Ettore Viola: "Tutto quello che non sapete su papà Dino"
Ettore Viola, figlio dell'ex presidente della Roma, Dino, ha rilasciato un'intervista a tuttoasroma.it. Queste le sue dichiarazioni.
Buonasera Avvocato, i tifosi della Roma sono legatissimi alla sua Famiglia e tutti noi ricordiamo con affetto e gratitudine il grande Presidente. Ci vuole raccontare qualche aneddoto dell’Ingegnere?
“Raccontare la vita imprenditoriale e sportiva di mio padre sicuramente non è facile, di ricordi ne ho un’infinità, tante verità mai uscite”.
Verità mai uscite? Avvocato Lei mi mette in curiosità…
“Mio padre ha fatto tutta una vita da imprenditore per inseguire un sogno, è venuto a Roma all’età di 11 anni e ci raccontava che un giorno vedendo i tifosi della Roma festanti verso lo stadio lui ci si è unito la prima volta e da li è nato l’amore per la Roma. Un percorso difficile perché diventare presidente della Roma è il coronamento di un sogno, mio padre è stato vicepresidente con Evangelisti, Marchini, Anzalone, quindi una vita che lui ha speso per capire il fenomeno calcio, cosa fosse il tifo della Roma e quindi coronare un sogno da imprenditore. Riuscirci e vincere quello che ha vinto mio padre in 11 anni di presidenza, avere l’orgoglio di non vendere a nessuno la Roma e tenerla fino all’ultimo giorno secondo me è un impresa importante, mio padre c’è riuscito, avrebbe potuto vincere molto di più”.
Ma non glielo hanno permesso…
“Evidentemente in quel momento politico non era facile come pure gareggiare con la Fiat dei tempi d’oro, con la famiglia Agnelli è stato motivo di orgoglio e di dimostrare anche a Roma forse il primo vero scudetto della storia giallorossa che vincere a Roma si poteva, abbiamo sfiorato una finale di Coppa dei Campioni una finale di Coppa UEFA, 5 Coppe Italia e tante altre soddisfazioni. Evidentemente quello che mio padre avrebbe maggiormente desiderato era lo stadio per la Roma e con il sindaco Petroselli si poteva realizzare. Adesso se ne riparla, ma probabilmente se Petroselli sindaco, non di destra ma di sinistra, fosse rimasto un pochino di più in vita mio padre ci sarebbe riuscito ed avere il coronamento di una casa definitiva per la Roma sarebbe stata la realizzazione di un grande sogno. Ovviamente un sogno fine a se stesso perché mio padre non aveva quantomeno i terreni né era costruttore edile, però sarebbe stata una grande soddisfazione”.
Quando all’Ingegner Viola venne l’idea dello stadio, che peraltro io vidi in un plastico, si è scontrato con la politica, con quella marmaglia che tutto chiedeva e niente dava. Alla fine si è sentito demoralizzato, forse non ce la faceva più a scontrarsi con quella gente?
“Ricordiamoci che mio padre per lo stadio di proprietà della Roma aveva stanziato, attraverso tutta una serie di sponsor e di passaggi per Italia '90, 70 miliardi delle vecchie lire. Credo il rifacimento dello stadio Olimpico sia costato 250 miliardi, evidentemente si è preferito spendere soldi pubblici anziché far coronare un sogno ad un imprenditore, non costruttore e tantomeno proprietario di terreni, che costava zero per la collettività e per i tifosi della Roma. Eravamo nella prima repubblica, non credo che nella seconda sia cambiato granché”.
Forse neanche nella terza…
“Si forse neanche nella terza, perché l’italiano perde il pelo ma… ”.
Avvocato è vero che lui soffrì molto quando dovette cedere Ancelotti?
“No, la storia poi dice sempre la verità alla fine. Non è che mio padre dovette cedere Ancelotti, Carlo Ancelotti si è ceduto da solo, perché ci fu un blitz di Adriano Galliani che praticamente lo andò a prendere ad Olbia e lo portò a Milano. Gli fece sottoscrivere un contratto triennale da 600 milioni annui e poi fu Ancelotti a convincere mio padre che era il momento di cederlo al Milan perché l’ingaggio era un ingaggio importante e Carlo aveva paura che le ginocchia non gli potessero reggere, per cui facendo piangere mio padre lui lo autorizzò a cederlo con molta fatica e con molto rimpianto. Comunque l’affetto per Carlo Ancelotti c’è e ci sarà sempre”.
Come visse il suo papà la finale di Coppa dei Campioni?
“Mio padre sapeva reagire molto meglio, forse, più alle sconfitte che alle vittorie, perché nelle vittorie si isolava con mia madre e spariva, tant’è vero che nell’occasione dello scudetto mio padre era sparito. Non andò tantomeno al concerto di Venditti, noi sapevamo perfettamente dov’era, però preferiva isolarsi, mentre invece nelle sconfitte era il primo che sapeva reagire. Come è noto a tutti, dopo un mese da quella batosta incredibile, mezza rubata dall’arbitro e da un certo potere dominante, che non avrebbe avuto grande piacere che noi vincessimo la Coppa dei Campioni, reagimmo talmente bene che andammo a vincere la finale di Coppa Italia. Grande orgoglio e grande voglia di rilanciarsi”.