Bonanni: "Di Francesco non è un integralista, la sua qualità migliore è l'equilibrio"
Massimo Bonanni, ex giallorosso e match winner di una partita tra Crotone e Pescara - con Di Francesco in panchina - nel 2010 è stato intervistato per l'AS Roma Match Program: “Ricordo benissimo quella gara, furono tre punti importanti che ci diedero convinzione. Io feci un bel gol, ma soprattutto vincemmo. Quel risultato diede ancora più forza al gioco proposto dal tecnico”.
Che ricordi ha di Di Francesco allenatore del Pescara?
“Il mister è un professionista esemplare, preparato sotto tutti gli aspetti. Con lui ottenemmo una promozione in Serie B e nel campionato successivo sfiorammo i play-off per la Serie A. Eravamo una squadra organizzata, ma soprattutto eravamo una squadra che sapeva adattarsi a tante situazioni di gioco”.
Altra dichiarazione che testimonia quanto Eusebio non sia l’integralista che viene dipinto da alcuni.
“So che talvolta è stato definito integralista, ma non è assolutamente vero. Chi lo critica per questo non conosce la sua storia. Lui quando subentrò a Pescara si adattò ai giocatori che trovò in quel contesto. Giocavamo con il 4-4-2 e non cambiò sistema di gioco. Cercò semplicemente di modulare le sue idee a quello schieramento. E ci riuscì in pieno. Non a caso nell’estate del 2011 fu cercato dal Lecce per allenare in Serie A. Il suo lavoro non passò inosservato”.
Quale fu allora la sua qualità migliore?
“L’equilibrio. Sa perché dico l’equilibrio? Perché Pescara non è affatto una piazza semplice dal punto di vista ambientale. È molto esigente e la critica ti soffia sempre dietro se sbagli una partita. Lui riuscì a rimanere sereno, senza abbassare mai la guardia”.
Beh, anche a Roma l’ambiente non è sempre facile.
“Infatti Pescara ricorda Roma da questo punto di vista. E il mister sta dimostrando anche oggi piena consapevolezza delle sue idee. Ma ha un grande punto a suo favore, un fattore che non viene mai sottolineato a dovere”.
Ovvero?
“Il suo staff tecnico. Di Francesco si è contornato in questi anni di persone competenti e capaci. Dal preparatore atletico – con cui mi sento spesso – al secondo allenatore, passando per tutti gli altri. Sanno lavorare in gruppo e sul campo si vede”.
Un passo indietro: lei nel gennaio 2005 stava per tornare alla Roma dopo un’ottima prima parte di stagione al Vicenza in B. Poi che successe?
“Tutto vero. Il grande avvio di campionato con il Vicenza convinse Delneri a riportarmi nella Capitale. All’epoca, era lui l’allenatore giallorossso. E la società si mise in moto per accontentare la richiesta del suo tecnico. Verso la metà del mese di gennaio, ebbi un colloquio telefonico con alcuni dirigenti romanisti che mi ribadirono la volontà di prendermi, ma non per il mercato invernale. In quel momento si giocava con il 4-3-3 e in avanti c’erano Totti, Montella e Cassano più Mancini che faceva la mezzala. Non c’era posto per me, era meglio finire la stagione a Vicenza”.
Però poi Delneri si dimise a marzo.
“Già, e quel fatto incise pure sul mio futuro perché poi Delneri l’estate successiva andò a Palermo e richiese espressamente a Zamparini il mio acquisto. Fui lusingato e accettai di andare in rosanero. La Roma, che mi aveva riscattato dalla comproprietà poco tempo prima, decise di lasciarmi andare via a titolo definitivo. Ma non rimpiango nulla, quella di andare in Sicilia fu una scelta azzeccata, anche se l’esperienza rosanero durò poco. Sbagliai un’altra valutazione, sempre in quella stagione”.
Quale?
“Sbagliai ad andare alla Lazio a gennaio. Ecco, quella scelta non la rifarei. Non ho mai nascosto la mia fede biancoceleste, quindi all’epoca il passaggio mi rese felice, però in quella circostanza non trovai la squadra ideale per le mie caratteristiche. E con Delio Rossi non riuscii a instaurare un ottimo rapporto. Tanto che l’anno successivo preferii la Sampdoria”.
Oggi ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e di allenare.
“Sì, è un lavoro che mi appassiona sempre di più. Per ora guido gli Allievi Elite dell’Ostiamare. Sono tornato nel mio quartiere, da dove avevo iniziato la carriera. Lì mossi i primi passi da calciatore insieme a Daniele De Rossi. Avevamo 14/15 anni, poi ci prese la Roma. E ora cerco di trasmettere le mie idee ai giovani. Il calcio è questo. La vita è questa”.