Coco: "Luis Enrique è un combattente con le idee chiare. Farà sicuramente bene"
Ora che Luis Enrique è il nuovo allenatore della Roma, la redazione del sito LaRoma.net ha intervistato un ex giocatore che con il tecnico spagnolo ci ha giocato assieme negli anni del Barcellona, Francesco Coco. “Come giocatore - ha dichiarato l’ex calciatore di Inter e Milan - c’è poco da dire, è conosciuto da tutti. Tra le tante caratteristica una lo distingueva dalla massa…"
Ovvero?!?
“Essere polivalente. Quando giocavo al Barcellona gli ho visto fare tutti i ruoli e questo lo rendeva speciale. A parte il ruolo del portiere poteva rivestire tutti gli altri, riuscendo sempre a giocare ad altissimi livelli. In particolare ricordo quando in una partita partì come terzino destro per poi passare nella posizione di attaccante. Quella gara la vincemmo 2-1 proprio grazie ad una sua doppietta. Ripeto era un giocatore completo con un’intelligenza tattica fuori dal comune”.
Anche lui, quindi, rientra nella categoria degli “allenatori in campo”…
“Quando giocava si vedeva che era un calciatore che capiva il calcio e che conosceva il significato del “sapere stare in campo”. Credo che anche nei panni di allenatore potrà esprimere quello che sul terreno di gioco gli veniva in maniera naturale. Per uno come lui è normale fare l’allenatore”.
Però è un tecnico con poca esperienza… Crede che pagherà il salto di campionato?!?
“Io spero di no. La differenza tra il nostro calcio e quello spagnolo è enorme. Non tanto dal punto di vista del gioco, ma quanto al fattore “ambiente”. Da noi non si è pazienti e non si dà tempo ad un allenatore di costruire un progetto duraturo con delle basi solide. In Spagna questo avviene e l’abbiamo visto. Luis Enrique ha la stessa “inesperienza” di Guardiola quando divenne tecnico del Barcellona. Però la storia ci dice che quest'ultimo è riuscito lo stesso a creare qualcosa di importante, come probabilmente non è riuscito mai a nessun altro allenatore. Luis Enrique ha molte caratteristiche in comune con Guardiola, entrambi quando giocavano erano dei veri e propri “professori in campo”. Quindi è del tutto naturale che siano finiti a fare gli allenatori. Ripeto che Luis ha tutte le carte in regola per poter fare bene questo mestiere, a partire dalla personalità".
Ecco, parliamo della persona.
“E’ molto concreto e sicuro di sé. Un combattente che ha le idee molto chiare. Sicuramente vuole e farà bene. Credo che lui deve avere l’intelligenza di capire dove sta andando e, allo stesso tempo, l’ambiente di Roma deve dargli spazio e tempo per poter esprimersi e creare il suo gioco”.
Si dice che sia una persona molto chiusa…
“No, non è cosi. Senza dubbio è una persona molto seria, un ragazzo molto cordiale e intelligente che sa dare la giusta confidenza. Sa esattamente capire chi ha davanti e di conseguenza sa come comportarsi”.
Che gioco porterà a Roma?
“Sono molto curioso. Credo che porterà la filosofia del Barcellona dove è cresciuto. Io spero che possa riuscirci perché il nostro campionato ha bisogno di una squadra che esprima un simile gioco. Chissà che non possa aprire un nuovo corso, magari copiato da altri allenatori o società. In Italia serve un gioco che diverta, oggi quando guardiamo le partite non ci divertiamo più”
Quindi un gioco offensivo, un 4-3-3 di zemaniana memoria…
“Non è una questione di modulo. Il Barcellona, anche ai miei tempi, è sempre stata definita come squadra “offensiva”, definizione che paradossalmente non risponde al vero. Il Barcellona, a differenza delle squadre italiane, si difende anche in undici. Un Messi o un Pedro che rincorrono un avversario per 15/20 metri, purtroppo, noi non lo vedremo mai. A Barcellona corrono tutti quanti e ogni calciatore sa difendere quando non ha il pallone. Quando il gioco passa nelle mani degli avversari, invece, vanno in sei o sette a pressare per riprendere palla, riuscendo così a rubare spazio e tempo. Il Barcellona è una squadra che si sa difendere anche se, ovviamente, predilige il gioco offensivo, e non potrebbe essere diversamente vista la qualità dei suoi giocatori”.
In questi giorni hai avuto modo di sentirlo?
“No, con lui sono rimasto in contatto per un paio di anni. Dopo di che non ci siamo più sentiti”.
La convince come allenatore?
“Si, anche perché stiamo parlando di una persona che capisce e conosce il calcio. Come ho detto prima anche quando giocava era un “allenatore in campo”, dove lo mettevi riusciva a dare un contributo importante. Per fare questo credo sia fondamentale avere una grande intelligenza calcistica. Sono sicuro che questa caratteristica la aiuterà tantissimo, e poi è una persona vincente, con le idee chiare, convinto di se stesso e dei suoi mezzi. In Italia sono l’ambiente può “rovinare” il suo lavoro, magari non dandogli tempo o non capendo la sua filosofia. Questo perché Luis Enrique porterà a Roma delle innovazioni alle quali in Italia non siamo abituati".
Cioè?
“Lui arriverà per giocare al calcio, arriverà con questa filosofia e la porterà fino in fondo”.
Ma la filosofia del Barca è esportabile in un calcio come il nostro?
“Volere è potere. Certo in alcuni ambienti è più difficile introdurre un’innovazione. In Spagna è una filosofia consolidata che ritroviamo non solo nel Barcellona, ma anche in tutti gli altri club. In Italia sarà più difficile ma non impossibile. Anche da noi si può giocare bene perché abbiamo le potenzialità per esprimere un bel calcio. Siamo latini e dovremmo fare un calcio meno fisico e più tecnico perché ce l’abbiamo nel dna. Servirebbe solo la voglia di farlo”.
Quindi la Roma per Luis Enrique può rappresentare la giusta piazza.
"Secondo me ha trovato l’ambiente giusto, perché la Roma anche con Spalletti ha fatto vedere di essere una squadra capace di giocare un calcio divertente. Anche questo aiuterà Luis, perché troverà un ambiente che è abituato a giocare bene. Potrebbe aver trovato la piazza giusta per esprimere la sua filosofia… e poi viene a vivere a Roma, nella Capitale, in una bella città dove si troverà molto bene".