Petrachi: "La parentesi romana mi ha fatto crescere. Qualcuno è riuscito a buttarmi giù dal patibolo. Villar l'acquisto di cui vado più fiero"

02.04.2021 20:08 di  Vincenzo Pennisi   vedi letture
Petrachi: "La parentesi romana mi ha fatto crescere. Qualcuno è riuscito a buttarmi giù dal patibolo. Villar l'acquisto di cui vado più fiero"
Vocegiallorossa.it

L'ex ds della Roma Gianluca Petrachi è tornato a parlare del suo passato in giallorosso e lo ha fatto a Gold Tv:

Sul periodo alla Roma.
"Nonostante sia stato un periodo di breve è qualcosa che mi è rimasto dentro. Quando non si è preparati, anzi si è obbligati a lasciare una cosa fa sempre male. La parentesi romana mi ha insegnato tanto, mi ha fatto crescere. Cerco sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno. Sono esperienze di vita, tornassi indietro rifarei alcune cose e altre no. Ho vissuto un anno intensissimo, sono arrivato con una situazione di tutti contro tutti: erano usciti Totti e De Rossi, la società era nei casini. Ero consapevole di ciò che stavo facendo e convinto di poter incidere. Se mi avessero supportato come nei primi sei mesi oggi parleremmo di un’altra storia. C’è il rammarico di non aver continuato un percorso molto importante che si stava facendo".

Sulle scuse di Pallotta e Fonseca…
"Pallotta ha fatto chiarezza su tutto, ha fatto anche nomi e cognomi. Nel mondo del calcio gli aspetti sentimentali di una persona vengono calpestati. Era stata attaccata anche la mia persona. Qualcuno in maniera strategica ha cercato ed è riuscito a buttarmi giù dal patibolo".

Come mai nessuno le ha dato una mano a rientrare nella Roma?
"Ho fatto le mie supposizioni, resta il fatto che la mia figura è stata sostituita in parte. Tiago Pinto è una persona molto seria ma forse non è un vero ds. Probabilmente a Roma la figura di Petrachi non serviva, perché ci sono più persone che vorrebbero entrare nei meccanismi di scelta di calciatori, allenatori e della gestione. So che al figlio del presidente piace molto il calcio, quindi anche lui sta cercando di crescere per poter addentrarsi in questo tipo di sistema. Hanno fatto altri ragionamenti e potrebbero aver tralasciato la figura classica di un ds che si assume le proprie responsabilità, scegliendo una figura di rilievo diversa e affiancata magari dalla presidenza e da una rete nuova di scout che andranno a fare. La bontà del mio lavoro comunque credo sia emersa".

Sull'acquisto di Pau Lopez.
"Faccio una piccola premessa. Quando fai una rivoluzione come quella a Roma, dove ho ceduto 16-17 giocatori e ne ho presi altrettanti, è normale che qualcosa venga male. Credo che l’aspetto importante sia cercare di non sbagliare l’uomo più che il calciatore. A volte l’aspetto caratteriale diventa predominante. Pau Lopez nei primi sei mesi, prima dell’errore al derby, aveva dimostrato di avere delle qualità importanti. La sua qualità migliore era quella di impostare l’azione. Dopo il derby si è inceppato emotivamente: se tu non ne vieni fuori da solo diventa un dramma. Alisson sta rischiando la cessione al Liverpool, Klopp ha detto che non è più quello di prima. Capita anche ai migliori. Mi fa rabbia non poter parlare con Pau Lopez e dirgli di tirare fuori gli attributi, perché il calciatore deve avere anche quella personalità per uscire dai momenti difficili: se non ci riesce gli manca qualcosa per arrivare a un certo tipo di livello. Poi ci sono i vari Spinazzola, Mancini, Smalling, Veretout: tra tanti giocatori va bene anche sbagliarne uno. Ci metterei la firma per fare sempre questo tipo di mercato. Però è giusto contestarmi per questa scelta perché ho sbagliato".

Cosa risponderebbe alla Roma nel caso la dovessero richiamare?
"Bisognerebbe capire chi vuole incidere. Ai dirigenti a cui ho sempre spiegato le mie operazioni, pur decidendo con la mia testa assieme al tecnico. Le condivisioni devono essere fatte con l’allenatore: con Fonseca tutte le operazioni sono state condivise. Sono rimasto in ottimi rapporti con lui: lo reputo un ottimo allenatore, anche se avrebbe avuto bisogno di tempo per crescere da un punto di vista caratteriale. Tatticamente è molto bravo, quando lo scelsi lo feci pure per le sue caratteristiche. Un ritorno a Roma? Non capita, ma se dovesse capitare sono un professionista, per di più nella capitale mi sono trovato bene".

Durante la conferenza stampa di presentazione di Villar e Ibanez ha detto di non dare notizie in esclusiva a certi giornalisti. Questa cosa a Roma si paga… 
"L’ho pagata cara, è vero. Hai detto il Vangelo".

Nessun romanista vuole vedere calciatori di un certo valore giocare come fecero col Sassuolo o addirittura non allenarsi al top. Ha mai avuto la sensazione che all’interno della Roma qualcuno conoscesse l’ambiente romano?
"Ho pagato anche determinati tipi di situazioni, forse un eccesso di istintività. Se potessi tornare indietro, in quello spogliatoio ci rientrerei mille volte perché conoscevo la mia squadra. Venti giorni fa ho mandato un messaggio a un procuratore, gli ho scritto che la Roma avrebbe perso col Parma. Caratterialmente la squadra aveva sempre bisogno di una motivazione. Il mister avrebbe avuto bisogno di un supporto, non perché non sia bravo ma perché serve un’unione tra due persone. Se tu agisci e qualcuno dice che il direttore ha tutti i giocatori contro è perché ti vogliono far morire. Se alle spalle avessi avuto una società forte ti posso garantire che sarebbe cambiato tutto. Invece alle spalle non ho avuto nessuno".

Sulla mentalità.
"La mentalità si deve trasferire. Col Parma si doveva percepire l’insidia. Se tu non lo fai capire è difficile accendere la lampadina. Bisogna accenderla molto prima, altrimenti a gara in corso sei già scarico. Soprattutto in un ambiente come quello di Roma serve come il pane una persona che stia lì dentro e faccia il cagnaccio".

Su Fonseca.
"Credo che il mister abbia grande personalità, lo ha dimostrato in alcuni frangenti perché tratta tutti allo stesso modo. Credo che lui debba fare ancora uno step per quanto riguarda la lettura settimanale di ciò che accade perché a volte bisogna alzare i giri del motore per far comprendere alla squadra determinate cose. La verità sul fatto che non si vinca tanto con le grandi è figlia di questa cosa. La Roma contro le medio-piccole si comporta in un determinato modo, le attacca altissime e non le fa respirare. Quando incontra una big tende ad abbassarsi e su questa cosa mi ero anche confrontato col mister. Se la Roma si fosse comportata allo stesso modo anche con le grandi, credo che avrebbe potuto veramente puntare a obiettivi più importanti. Invece il baricentro si sposta di almeno 20-25 metri e la squadra va in difficoltà. Se tu rubi il pallone in posizioni avanzate con giocatori come Pedro, Mkhitaryan, Pellegrini, Dzeko o Veretout soffochi l’avversario e fai gol. Se subisci e ti porti via 60 metri di campo non sei nemmeno bravo a difendere perché hai giocatori prettamente offensivi e bravi nel fraseggio. Secondo me l’aspetto principale è questo: nelle partite che contano la Roma tende ad abbassarsi. Se il mister ha provato a cambiare questo aspetto e non è stato ascoltato, questo non so dirlo".

Fonseca, Allegri e Sarri: dal punto di vista della potenzialità, qual è l’allenatore idoneo per questa Roma?
"Se la Roma facesse questo step in avanti non avrebbe problemi a sostituire l’allenatore. Credo che Fonseca sia un ottimo allenatore. D’altro canto Allegri e Sarri hanno vinto gli ultimi due scudetti, sono due certezze. Quale sarebbe il più adatto? Bisogna capire come si vuole giocare: Sarri ha fatto sempre la difesa a 4, dovresti reimpostare l’aspetto difensivo. Anche Allegri predilige la difesa a 4 nonostante abbia giocato a 3. È fondamentale capire su quali giocatori basarsi e in base a quello trovare l’allenatore funzionale".

Sulle critiche dovute all'acquisto di Villar.
"Non guardo tanto i giornali per evitare di innervosirmi perché non ci sono critiche costruttive. Io non mi spavento, ho sempre fatto delle operazioni su giocatori sconosciuti, anche se a Roma era più difficile farlo. Quando dicevo che Villar poteva essere un futuro pilastro ci credevo e sapevo che a Fonseca sarebbe piaciuto tantissimo. Infatti anche il mister mi disse di prenderlo. Delle critiche me ne sono fregato: se non hai il coraggio di fare queste cose, diventi un direttore sportivo che si basa solo sui nomi. Io mi sono sempre basato sulle scommesse perché non potevo contare su tantissimi soldi".

Qual è l’acquisto di cui va più fiero?
"Per come è arrivato Villar, era un perfetto sconosciuto. Non ci sono squadre che hanno fatto un’operazione come la mia, di solito quelli di categorie inferiori li girano in prestito. Villar ha una grande intelligenza, è riuscito a tenere botta alle pressioni di Roma, anche se da un certo punto di vista la mancanza di tifo un po’ ha falsato il campionato. Proprio in merito a questo io mi ero arrabbiato contro il Sassuolo: c’è gente che fa tanti sacrifici e viene in curva lo stesso, non potevo non far leva sui sacrifici che molti tifosi fanno per seguire la propria squadra. Se dopo 20′ stiamo sotto 3-0 e non ci stiamo capendo niente anche a me sale il sangue in testa. A volte serve uno scossone di quel tipo, mi sembrava la cosa giusta da fare in quel momento. L’ho fatto nel Pisa e nel Torino ma non è che Petrachi entra nello spogliatoio tutte le volte e toglie la parola all’allenatore. Non sia mai, l’allenatore è quello che gestisce determinate cose. Io non ho mai scavalcato nessuno, anche perché non sono entrato nell’aspetto tecnico".

Come sono andate le cose con Conte?
"Su questo tema mi asterrei perché non credo sia giusto parlarne".

Ha provato a portarlo a Roma?
"Con Conte siamo cresciuti insieme calcisticamente, in più era anche un allenatore disoccupato. Tutto poteva accadere".

La sensazione è che a Roma servano persone come Conte…
"Servono nei club a prescindere. Se la Roma non vince qualcosa di importante da tantissimi anni qualcosa dovrà domandarsi. Non si vince con le figurine, ma strutturando una società, cercando di far remare tutti dalla stessa parte. Bisogna essere dei cani affamati, altrimenti non si vince. La storia dice che Conte è stato determinante nella ricostruzione della Juventus".

Mancini, Ibanez, Villar, Veretout, Pellegrini e Zaniolo. La Roma dovrà fare ancora delle plusvalenze per salvaguardare il bilancio?
"Se i Friedkin non mettono i soldi sì. Con i debiti regressi che c’erano bisogna fare plusvalenze a meno di una ricapitalizzazione. I nomi che tu hai citato sono vendibilissimi, il problema vero c’è quando non ci sono giocatori da vendere".

Ritiene che facendo sette vittorie e un pareggio nelle ultime dieci partite si possa agguantare il quarto posto?
"Non sto più vedendo quell’unione di intenti che si era creata qualche tempo fa. È solo una mia sensazione, ma ho paura che si stia già pensando al prossimo futuro. Ora si mette in discussione l’allenatore, queste cose destabilizzano. Mi sembra che la squadra abbia perso delle certezze, ma mi auguro che la Roma faccia bene. Sarei il primo a esserne contento perché più la Roma farà bene, più c’è la bontà del lavoro del sottoscritto. Vedo la squadra in fase calante, spero di sbagliarmi e che continui a lottare fino in fondo per qualcosa di importante".

Il suo futuro?
"Petrachi a breve ripartirà in maniera importante. Magari le strade si incroceranno più avanti, non voglio pensare che la storia sia finita".

Petrachi difendeva la Roma e la romanità. Lo ha fatto anche durante il mercato, con un giocatore che si già era promesso all’Inter.
"Vorrei spezzare una lancia in favore di Dzeko, perché posso garantire che alla Roma ci ha sempre tenuto. Quando gli chiesi di rimanere il ragazzo lo ha fatto più che volentieri. A volte ha subìto anche delle critiche, ma ha patito tante cose nell’ultimo anno. È una persona molto sensibile, ma vi posso garantire che ci tiene troppo. Credo che abbia vissuto male un distacco dalla Roma che non è mai avvenuto. Ha dimostrato con i fatti di essere un ragazzo strepitoso e gli auguro di segnare a valanga perché se lo merita. Roma non è la succursale di nessuno".