Media House, la trasformazione digitale dei modelli di business
"Quando la sera del 10 aprile 2018 la Roma ha annientato il Barcellona, con un 3-0 che ha ribaltato il risultato dell’andata, dopo un tweet semplice quanto genuino e istintivo, la magica notte giallorossa, dal campo, si è spostata sui social, rappresentando la perfetta sintesi di un lavoro e di un tone of voice che il club ha scelto per comunicare con la sua fanbase. Un lavoro, quello della società capitolina, che non iniziava di certo in quel momento, che era solo il punto più visibile di una organizzazione ben più strutturata, come sottolineava, già nel 2014 e con grande orgoglio, Guido Fienga: «Un Media Center così non ce l’ha nessuno. Neanche il Manchester». Con queste parole, l’allora Head of Strategy & Media, e attuale CEO, presentava alla stampa e agli sponsor i nuovissimi studi di Trigoria e una piattaforma che aggregava radio, tv e social media, unica nel suo genere. [...]".
Questo l'inizio del caso studio inerente il Media Center della Roma, analizzato nel nuovo libro di Michele Bosco, in libreria e online dal 5 novembre, dedicato alla Media House, la struttura ibrida – con competenze trasversali – di cui si stanno dotando le aziende più evolute per farsi broadcaster, media ed editori, per intrattenere, informare, formare ed educare i propri target, con l’obiettivo di instaurare con essi delle relazioni profonde e individuali, conquistandone i dati, la fiducia e la fedeltà per generare occasioni commerciali.
Partendo dalle evoluzioni della comunicazione e dalla crisi dell’informazione – in un testo che ha i tratti del reportage, segnato da un dettagliato lavoro di ricerca che nasce da articoli scritti durante la propria carriera, e che prosegue attraverso fonti, citazioni e l’analisi di specifici contenuti e casi studio a supporto delle idee che propone –, l’autore arriva a spiegare le opportunità del brand journalism come strategia di marketing e il nuovo ruolo delle aziende nello scenario informativo, per colmare i vuoti di fiducia generati da media e politica. La trasformazione digitale, infatti, ha cambiato le abitudini delle persone e abilitato nuovi comportamenti, evolvendo gli stessi processi di comunicazione e informazione, che ormai convivono con opinione e narrazione. I lettori, gli utenti e i clienti, a propria volta, sempre più egocentrici e protagonisti, non si limitano più a leggere, osservare, scegliere ed acquistare, vogliono partecipare. I modelli di business, di conseguenza, vanno ripensati, con brand e newsbrand chiamati a pianificare nuove esperienze per coinvolgere le persone e catturarne l’attenzione.
«Da molti anni, sul mio magazine ma anche su altre riviste, blog e testate, scrivo di giornalismo aziendale e non solo. Il mio percorso professionale, che nasce nello sport marketing ma che si sviluppa attraverso esperienze dirette e grazie al contatto e alla contaminazione con numerosi professionisti di media, agenzie e aziende di differenti settori e dimensioni, mi ha portato a conoscere da vicino e ad elaborare i molteplici aspetti di cui si compone, oggi, un nuovo modo di pensare che è alla base del libro – che annovera una sitografia/bibliografia di più di 150 fonti – e di tutti i casi studio che ho analizzato, tra i quali Eni Media House rappresenta di sicuro l’esempio più tangibile e del quale, per questo, ho voluto approfondire strutture, organizzazione, approccio, metodo, valori, identità e capacità di relazione con le audience di riferimento, fino alle modalità di produzione e distribuzione dei contenuti e alla gestione delle piattaforme e dei dati, per rimarcare i processi ottimali e le risorse essenziali per puntare all’omnicanalità. Un aspetto, quest’ultimo, che mi ha aiutato anche a dimostrare l’assunto secondo cui, questa traiettoria evolutiva, porta il mondo della comunicazione aziendale a sovrapporsi a quello degli organi d’informazione in molti punti, per la stessa esigenza di attenzione da parte della gente», sottolinea l'autore.
Con ‘Media House’ (Dario Flaccovio Editore, dal 5 novembre in libreria e online, con la prefazione di Giuliano Giorgetti, la postfazione di Corrado Paolucci e il prezioso intervento di professionisti tra i quali Guido Vaciago di TuttoSport e Federico Ferrazza di Wired), inoltre, Michele Bosco, che esamina anche varie eccellenze legate al brand entertainment e alla brand religion (tra cui, appunto, anche alcuni casi studio dell’industria dello sport – come quelli di Inter, Juventus, Roma, Bayern Monaco, Real Madrid e Chelsea – ai quali, oltre alla prefazione dell’attuale Head of Digital Content della Fifa, si aggiungono anche i contributi di Goffredo D’Onofrio, Emanuela Perinetti e Luigi Di Maso, che ha intervistato Riccardo Nasuti della Fiorentina e Abel Vilà del Barcellona), menziona giornalisti, comunicatori e importanti studi accademici – tra cui quelli del Prof. Piero Dominici, che già dagli anni ’90 indaga il tema della complessità –, per evidenziare i percorsi formativi ormai indispensabili – superando la dicotomia tra studi umanistici e scientifici, e, anzi, imparando ad abitarne i confini – per chi vuole occuparsi, nella società interconnessa, iperconnessa e ipertecnologica, di informare e di comunicare il sapere e il saper fare.
L’autore
Specializzato in sport marketing, con esperienze in società sportive, aziende e agenzie, Michele Bosco si occupa di comunicazione digitale ed è tra i primi in Italia a scrivere di brand journalism, anticipando una visione sempre più attuale negli scenari di business.