulle spalle di Lorenzo Pellegrini, l'ho seguito alle giovanili, è un bravo ragazzo. Roma-Torino? Io ho esordito in Serie A proprio contro il Torino. Di Francesco ha una grande cultura del lavoro, ha saputo organizzare un gruppo importante anche nei rapporti. Si parla di questa partita con il Cagliari, a volte capitano queste partite un po' bloccate, noi sappiamo tutti che il mister sta pensando al Torino e poi alla Juventus, è importante la sfida con i granata. La Juventus sta iniziando a giocare alla sua maniera, sta trovando un gruppo che comincia a dare quell'importanza che da sempre ha la Juventus, è una partita giusta in questo momento, non deciderà lo scudetto ma sarà importante. Cosa serve per vincere? Serve lavorare settimanalmente, seguire il tecnico. Di Francesco conosce l'ambiente di Roma, un giorno ci esaltiamo l'altro no, lui sta tenendo serena la piazza, far capire ai calciatori che il gruppo è importante, i giocatori lo stanno seguendo. La cosa importante è la sua tranquillità, è un uomo che è stato sempre saggio, lo vediamo anche adesso con il Cagliari dove ha analizzato serenamente la partita. Il mio accostamento al Napoli? Maradona me lo diceva sempre quando ci scontravamo in campo, mio figlio Daniele era innamorato di Maradona, il presidente Viola gli fece una battuta a tal proposito e rispose a Napoli con Maradona. Il presidente, il giorno dopo, mi fece firmare il contratto. Il Mondiale? Eravamo partiti con grande scetticismo, poi abbiamo battuto praticamente tutto il mondo. C'erano Antognoni, Graziani, Bergomi, Oriali, un grande team. L'addio di Totti? Francesco ha avuto tutto dalla Roma, dalla Nazionale. Ho vissuto sulla mia pelle quello che è accaduto a Francesco, il tecnico (Spalletti, ndr) non si è comportato bene, l'addio è stato un po' forzato. Ditemi chi è che non ha pianto quel giorno. L'ho visto crescere, lo amo. Il rigore sbagliato di Perotti? Io l'ho sbagliato alla finale della Coppa dei Campioni...".