Il vero gap
Tra le tante espressioni tipiche dello stile formulare del mondo giallorosso, quella a cui i tifosi tengono di più è senz’altro “colmare il gap con la Juventus”. Un ritornello ormai in voga da un paio d’anni, che nel linguaggio comune viene tradotto come “acquistare giocatori in grado di formare una squadra di livello uguale o superiore a quello della Juventus”. Se la distanza fosse misurabile solo in talento, in realtà il percorso sarebbe meno duro di quanto sia realmente, basterebbe essere bravi e scaltri sul mercato per potersela giocare ad armi più o meno pari con i campioni d’Italia. Così però non è: il vero gap è quello fuori dal campo, quello dei ricavi e delle risorse necessarie per costruire e mantenere un blocco di giocatori in grado di battersi poi sul rettangolo verde. I (troppi) nostalgici presenti in questa città si devono arrendere, le regole del financial fair-play hanno ormai mandato in pensione il padre padrone che deve cacciare i soldi e la parola fatturato deve essere un amico con cui convivere.
Se gli altri hanno più benzina, giocoforza andranno più lontano e questo è un principio su cui non si può derogare. Non basteranno 5, 10, forse neanche 15 anni per “colmare il gap” a livello di fatturato con il club con il maggiore bacino d’utenza, con il maggiore incasso da diritti televisivi (circa 30 milioni annui più della Roma) e che ha uno stadio di proprietà. E se è fisiologicamente impossibile cambiare un trend storico come quello (incontestabilmente libero) del tifo, il modo paradossalmente più rapido per avvicinarsi è quello di mettere su un proprio impianto: la Roma lo sa e, da quando si è insediata la nuova proprietà, la prima cosa che ha fatto è porre le basi per un progetto che ogni giorno è più lontano dalla partenza e più vicino all’arrivo, seppur ancora non visibile a occhio nudo. La cosa che risulta sorprendente, è che, in questi oltre quattro anni, non si sia rimarcata in modo sufficiente l’importanza assoluta e imprescindibile di portare a termine questo lavoro: probabilmente si sarebbe potuto fare di più per quanto riguarda la trasmissione di conoscenze più o meno tecniche giustamente ignorabili da chi non si occupa di finanza e burocrazia e perfettamente comprensibili se poste nei giusti termini, ma d’altro canto non è cambiata la mentalità di un ambiente ancora troppo ancorato a dinamiche tanto romantiche quanto superate, inapplicabili nel secondo decennio del terzo millennio. Di questi tempi, colmare il gap significa avere la maggior forza economica possibile e la maggiore potenza di calcolo per sfruttarla: negli scatoloni e nei supporti digitali che presto saranno analizzati dalla Regione c’è inappellabilmente il futuro di una società che ha già perso troppo tempo e che sta facendo di tutto per salire sull’ultimo treno che la porti via dalla mediocrità.