Palmieri: "Devo pensare a tornare al 100%. Per ora vado a 50 mentre gli altri vanno a 1.000. La Nazionale? Penso solo all'Italia"
Emerson Palmieri è stato intervistato da ultimouomo.com. Queste le sue dichiarazioni:
Cosa ti ha detto Totti il giorno del suo addio al calcio?
«Sei giovane, sei forte. Hai il futuro davanti. Il momento in cui Totti si ferma a parlare con me lo porto nel mio cuore. È una di quelle cose che potrò raccontare ai miei figli e ai miei nipoti: la fortuna di aver giocato con Totti e di aver trascorso quel giorno con lui».
L'infortunio?
«Il momento più difficile della mia carriera, dopo la partita con il Porto. Quando ho fatto il contrasto ho sentito un dolore che non so neanche spiegare. Mi sono reso subito conto che era grave. Appena ho fatto quel movimento».
L'arrivo in Italia:
«Non me lo aspettavo. Avevo da poco rinnovato il contratto, sembrava che la società volesse puntare su di me, contavo sul fatto che col tempo sarei diventato titolare. Più che a livello tecnico è stato difficile a livello umano: uno spogliatoio diverso, cultura diversa, senza brasiliani. Sono diventato amico dell’unico portoghese in squadra, Joao Silva, che mi ha aiutato. Però è stato davvero pesante».
Roma-Palermo ti ha cambiato la vita?
«Senza quella partita a quest’ora non sarei qui. Nessuno lo sa ma prima di quella partita ho passato tante cose. Mi sono fatto male alla caviglia e sono rimasto fuori due mesi e e mezzo. Tutti mi dicevano che non sarei riuscito a giocare quella partita. Ma volevo giocare a tutti i costi e ho fatto delle infiltrazioni per esserci e ho fatto bene perché quella partita ha cambiato tutto».
Cessione a un passo:
"Ho commesso un errore grave: è importante che lo riconosca. In quel momento (dopo Roma-Spezia ndr) tutti mi dicevano che non potevo giocare nella Roma, così mi sono seduto con Spalletti per decidere il mio futuro. Il mercato era aperto e magari potevo andare in prestito da qualche parte. Ma col mister abbiamo deciso che sarei rimasto per dimostrare il mio valore».
La consacrazione nel derby:
«Quando cominci a giocare, prendi fiducia, ne giochi 5-6 di fila, è normale che le cose iniziano a uscire. È stata una delle mie migliori partite. Marcavo Felipe Anderson che conosco da tanto tempo, abbiamo fatto le giovanili del Santos insieme e sono riuscito a marcarlo bene»
I suoi gol... o quasi:
«(Villarreal-Roma ndr) Sono avanzato, avevo la palla sul destro ma non avevo nessuno a cui passarla quindi ho tirato. Contro il Sassuolo era più difficile. Era un cross di Radja e la palla rimbalzava, dovevo tirare ma pensavo di mandare la palla fra i tifosi, e invece appena ho calciato ho sentito che mi era uscita bene, ho pensato “mamma mia che gol”, e invece ho preso la traversa».
La sua dieta:
«Ho eliminato la coca-cola e il cibo da fast food che mi concedevo dopo le partite. Ho cominciato a pensare che la preparazione della partita della domenica comincia il lunedì».
Le richieste di Di Francesco:
«Sì, è vero, il mister insiste molto per giocare sugli esterni. Quando abbiamo giocato contro il suo Sassuolo era difficile difendere sulle fasce. Lui mi è molto vicino, mi aiuta e mi spiega cosa vuole da me: dare ampiezza, offrire sempre un’opzione in più in attacco, ma senza perdere di vista la fase difensiva».
Emigrare a destra visto Kolarov terzino sinistro?
«A destra mi trovo bene. Ho giocato lì contro Palermo, Empoli e Milan, e mi sono sentito bene, penso di aver giocato bene»
Il suo calcio:
«A me piace giocare semplice, veloce, leggero. Dare la palla, muovermi, sempre a uno o due tocchi. Il dribbling è la mia caratteristica migliore. Specie dopo aver dribblato il primo giocatore sento di aver preso velocità e mi sento bene, sento di essere difficile da fermare».
L'adattamento col compagno di fascia:
«A El Shaarawy piace scambiare la palla, fare uno-due. Mentre quando gioca Perotti non devi fare sempre la sovrapposizione e a volte è meglio lasciare lui da solo a fare uno-contro-uno».
Un suo limite:
«Mi dicevo sempre che dovevo provarci di più. Per me la cosa più importante è che la squadra non prenda gol per colpa mia. Per questo do il 100% in difesa, e poi in attacco devo pensare a fare sempre qualcosa di diverso dagli altri. Non posso limitarmi a fare cose scolastiche, tanto per farle».
La fase difensiva:
«È solo una questione di lavoro. In Brasile si lavora meno sulla fase difensiva, ma in Europa si può imparare velocemente»
Dove migliorare?
«Devo pensare a tornare al 100%, e solo dopo posso pensare a cosa migliorare»
Cosa è cambiato da quando sei tornato ad allenarti rispetto a prima?
«La precisione tecnica col pallone non mi preoccupa, non ho sentito nessuna differenza al rientro. Fisicamente è ovvio che non sono ancora al 100%, mi sembra di andare a cinquanta mentre gli altri vanno a mille. Però è normale. L’unica cosa è che sento ancora un po’ di timore quando vado nei contrasti, ma anche quello è normale».
La Nazionale?
«Ora penso solo alla Nazionale italiana. Penso che un uomo deve avere solo una parola. Ci ho pensato tanto a questa decisione, quattro mesi, e quando ho detto che avrei voluto giocare per la Nazionale italiana ho dato la mia parola, e voglio arrivare fino alla fine con questa parola».
I consigli di Strootman e Florenzi:
«Mi dicono di non fare le cose di fretta e di tornare quando mi sento bene».