Scacco Matto - Hellas Verona-Roma 1-1
L’ormai solita Roma ottiene l’ormai solito pareggio e stavolta è l’Hellas Verona a fermare i giallorossi sull’empate.
Con entrambe le squadre in un momento non positivo, ci si chiedeva quale delle due avrebbe rischiato qualcosa e quale invece avrebbe optato per una strategia più conservativa. Il Verona sceglie la seconda opzione e si schiera con un 4-5-1, con le linee molto strette e anche Toni dietro la linea del pallone. Il numero 9 è il catalizzatore delle eventuali ripartenze: tutti i palloni passano da lui, abile a smistare o guadagnare calci di punizione. Questo fa gioco della Roma, che soffriva un possesso palla sterile e lontano dalla porta avversaria e che invece si ritrova con estrema facilità a giocare la sfera nella metà campo opposta con fiducia e anche intensità, grazie alla contemporanea presenza di tutti i suoi uomini di qualità (con Keita che a volte si sposta anche a destra per fare le veci di Maicon nella funzione di regista laterale), con recuperi anche immediati sull’uscita dei suoi avversari. I problemi arrivano negli ultimissimi metri di campo, dove si riesce a giocare poco e dove l’area si riempie solo a intermittenza: nonostante le indicazioni di Garcia, Ljajic e Gervinho giocano molto vicini sullo stesso lato, facendo leva sull’atletismo di Florenzi dall’altro, e Totti viene spesso fuori per addensare il palleggio. La soluzione al guaio è il tiro da fuori: prima Nainggolan impegna Benussi, poi il Capitano lo batte portando i suoi avanti. Da quel momento in poi il Verona inizia a pressare e riemergono i problemi della Roma che fatica tantissimo a uscire dall’aggressione della squadra di Mandorlini, che non crea molto ma passa su corner. Per difendere sui tiri dalla bandierina, la Roma lascia tutti e tre gli attaccanti fuori dall’area per svuotarla e minacciare il contropiede; i problemi fisici di Florenzi sono però un handicap ulteriore che i gialloblu sfruttano, con Jankovic che salta proprio sul numero 24 e, con un po’ di fortuna, insacca. Sull’1-1, Mandorlini richiama i suoi a riabbassarsi e creare nuovamente densità.
Densità che viene riproposta anche nella ripresa, abbinata a un po’ più di coraggio nel cercare ripartenze più continue. La Roma, come ormai di consueto, cala fisicamente, non c’è intensità né nei recuperi palla né nella difesa corpo a corpo in area o a ridosso della stessa; di conseguenza ci si abbassa, Garcia prova ad alzare i due intermedi per spingere tutta la squadra a farlo, ma ottiene solamente l’apertura di una voragine sulla trequarti difensiva che si fa via via sempre più ampia col passare dei minuti e il ridursi delle energie, che Mandorlini restituisce al suo centrocampo inserendo Greco e Obbadi. L’ingresso di Doumbia si rivela inutile, soprattutto perché all’ivoriano viene ancora una volta chiesto lavoro di costruzione che non sembra proprio essere nelle sue corde, quello di Verde aumenta gli uomini di profondità; i passaggi però partono sempre con più ritardo e i movimenti senza palla si azzerano, per cui la sua presenza ha l’unica conseguenza di ingolfare ulteriormente la manovra offensiva. L’ultimo cambio dell’Hellas, con l’ingresso di Christodoulopoulos, è addirittura volto a vincere la partita, ma per fortuna di Garcia questo non riesce agli scaligeri.