Baldissoni: "Il nuovo stadio cambierà sicuramente le carte in tavola"

01.01.2017 15:55 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Fonte: asroma.com
Baldissoni: "Il nuovo stadio cambierà sicuramente le carte in tavola"
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico Gaetano

Attraverso la pagine del sito ufficiale asroma.com, il direttore generale della Roma Mauro Baldissoni rivive il 2016 giallorosso.

Sull'esonero di Garcia.
“È sempre molto difficile cambiare allenatore perché significa che non si sta facendo bene e che c'è quindi hai un problema da risolvere. E non puoi essere sicuro di riuscire a cambiare le dinamiche che stanno creando il problema in quel momento. La decisione di cambiare potrebbe sembrare la cosa giusta da fare, ma entri in una situazione di incertezza, perché devi  prendere la persona giusta e ti trovi a metà stagione, non avendo molte opzioni perché gli i tecnici che vorresti valutare probabilmente potrebbero essere già con altre squadre. È veramente una decisione critica: non hai molto tempo e devi considerare i pro e i contro. Con l’incertezza di avere un nuovo allenatore gettato nel bel mezzo della stagione senza che lui abbia abbastanza tempo per instaurare un rapporto con i giocatori e insegnare loro la propria visione di calcio, oltre al cambio di dinamiche all’interno dello spogliatoio. Hai necessità di fare la scelta corretta e devi essere fortunato, probabilmente è quello che è successo a noi. Naturalmente non è piacevole optare per un cambiamento. Tu hai stabilito un rapporto a livello personale con un essere umano prima ancora del livello professionale. Quando devi interrompere il suo lavoro, non è un messaggio piacevole da trasmettere. Dall’altra parte, quando ciò accade, è ovvio e chiaro che le cose non stanno andando bene, quindi è un qualcosa che non arriva inaspettatamente. Rudi in quel momento poteva vedere che non stava riuscendo nel tentativo di cambiare le dinamiche. Era tutto molto negativo all’interno dello spogliatoio e la squadra non reagiva. Quindi, quando un allenatore perde la forza e la possibilità di cambiare il pensiero dei calciatori dentro lo spogliatoio, deve lasciare. Gli allenatori sanno quando è così. Guardando indietro, dopo la seconda metà della stagione, è ovvio dire che sarebbe stato meglio fare prima questa scelta. Ma ripeto, è troppo facile dirlo a giochi fatti. Abbiamo dovuto pensarci con molta attenzione, perché dovevamo fare la giusta sostituzione. Il sostituto doveva essere la persona con cui continuare per il futuro. Ciò non può funzionare se scegli qualcuno soltanto per sei mesi, perché potrebbe non avere la credibilità e la forza nei confronti dei giocatori. Per fare la scelta giusta con poche opzioni e in fretta non è sicuramente la situazione migliore in cui trovarsi. Guardando indietro, la decisione probabilmente poteva essere presa prima, ma dovevamo prendere tempo per ponderarla e pensarci bene prima di farlo”.

Sull'arrivo di Spalletti.
"A metà stagione non hai tutte le opzioni che vorresti avere. Quasi tutti i migliori allenatori sono già alla guida di altre squadre, quindi abbiamo valutato altre opzioni per la fine della stagione, ma questo avrebbe potuto significare rimanere con Garcia. Questo è stato il motivo per il quale abbiamo dovuto pensarci con attenzione per il resto della stagione, oppure sostituire Garcia con qualcuno che ci avrebbe portato fino a giugno ma senza continuare in futuro. Il rischio di farlo avrebbe mandato un brutto messaggio alla squadra, come se la stagione fosse già finita e noi orientati alla pianificazione del futuro, invece che concentrati sulla stagione corrente lavorando giorno per giorno. A quel punto, la scelta di Spalletti era quasi naturale perché era certamente la migliore opzione disponibile. Lui ha avuto un’esperienza a Roma di grande successo: conosceva alcuni giocatori, il club, l’ambiente e il calcio italiano. Era la persona con le migliori chance di essere efficace sin dal primo giorno e anche per le stagioni future. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto Luciano”.

Sull'incontro a Miami.
"Quella con Pallotta e Spalletti a Miami è stata una conversazione interessante ed emozionante. Luciano era molto contento di avere l’opportunità di tornare. Aveva avuto precedentemente un’esperienza molto positiva a Roma in termini di risultati, che purtroppo si concluse con degli aspetti negativi e amari e dovette lasciare prima della fine della stagione. Si sentiva di dover completare un lavoro e pertanto era molto motivato ed emozionato di avere la possibilità di tornare. Lui ci spiegò tutte queste cose e quanto era motivato. Inoltre, dato che a lui piace farlo, spiegò la tipologia di accorgimenti tattici che stava per introdurre e alcuni miglioramenti da apportare alla squadra che riteneva necessari. Inoltre, è stata una conversazione molto intensa riguardo agli elementi tattici del suo calcio e in generale molto proficua".

Sull'impatto che ha avuto il tecnico.
"L’impatto è stato tremendo. Come ho detto prima, lui ha avuto il vantaggio di conoscere il club, l’ambiente e alcuni giocatori, quindi ha potuto trovare immediatamente gli elementi giusti da cambiare. Prima di tutto, ha cambiato la mentalità dei giocatori restituendogli la fiducia che stavano perdendo. Inoltre, anche gli aspetti tattici e tecnici che voleva introdurre considerando che lui è uno dei migliori allenatori nel mondo. L’impatto è stato fenomenale, sottolineo principalmente l’effetto sulla mentalità e sulla consapevolezza dei giocatori. C’era bisogno di recuperarli e lui lo ha fatto molto rapidamente”.

Sulla partenza di Pjanic.
"“A volte non siamo noi a scegliere se una squadra avversaria può comprare o meno un nostro giocatore. Il tutto dipende dall’interesse del mercato: Pjanic è un grande calciatore e non sorprende il fatto che attiri molto l'attenzione di club importanti. Voler andare a giocare lì è stata una sua scelta. Nel caso specifico, aveva nel contratto il diritto di decidere se e dove essere venduto, perché aveva un'opzione inserita nel rinnovo firmato due anni prima. Ha attivato un suo diritto contrattuale, ci ha informati che voleva essere venduto e la Juventus è stato il club che l’ha comprato. Non potevamo far nulla per contrastare la scelta del calciatore. Ma, più in generale, se i giocatori decidono di andare via, non è proficuo forzarli a restare, anche quando non hanno un’opzione contrattuale come quella di Pjanic.”

Sulla clausola.
“La clausola contrattuale è un accordo che trovi con la tua controparte,in questo caso il giocatore con il suo agente. Diventa una negoziazione. Se suggerisci di inserire una clausola di rescissione a 100 milioni certamente non vorranno, non accetteranno. Ma lui, ad ogni modo, voleva inserire la clausola. Quindi devi stabilire quale sia il valore di mercato del calciatore in quel momento. Questa era la situazione con Pjanic. La clausola era più alta nei primi due anni e diminuiva per ogni anno di contratto: ogni stagione che passa hai una leva contrattuale inferiore sul giocatore. Il valore del tuo contratto, ovviamente, si riduce di anno in anno. La clausola rescissoria normalmente è più alta all’inizio e perde valore ogni anno, man mano che si avvicina la fine del contratto, parallelamente al valore dell’asset nei bilanci. In realtà si tratta di una tipica valutazione economica. Ancora più di questo va considerata la trattativa che stai portando avanti con la controparte: Pjanic non avrebbe rinnovato il contratto e l’avremmo perso molto prima. Sarebbe andato via come svincolato, oppure sarebbe partito un anno prima a un prezzo molto più basso perché a quel punto la scadenza del contratto era prossima”.

Sul financial fair-play.
"Lavoriamo sotto condizioni a cui è soggetto ogni club in Europa, che sono stabilite dalla UEFA: le regole del Fair Play finanziario. Negli ultimi anni non solo in Europa, ma anche in Italia, sono state introdotte regole specifiche relative agli obiettivi finanziari, che dobbiamo rispettare se vogliamo partecipare al campionato e ai tornei europei. Considerando che il club ha avuto i conti in rosso negli anni passati, la nuova proprietà si è trovata al di fuori dei parametri finanziari imposti dalla UEFA. Per rispettare tali parametri, abbiamo dovuto ridurre le perdite e aumentare i ricavi. Ma i ricavi ordinari non si incrementano così velocemente come quelli generati dalla vendita dei giocatori. Vendere i giocatori e reinvestire in nuovi è un altro modo per mantenere un alto livello di competitività, rispettando le regole del Fair Play finanziario: sia quelle europee, sia quelle italiane. Lo faremo fino al raggiungimento della parità di bilancio, cosa che avverrà a breve. Saremo in grado di disporre di una più ampia gamma di opzioni, a differenza della situazione attuale. È qualcosa di cui tenere conto perché competiamo con grandi marchi europei che partono da una situazione avvantaggiata per quanto concerne i ricavi. In Italia, la Juventus ci doppia in termini di ricavi. Dobbiamo competere nel rispetto di determinate limitazioni finanziarie, per cui dobbiamo essere in grado di vendere giocatori e di reinvestire gli introiti in modo da mantenere costante il nostro livello di competitività.”

Sul calciomercato.
"Può sembrare scontato, ma si cerca sempre di migliorare la squadra e il modo in cui lo si fa è analizzando i reparti che sono stati meno efficienti nella stagione precedente. Questo è ciò che è successo a noi: volevamo rafforzare la difesa perché le prestazioni non sono state all’altezza delle aspettative. In altri reparti avevamo buoni centrocampisti e quasi il migliore attacco della stagione, grazie ad alcuni dei calciatori acquistati durante lo scorso mercato invernale, ad esempio Perotti ed El Shaarawy. Quindi abbiamo deciso di intervenire e investire per migliorare la difesa. Fondamentalmente è stata questa la strategia che abbiamo seguito. Inoltre, potevamo contare sul rientro di Paredes e Strootman a centrocampo. Nonostante la cessione di Pjanic, abbiamo potuto rafforzare il reparto in questione con questi due giocatori e puntando su una promessa, il giovane talento Gerson, come sesto centrocampista che andrà gradualmente a migliorare le prestazioni della squadra. Lui deve essere considerato soprattuo in prospettiva futura, visto che a soli 19 anni è uno dei migliori talenti sulla piazza".

Sulle tournée.
"Ogni anno viaggiamo per stare sempre più vicino ai tifosi: vogliamo portare la squadra in nuovi luoghi e nuovi mercati. A maggio, quando abbiamo disputato un'amichevole negli Emirati Arabi, ci siamo anche allenati in campo in cui recentemente abbiamo avviato una nostra Academy a Dubai. Un passo importante sia per avviare un programma base di scuola calcio, sia per aumentare la visibilità del marchio: ci presentiamo a quei mercati che stanno dimostrando di essere molto appassionati e interessati al nostro Club. Desideriamo ringraziare i tifosi per il loro supporto e un modo per farlo è portare la squadra nei luoghi in cui vivono. Vogliamo concedere alla gente che non può avere accesso alla squadra e ai giocatori l’opportunità di stare con loro".

Sullo stadio.
"È necessario ricordare che questo è un progetto complesso e di ampia portata. Si tratta del più grande progetto edilizio per la città di Roma: sarà importante tanto per il club quanto per la stessa città. Il processo è iniziato quattro anni fa, quando abbiamo scelto l'area. Quattro anni possono sembrare tanti, ma non lo sono per un progetto come questo. Al momento ci troviamo nella fase finale dell’approvazione a livello regionale. Abbiamo fatto un grande passo in avanti nel processo di autorizzazione amministrativa e ci aspettiamo che l’iter venga completato entro marzo. Sarebbe molto positivo perché ci darebbe la possibilità di partire con i lavori e di iniziare la fase della costruzione. È un progetto davvero complesso, che coinvolge molti aspetti e molti interessi legati alla città, perciò richiede un grande lavoro di mediazione con tutte le persone e le parti interessate. Un anno fa stavamo ancora lavorando al progetto finale, cercando di sottoporlo al consiglio comunale alla luce delle modifiche che ci avevano richiesto. Siamo riusciti a completare e a consegnare il progetto al Comune e il Comune lo ha passato alla Regione per le approvazioni finali. Siamo nell’ultima fase di approvazione, quindi finora abbiamo decisamente ottenuto quanto volevamo. Speriamo davvero di potere completare il progetto, in base alle leggi e ai regolamenti, in tempo per marzo. A quel punto ci troveremo in un nuovo scenario, in una nuova era".

Sulle dimissioni di Sabatini.
"Il Direttore Sportivo è una delle figure chiave in un Club. Gli allenatori hanno un impatto più legato alla squadra e al campo. Un Direttore Sportivo, invece, deve gestire le partenze o i cambiamenti in un lasso di tempo maggiore rispetto a un tecnico. Sabatini ha trascorso cinque anni alla Roma, un periodo molto lungo. E in questi casi le dinamiche possono anche cambiare. Quando non si hanno più vedute in comune sugli aspetti decisionali relativi alla squadra è tempo di cambiare. Non c’è niente di sbagliato o di strano in questo. Sono cose che succedono. La cosa importante, però, è che la società riesca a mantenere una certa stabilità e coerenza dal punto di vista operativo e decisionale. Questo è quello che credo stiamo facendo. La promozione di Ricky Massara, che aveva già lavorato con Sabatini in precedenza, è una garanzia di continuità dei buoni risultati ottenuti negli ultimi anni. È impossibile fare solo scelte giuste. Tutti commettiamo degli errori. Per esempio siamo riusciti a strappare un paio di giocatori fortemente richiesti da squadre rivali, che alla fine non sono riusciti a esprimersi al meglio. Questo non significa che non erano le scelte giuste in quel momento. L’interesse delle altre squadre legittimava le nostre intenzioni, che poi si sono rivelate sbagliate soltanto perché il giocatore non ha reso come ci si aspettava. Tutto questo fa parte del calcio. Anche sapendo che alcune scelte poco felici saranno inevitabili, bisogna lavorare sempre con l’obiettivo di ridurre il livello degli errori, avendo a disposizione più elementi. Più dati e più tempo, assieme a una pianificazione appropriata per verificare le scelte, aiutano a ridurre i rischi di giocatori che non rendono, ma evitare del tutto questi rischi è impossibile. La bravura di Walter sta proprio nell’abilità di scovare giovani talenti e di vedere in anticipo la loro potenziale crescita. Lo aveva fatto anche con altri club prima del suo arrivo alla Roma. Con noi ha confermato le sue qualità, soprattutto all’inizio. Un dettaglio fondamentale per aumentare la nostra competitività, rispettando allo stesso tempo i vincoli finanziari, grazie ai fondi ottenuti con le cessioni di giocatori comprati all’inizio del loro processo di crescita. Andando avanti, stiamo cercando di essere sempre più organizzati e strutturati".

Sulla Curva Sud.
"Vale la pena ricordare che ogni nostra azione è rivolta ai tifosi. La Serie A organizza le partite con uno scopo: offrire un intrattenimento sportivo a chi viene a vedere il match. I tifosi costituiscono una parte essenziale del gioco. Fa parte dell’esperienza, che altrimenti non funzionerebbe. Senza il cuore dei tifosi, si perde l’essenza di tutto ciò che ci impegniamo a organizzare. Il gioco non è costituito solo dai giocatori in campo, ma anche dai tifosi. Sono l’altra faccia della stessa medaglia, parte dello stesso meccanismo. È come se si organizzasse un concerto e lo si guardasse in TV: la musica sarebbe la stessa, magari il sound sarà pure gradevole, ma mancherebbe la folla, per cui non avrebbe senso organizzare l'evento. È proprio questo il punto. Soprattutto nel caso della Roma, i tifosi della Curva Sud appartengono ancora di più alla sua storia del Club. La Roma è nota in tutto il mondo per la passione dei suoi tifosi, più che per i trofei vinti nel corso della storia. Senza dubbio, la Curva Sud era l’emblema del tifoso di calcio. In Italia, dire Curva Sud è come indicare una folla chiassosa, intensa e appassionata, anche in contesti diversi da quello calcistico. Significa passione, rumore: è l’emblema di ciò che si cerca in un evento di intrattenimento. Se manca quella parte, manca l’essenza stessa del nostro lavoro. Senza di loro, si perde uno degli obiettivi delle nostre azioni. Stiamo lavorando sodo per trovare una soluzione. Non è facile perché dobbiamo affrontare problemi legati alla di sicurezza. Per cui quando qualcuno ci dice che agisce in nome della sicurezza delle persone, in realtà non possiamo affermare che non sia vero. Dobbiamo rispettare il loro scopo, anche se a volte non ci troviamo d’accordo con le decisioni prese. Bisogna lavorare sodo e dimostrare loro che la sicurezza può essere comunque garantita: senza installare barriere nello stadio. Più metti barriere e ostacoli, meno la gente si sente al sicuro. Si sente come messa in gabbia o in qualche modo limitata. Questo vale in generale, per tutte le barriere all’interno dello stadio, non solo per quelle della Curva. È anche una battaglia culturale: insistiamo nel dire che alle persone va offerto l’ambiente migliore affinché possano godersi lo spettacolo per cui pagano. Se qualcuno non rispetta la legge, quella specifica persona deve pagare per gli illeciti che ha commesso. Sono i singoli individui a dover essere responsabili dei propri comportamenti. La questione della Curva Sud e del nuovo Stadio sono due argomenti separati. Abbiamo un filo diretto con le autorità in merito al nuovo stadio e alle idee legate alla sicurezza, inclusa la nostra volontà di non avere barriere tra spalti e campo. C’è un dialogo in corso per riuscire a realizzare una struttura in tal senso. Sono argomenti che viaggiano paralleli e una questione non influisce sull'altra. Insistiamo nel dire che ci piacerebbe fissare un obiettivo comune con le autorità per rimuovere le barriere già all’interno dell’attuale stadio e non solo nel nuovo. Lo possiamo fare assicurando che i comportamenti sbagliati vengano puniti, in modo da permettere agli altri spettatori di godere al meglio dello spettacolo e del divertimento che ci proponiamo di offrire. Divertirsi significa trovarsi in una situazione piacevole e di comfort totale: non essere coinvolti in assurde battaglie. Il concetto dovrebbe essere che se allo stadio non succede nulla di male o di problematico, allora è giunto il momento di rimuovere le barriere, perché sono inutili. Io credo che i tifosi stiano accettando il fatto che siamo nel 2016 e che le cose dovevano cambiare. Naturalmente tutti ricordano i tempi in cui gli stadi erano diversi e l’esperienza nelle curve era fatta anche di torce e fumogeni, ma adesso tutto questo è vietato in Europa. Le sanzioni della UEFA in merito sono molto alte e tutto ciò non è più possibile. Devo dire, però, che allo stadio Olimpico non si vedono più razzi o bombe carta. Detto questo, credo che per il resto andrebbe concessa la libertà di vivere al meglio gli stadi, perché i colori e il calore fanno parte di quel tipo di ambiente. È un qualcosa di necessario e combatterlo significherebbe combattere contro il calcio".

Sul 2016
"
Ci piacerebbe essere in testa alla classifica ma va bene anche essere secondi. Va bene essere capaci di mostrare che siamo competitivi. Abbiamo perso molti punti che non ci piace aver perso, soprattutto con squadre che non sono al nostro livello.
Abbiamo perso contro la Juventus ed è sempre brutto quando perdi contro il tuo competitor principale ma può succedere di perdere sul campo della Juventus. Se noi dovessimo rimpiangere qualcosa, sarebbero i punti persi contro le piccole. Speriamo di non perdere più punti in questo modo nella seconda parte della stagione, così da poter lottare per il titolo con Juve e Napoli, che dovranno venire entrambe all'Olimpico.
Siamo migliorati molto negli ultimi due anni. Lo possiamo vedere dai risultati: quando la nuova proprietà è venuta qui, la Roma è arrivata inizialmente settima, poi sesta. Poi due secondi posti, un terzo a soli due punti dal secondo. Ora siamo secondi. Siamo migliorati molto ma l'ultimo step è fortemente legato alla fiducia in noi stessi, alla mentalità perché devi essere sicura di potercela fare. Da quando Spalletti è venuto qui, la squadra ha la consapevolezza di poter lottare per il titolo.
La gara contro la Juventus l'ha dimostrato, anche se abbiamo perso, perché abbiamo giocato allo stesso livello dei bianconeri. Abbiamo avuto il 60% di possesso palla, cosa molto rara in casa loro. È un messaggio importante per i nostri giocatori. Devono credere di poter competere allo stesso livello. In termini di risultati, punti, gol e le prestazioni in generale abbiamo fatto bene nel 2016. Quando fai bene, è la base per avere maggior confidenza e fare meglio. È la nostra speranza".

Sul 2017
“Il 2017 deve essere il proseguimento di quello che stiamo già facendo, perché stabilità e continuità ti permettono di ottenere punti. Il progetto che avevamo con la nuova proprietà è quello di essere una squadra da Champions League. Vogliamo poter giocare in Champions League con continuità, essere al top del calcio europeo. Più sei continuo, stabile e competitivo, più aumentano le possibilità di vincere. Abbiamo anche bisogno di aumentare i nostri ricavi. È tosta quando le avversarie hanno ricavi molto più alti rispetto alla Roma, quindi il nostro obiettivo è quello di aumentare i ricavi commerciali, sui biglietti e sui media. Più ottieni visibilità vincendo le partite, in Italia e in Europa, più hai possibilità di aumentare i ricavi. Crediamo fermamente che il nuovo stadio cambierà sicuramente le carte in tavola. Per questo abbiamo investito così tanto per averlo”.