Vittorie e plusvalenze: è Monchi l'uomo del destino giallorosso?

29.03.2017 19:07 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio
Vittorie e plusvalenze: è Monchi l'uomo del destino giallorosso?
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La Roma è alla ricerca di un nuovo direttore sportivo e sembra averlo trovato in Ramón Rodríguez Verdejo Monchi, attualmente in forza al Siviglia ma pronto a liberarsi al termine della stagione. I nomi della squadra andalusa e del suo dirigente più rappresentativo sono saliti alla ribalta senz’altro grazie alle tre edizioni di Europa League vinte consecutivamente dopo le due tra il 2006 e il 2007, ma Monchi lavora al Sánchez-Pizjuán dal 2000 - dopo esserne stato portiere nel decennio precedente - e in questi oltre 16 anni di militanza nel board ha contribuito in modo determinante alla crescita sia sportiva che finanziaria della sua società. Obiettivi che anche la Roma vuole perseguire e che negli ultimi anni ha cercato di avvicinare sotto la guida di Walter Sabatini, da cui Monchi erediterrebbe una situazione non troppo diversa da quella vissuta in Andalusia.

MACCHINA DA PLUSVALENZE - Scorrendo il lunghissimo elenco di operazioni portate a termine da Monchi, non si può non partire dall’aspetto economico, fondamentale per una società come la Roma, che con il trading dei calciatori cerca di compensare le differenze di fatturato che ha con chi sta più in alto. Si parla di oltre 200 milioni generati tramite cessioni di calciatori, quattro delle quali hanno toccato o superato la soglia dei 30: Daniel Alves ceduto al Barcellona per 35 milioni nel 2008, Gregorz Krychowiak acquistato dal Paris Saint-Germain per 33, Kevin Gameiro trasferitosi all’Atlético Madrid per 32 e Carlos Bacca, per cui il Milan ha deciso di pagare una clausola di risoluzione da 30. Anche i vari prodotti delle giovanili sono stati utilizzati, quando necessario, per generare forti somme di denaro: il primo della lista è stato José Antonio Reyes, prelevato nel 2003 dall’Arsenal per 20 milioni, seguito da Sergio Ramos, campione di tutto e uomo del momento grazie ai suoi gol nei minuti finali contro Barcellona e Deportivo, acquistato dal Real Madrid per 25 milioni nell’ormai lontano 2005, e più recentemente da Jesús Navas (al Manchester City per 20 milioni nel 2013) e Alberto Moreno (che veste la maglia del Liverpool dal 2014 in cambio di 18 milioni).

COMPRARE BASSO - Lavorando in un club via via sempre più prestigioso, ma non certo abituato a gestire enormi somme di denaro, Monchi non ha mai superato la soglia dei 15 milioni per un singolo trasferimento: tale cifra è stata toccata nel 2009 per l’arrivo al Sánchez-Pizjuán di Álvaro Negredo (poi rivenduto quattro anni più tardi al Manchester City per 25) e nella scorsa estate per Franco Vázquez, oggi perno della formazione allenata da Jorge Sampaoli, qualificatasi agli ottavi di Champions League (con eliminazione subita per mano del Leicester) e terza in classifica in Liga. Ma le soddisfazioni più grandi sono arrivate da calciatori acquistati per somme molto minori, anche grazie alle rete di oltre 700 osservatori messa in piedi: il già citato Daniel Alves arrivò per circa un milione dal Bahia nel 2002, come sempre dal Brasile sono arrivati Júlio Baptista (3,5 l’acquisto dal San Paolo, 20 milioni la cessione al Real Madrid) e Adriano (2 milioni al Coritiba, 10 al Barcellona). Non solo Sudamerica, però: le operazioni Keita, Kondogbia e Rakitić, tra le più riuscite per resa sul campo e in cassa, sono state effettuate tra Francia (Lens) e Germania (Schalke 04), segno di una grande varietà e ampiezza di vedute.

I GIOCATTOLI DIMENTICATI - Plusvalenze, sì, ma non solo: Monchi ha sempre tenuto alla competitività della sua squadra, concretizzatasi nelle vittorie di 5 tra Coppa UEFA ed Europa League, una Supercoppa Europea schiantando per 3-0 il Barcellona nel 2006, 2 edizioni della Copa del Rey e una della Supercoppa di Spagna (con uno storico 5-3 sul campo del Real Madrid nella gara di ritorno) e garantita anche da operazioni di rilancio di calciatori apparentemente in declino o comunque incanalati verso una carriera non di primissimo livello una volta raggiunta un’età non più giovanissima. Nel 2006, il Siviglia vinse la sua prima Coppa UEFA ad Eindhoven, battendo per 4-0 il Middlesbrough in una finale senza storia. I marcatori di quel match furono Luís Fabiano, Enzo Maresca e Frédéric Kanouté, acquistati proprio nell’estate precedente. Il brasiliano, allora 25enne, arrivò dal Porto per 10 milioni dopo una prima stagione di adattamento al calcio europeo non esattamente scintillante, l’italiano era di fatto uno scarto della Juventus che se ne liberò per 2,5 milioni, mentre il maliano approdò in Spagna, dal Tottenham, addirittura 28enne, per meno di 7 milioni ed è diventato una vera e propria leggenda del club (291 presenze e 134 gol), con tanto di partita d’addio e una canzone a lui dedicata da El Arrebato, autore dell’inno del Centenario del club che viene cantato da tutto lo stadio prima di ogni gara interna. Il portiere di quella doppietta europea, Andrés Palop, decisivo nella finale del 2007 vinta ai rigori sull’Espanyol, arrivò a parametro 0 a 32 anni e in quella formazione c’era anche Christian Poulsen, arrivato a 26 anni a fine contratto con lo Schalke 04, elemento importante dei rojiblancos e rivenduto, manco a dirlo, per 10 milioni alla Juventus dopo tre anni. Tornando a tempi più recenti, lo stesso Carlos Bacca arrivò 26enne dal Club Brugge e a Siviglia si è consacrato, così come Kevin Gameiro, che fallì il salto di qualità al Paris Saint-Germain dopo essere stato rivelazione nel Lorient. Operazioni comunque non sufficienti, tuttavia, per primeggiare in Liga: mai oltre il quarto posto, con picchi negativi di qualche anno addirittura fuori dalle coppe. Un prezzo da pagare quando si punta su una rosa comunque instabile e si gioca nello stesso campionato delle inarrivabili Real Madrid e Barcellona.

SINERGIE - Monchi ha senz’altro una forte personalità e dei precisi metodi di lavoro, ma non ha mai fatto mancare il supporto all’allenatore di turno. Nel 2015 il tecnico Unai Emery richiese espressamente l’acquisto di Fernando Llorente, nonostante l’arrivo di Ciro Immobile (uno dei pochi affari non soddisfacenti condotti da Monchi) e la presenza in rosa di Gameiro: proprio Llorente segnò contro la Juventus, nel dicembre di quell’anno, il gol decisivo per non perdere il treno-Europa League e rimettere le mani sul trofeo per la terza volta, pur partendo dalla fase a gruppi di Champions League. Con l’arrivo di Sampaoli la squadra è stata rivoluzionata rispetto al volere dell’allenatore, con il già citato arrivo di Vázquez e quelli, tra gli altri, di Paulo Henrique Ganso e Samir Nasri, due calciatori, seppur in termini molto diversi, da lanciare o rilanciare nel calcio europeo. Non che questa sia stata la prima rimescolata di carte della sua gestione, anzi: delle tre finali vinte in Europa League, solo Víctor Machín Pérez Vitolo e Daniel Carriço hanno fatto parte di tutti gli undici iniziali, con 6 giocatori partecipanti a due delle tre gare dall’inizio e gli altri (portiere compreso!) sempre diversi.

TWO CLUBS MAN? - L’arrivo a Roma di Monchi sarebbe una vera rivoluzione prima di tutto per lui, uno dei pochi one club man sia da giocatore che da dirigente. I suoi metodi di lavoro, come già detto, sembrano coincidere perfettamente con le esigenze economiche e sportive del club, bisognoso di un grande esecutore, come Monchi è, di una politica di mercato basata sul trading, almeno fino a che i ricavi non aumenteranno stabilmente. L’incognita principale sarebbe dunque il dover lavorare per la prima volta nella sua vita in un ambiente diverso da quello in cui è rimasto per oltre 25 anni, ma il reciproco stimolo (manifestato - almeno per quanto riguarda una partenza a prescindere dalla destinazione - con le dimissioni rifiutate nello scorso maggio) potrà senz’altro aiutare a superare questo scoglio.