Legrottaglie: "Oggi l'Italia non ha giocatori come Totti, Vieri o Del Piero". AUDIO!
L'ex difensore Nicola Legrottaglie, oggi allenatore, parla così a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio:
Italia ai playoff per il Mondiale?
"Trovare una singola motivazione è difficile, la situazione è inaspettata e penso anche per gli stessi calciatori. Non penso ad un problema fisico, semmai all'assenza di quei tre-quattro calciatori che quando vengono a mancare si sente la differenza. Lacune in alcuni settori, poi, le abbiamo sempre avute, anche agli Europei: lì però le ha mascherate benissimo. Le difficoltà dell'Italia non mi sorprendono, non abbiamo una squadra di fenomeni e gente come Chiellini, Verratti e Immobile devono esserci per forza. Non farei comunque drammi, la Svizzera ha sorpreso un po' tutti e non avremmo meritato di vincere a Roma".
Più vicino un Mondiale mancato che l'Europeo vinto alla fotografia dello stato di salute del calcio italiano?
"La ristrutturazione è avvenuta, sono anni che proviamo a portare novità, anche a livello comunicativo. Ci sono allenatori vincenti ma che sono presi di mira perché hanno idee poco innovative, con i giovani si cercano proposte nuove, magari più europee e internazionali. Secondo me siamo al passo, ma c'è bisogno di tempo per poter creare il talento che serve a quel livello. L'Italia ha meritato di vincere l'Europeo, ma è stato anche grazie al demerito di chi era più forte, come Francia o Belgio. Creando l'alchimia puoi vincere ma non è detto che debba succedere sempre. Speriamo vengano fuori talenti di livello più alto".
Più preoccupato per gli attaccanti o per i difensori del futuro in ottica Nazionale?
"In Italia siamo sempre stati bravi nel tirare fuori buoni difensori perché sappiamo insegnarlo tatticamente, abbiamo allenatori che si soffermano di più su certi particolari che gli altri sottovalutano. Mi preoccupa semmai l'attacco, ci sono ottimi giocatori ma non quelli che sai che ti faranno vincere partite e competizioni. Non vedo un fiore all'occhiello per l'Italia, il Totti, Vieri o Del Piero di turno oggi non c'è. Proviamo a spingere qualche giovane...".
Qualcuno ha il posto troppo assicurato?
"Sono d'accordo, eppure in ogni nuova convocazione di Mancini ci sono dei debuttanti. Per me per esempio arrivare in Nazionale era complicato: eravamo in tanti, ce n'era di gente davanti. Dovevi fare un grande campionato e tenere per tempo quel livello... Sono cambiati i tempi e le dinamiche. Comunque in Nazionale c'è un'idea e una visione, sono fiducioso ma dobbiamo considerare che sulla carta non siamo più forti degli altri".
Quanto le fa piacere sapere che Chiellini ha imparato da lei e Cannavaro?
"Molto. Come esseri umani diamo il meglio di noi quando ci sentiamo celebrati e la stima addosso. Per me è importante questo principio. Quando ho conosciuto Giorgio, era evidente che avesse delle caratteristiche troppo predominanti su alcuni aspetti, su tutti quello fisico e di presenza in campo. Si sentiva. Ho iniziato a fargli capire che in quel ruolo poteva fare davvero la differenza, penso si riferisse a questo: Deschamps lo provò centrale una partita, lo vidi e poi spinsi perché giocasse sempre lì. Mi ero accorto di cosa ero capace, gli ho spiegato qualche piccolo segreto del mestiere".
Le difficoltà della Juventus sono figlie degli ultimi due anni?
"Un mio principio è che le cose non accadano da un giorno all'altro: se vivi o subisci determinate cose, è perché le avevi dentro e te le stavi portando dietro da tempo. Negli ultimi anni si è pagata poca chiarezza nella visione delle scelte tecniche, questa appare anche agli occhi dei giocatori. Ora serve tempo per rimettersi nella giusta direzione: Allegri non ha la bacchetta magica ma sono convinto che la Juventus sia così strutturata che non avrà difficoltà a stare nei primi posti. Per lo Scudetto direi che la vedo dura, ma è sicuramente candidata al quarto posto".
Un giudizio su Pioli al Milan.
"Bene, e non è l'unico: vorrei dare merito anche alla società e quanto ha saputo costruire negli anni nonostante difficoltà iniziali e titubanze con critiche annesse. Hanno veramente un progetto, si vede chiara la mano di qualcuno che voleva proprio ciò che stanno vivendo oggi. Per me il Milan è la grande favorita per vincere questo scudetto".
Come spiegare i continui problemi del Cagliari?
"Ho conosciuto un contesto in cui si sta benissimo, si vive da dio. Però ho notato sia pregi che difetti: Cagliari è bella ma nasconde difficoltà culturali che condizionano anche chi vuole fare calcio e creare un'azienda. Lì bisogna andare ad analizzare a 360 gradi i motivi per cui anche quando sono state costruite belle squadre, non hanno reso al meglio. Quanto gli addetti ai lavori sono stimati dal contesto e quanto si sentono stimati e amati in Sardegna? Il problema non è solo di allenatori, giocatori e dirigenza ma anche di cultura e del posto".
A Catania si naviga a vista.
"La realtà purtroppo è negativissima, in un ambiente che ho amato e in cui mi sono sentito amato. Ancora oggi è così. Brutto vederli lì, non voglio essere un profeta negativo ma per come stanno andando le cose non vedo buone speranze. Ci sono ostacoli da superare: spero e mi auguro in qualcuno che abbia idee, soldi e risorse e prenda a cuore le sorti di quella realtà".