Solo intensità, niente qualità: Atalanta-Roma era un racconto già scritto
Alla vigilia, lo scenario di Atalanta-Roma era abbastanza delineato: una squadra perennemente frizzante ed entusiasta contro un gruppo sgasato da due KO consecutivi e dilaniato dalle solite mille polemiche interne, oltre che usurato dagli infortuni, nella partita forse decisiva della stagione. Uno scenario che poteva portare a un solo risultato a meno di qualche cambiamento radicale nell’una o nell’altra parte: l’Atalanta, che corre e continua a correre finché il duplice fischio prima e il triplice fischio poi non la fermano, non ne aveva motivo, la Roma forse qualche ragione in più ne aveva e Fonseca ha provato a farlo. Dentro praticamente tutti gli uomini di qualità a disposizione, anche quelli tenuti in naftalina da un po’ o schierati in altro ruolo: Fazio per iniziare il palleggio, Bruno Peres per spingere insieme a Spinazzola, Pellegrini in mediana per ipotizzare un’uscita dal pressing migliore della palla a Perotti e Kluivert a dar manforte a Džeko, con Mkhitaryan a migliorare il palleggio alle loro spalle. Come a dire: saremo meno intensi di loro, ma sapremo cosa fare col pallone meglio di loro e magari il loro motore girerà a vuoto.
Il tutto in teoria, che teoria era e teoria è rimasta, perché purtroppo per la Roma in campo si è vista solo l’intensità nerazzurra e non il palleggio giallorosso, anche al di là della naturale difficoltà a contrastare i ritmi della squadra di Gasperini che ha di fatto terminato la partita prima ancora dell’ottantesimo minuto di gioco, nonostante la distanza minima del punteggio, vista l’impossibilità di tenere il pallone tra i piedi contro una squadra che sembrava appena uscita dagli spogliatoi (basti pensare a Gosens che si mangia il neoentrato Carles Perez su uno degli ultimi palloni della gara). Il tabellino recita un solo tiro nello specchio della porta di Gollini, che poi arriva da un’iniziativa personale di Džeko, non certo da un’azione manovrata: difficile vincere in questo modo qualsiasi partita, figuriamoci un confronto contro una squadra da 61 gol (ora 63) in campionato, record in 90 e oltre anni di Serie A a questo punto della stagione. Difficile anche, sic stantibus rebus, solo pensare di andare in Champions League passando dalla via più standard, quella del campionato: i punti da recuperare alla Dea ora sono 7 e c’è un numero appena doppio di partite per farlo. Giovedì riprenderà il percorso su una via forse ancora più impervia, quell’Europa League dove si parte tutti da 0 ma, giocoforza, non tutti alla pari, e dove ogni singolo errore rischia di mettere fine alla corsa, un po’ come è successo quest’oggi con la palla persa da Pellegrini che ha di fatto chiuso i giochi. Mala tempora currunt.