Spalletti e Totti: dagli interessi in borsa al fondo del barile
Le dichiarazioni di ieri sera di Francesco Totti hanno aperto, o riaperto, secondo qualcuno, un dualismo con l'allenatore Luciano Spalletti, con il quale la relazione è sempre apparso ambigua, fin dalla prima esperienza giallorossa del tecnico di Certaldo. "Secondo me dare la palla sui piedi a Totti è come avere un buon titolo in borsa: si prendono sempre gli interessi". Era il 28 gennaio del 2006 quando Luciano Spalletti pronunciava queste parole alla vigilia di un match con il Livorno, un simbolo di una fiducia incondizionata nel suo Capitano, che, dal canto suo, durante il suo recupero dall'infortunio patito contro l'Empoli, parlò del toscano come "l'allenatore che mi fa diventare un campione". Un campione Totti già lo era e Spalletti lo sapeva, tanto da preferirlo addirittura a Cristiano Ronaldo, avversario nei quarti di finale di Champions League nel 2007: "Totti o Ronaldo? Totti ha tanti meriti, tante qualità e pochissimi difetti. Ronaldo non lo so, io comunque tengo Totti".
Un rapporto all'apparenza idilliaco, sul quale però si è sempre chiacchierato: "Abbiamo un rapporto diverso da quello che viene scritto da certi cecchini, tiratori scelti, che però prima o poi finiranno le munizioni e verranno catturati. Totti è l'eccellenza dei calciatori che io ho mai allenato in carriera. E abbiamo un grandissimo rapporto di stima reciproca. E ho anche il suo numero di cellulare. Io lo posso chiamare, voi (riferito ai giornalisti presenti, ndr) no". Il passare del tempo fece però emergere qualche divergenza, con Spalletti che non faticava a fare i suoi appunti proprio sull'aspetto tecnico, come accaduto appena tre giorni prima del suo addio nel 2009: "È facile dirgli che è uno speciale, e lo faccio, ma gli dico anche che ci sono altre situazioni in cui deve migliorare, come lo dico agli altri. Vai a dire che è diverso dagli altri e poi rapportati con gli altri giocatori nello spogliatoio... A Genova ha tenuto poche palle e gliel'ho detto, per esempio il colpo di testa è una cosa che deve mettere a posto. Oltre a dirgli bravo e che possiede i segreti del calcio gli dico anche di andarci a saltare di testa. Ogni volta che tira in porta suonano le campane a morte se ci tira una volta in più suonano una volta in più. Di Totti ne vorrei avere 3 o 4 ma poi ci sono equilibri di squadra". Addio che Totti accolse con dispiacere ("Saluto Luciano per tutto quello che ha fatto per la Roma e per la mia carriera. I risultati conseguiti sotto la sua gestione sono sotto gli occhi di tutti. Mi sono sempre augurato di concludere la mia carriera con lui allenatore: grazie Luciano"), prima di punzecchiare anche lui il tecnico: "Non riusciva più a farsi capire, ormai c'era qualche problema col gruppo. Le sue dimissioni erano inevitabili. Visti i risultati ottenuti con Ranieri, direi che ne è valsa la pena. I rapporti con Spalletti? Io sono un po' permaloso e le sue battute mi davano fastidio. Anche Ranieri si è presentato con una battuta. Sul momento ci sono rimasto male, poi lui mi ha parlato e mi ha spiegato il senso di quella frase: vuole solo che a volte cerchi la profondità. Lui è romano, con le battute ci capiamo, non ci saranno mai problemi tra di noi".
Tornato in giallorosso, Spalletti non ha inizialmente esitato a sottolineare gli aspetti positivi della presenza di Totti, come fatto dopo il match col Frosinone: "Totti? La gestione è di tutta la squadra, poi Francesco ha la qualità di dare la tranquillità alla squadra, non ha la disponibilità della corsa degli altri e se la squadra non sopperisce a questo, non può nemmeno essere rinnescato. Totti è un diamante, quando una donna ha un diamante lo sfoggia nelle situazioni opportune". Esaltate anche le sue qualità extra campo ("È un attore", ha dichiarato dopo la partita con il Sassuolo, in cui Totti si è reso protagonista di uno scherzo a Pjanic) e ribadita la sua considerazione paritaria a quella degli altri giocatori ("Se Totti mi fa vedere un contributo perché non lo devo far giocare?"), il tecnico ha poi mostrato raziocinio, quasi cinismo, nella sua intervista ad AS: "È un giocatore che accende la luce in fase offensiva per la sua classe. Però dipende anche dalle avversarie poter utilizzare queste qualità. Può metterti un pallone perfetto, però se la squadra deve pressare per lui è difficile arretrare 40 metri per attuarlo. Dipende dalla forza delle rivali che affronteremo. In questo momento la Roma non può basarsi sulla carriera di un elemento. Ora come ora dobbiamo raschiare il fondo del barile. Solo così possiamo risollevare il livello della squadra e cominciare a ragionare in maniera diversa. Fino ad allora non c’è spazio per i sentimenti: solo lavoro, solo la forza, solo la gara”. Fino alla conferenza stampa prima della tempesta: "Io considero Totti in modo così forte un calciatore che lo valuto al pari degli altri. È importante che lui si senta considerato al pari degli altri. Sono convinto che lui possa dare un immenso aiuto sotto l'aspetto della qualità e lo deve fare da dentro il gruppo. Non deve essere troppo distante, sennò si rischia che gli altri non lo seguano. Lui ha bisogno del gruppo, non può stare laggiù da solo".