Burdisso: "In alcuni aspetti mi rivedo in Mancini. Vorrei tornare a lavorare in Italia con De Rossi. La cavalcata con Ranieri è stata favolosa, lo Scudetto sarebbe stato storico"

12.03.2021 15:19 di  Danilo Budite  Twitter:    vedi letture
Burdisso: "In alcuni aspetti mi rivedo in Mancini. Vorrei tornare a lavorare in Italia con De Rossi. La cavalcata con Ranieri è stata favolosa, lo Scudetto sarebbe stato storico"
Vocegiallorossa.it
© foto di Marco Iorio/Image Sport

Nicolas Burdisso è tornato a parlare della sua esperienza giallorossa e della Roma di oggi.

Burdisso a Sky Sport

Cristante e Pellegrini?
"In questi ultimi tempi Cristante sta dimostrando affidabilità in difesa, così come Pellegrini che cambia spesso posizione. I giocatori bisogna saperli aspettare e dargli fiducia".

Cosa significa giocare a Roma?
"Giocare a Roma è stata un'esperienza bellissima, è il posto più argentino in Italia, sia di vivere il calcio che la vita. A Roma serve però più equilibrio".

Il caso Dzeko?
"Fonseca e la società hanno saputo gestirlo bene, non era facile".

La Roma ha una dimensione europea?
"Fonseca è un allenatore molto europeo. Io credo molto nel cambiamento del calcio italiano verso un gioco più propositivo e audace".

Il ritorno di El Sharawy?
"È stata una cosa bella. Portare giocatori che hanno un feeling con la piazza e hanno già fatto bene a Roma  aiuta molto".

Ti rivedi in Mancini?
"Lui mi piace molto. Quest'anno è cresciuto molto, un difensore aggressivo come lui deve avere feeling con la piazza. In alcuni aspetti mi ci rivedo".

Il tuo futuro?
"Continuo a preparami, voglio continuare a lavorare nella gestione sportiva. Credo moltissimo nei progetti e nella pianificazione".

Burdisso a Fanpage

14 anni in Serie A non si cancellano facilmente…
"Sono tanti, certo. Ma soprattutto mi hanno ricordato poco fa che nessuno ha disputato sia il derby d'Italia, il derby di Milano, il derby di Roma, il derby di Genova e quello di Torino. Questo è il riassunto dei miei anni in Italia, un posto che mi ha lasciato tantissimo ed è una parte di me e nel mio cuore so che tornerò a lavorarci. E quello che mi tengo stretto di questo paese sono le similitudini con la mia Argentina, anche se all'inizio ci ho messo un po' ad abituarmi al tipo di vita italiano".

Con la Roma nella stagione 2009-10 avete sfiorato uno Scudetto storico. E contro l'Inter del Triplete, dalla quale lei veniva in prestito. È stata un'occasione sprecata?
"Non so se sia stata un'occasione sprecata. Semplicemente è andata così. Abbiamo raggiunto la finale di Coppa Italia e abbiamo lottato per lo Scudetto contro l'Inter. E non un'Inter qualsiasi bensì quella del Triplete, l'ultima grande squadra italiana. Personalmente mi piaceva molto affrontare quell'Inter, per una questione di massima competitività e di poter misurarmi contro dei grandissimi calciatori. Di quella stagione però resta una grande cavalcata con mister Ranieri, resta un anno favoloso sotto tanti aspetti ma che purtroppo non siamo riusciti a coronare con uno Scudetto che sarebbe stato storico".

Avrebbe preferito vincere un mondiale con l'Argentina o uno Scudetto con la Roma?
"Ah, non si può paragonare un titolo con una nazionale e uno con una squadra di club. Ma posso dire che vincere un mondiale con l'Argentina o uno Scudetto con la Roma sarebbero state sensazioni indimenticabili. In nazionale ho giocato due quarti di finale dei mondiali e con la Roma ho sfiorato il titolo, ma le sensazioni che trasmetteva la gente in quei momenti erano fantastiche".

Ha giocato con Zanetti e Totti, due capitani storici di Inter e Roma.
"Quello che mi impressionava di entrambi è la loro carica carismatica. Oggi forse si fa più fatica a trovare calciatori come loro due che avevano sempre una parola, un momento o anche solo uno sguardo per farti vedere che erano diversi. Oggi ci stiamo abituando sempre di più a queste macchine, a questi calciatori che segnano, si allenano e vivono in un ambiente molto professionistico. Totti e Zanetti erano di altri tempi perché dopo tanti anni nella stessa squadra riuscivano a trasmettere sentimenti importanti a tutti quelli che erano intorno a loro".

Chi è stato l'attaccante più difficile da marcare?
"Nella prima parte della mia carriera ti direi Shevchenko, Van Nistelrooy e Drogba. Negli ultimi anni invece direi Higuain e Mertens, un altro attaccante fortissimo. Questi due hanno ancora oggi dei movimenti diversi da tutti gli altri".

A Roma lei ha incrociato anche Lorenzo Pellegrini, oggi titolare con Fonseca.
"L'ho conosciuto quando lui giocava nella Primavera e l'ho affrontato quando era al Sassuolo. È un giocatore molto interessante che deve continuare a crescere. Da romano conosce bene l'ambiente e sa gestirlo, ma la sfida più grande per un romano alla Roma è costruire qualcosa per vincere, perché alla fine il calcio si riduce alle vittorie".

Nel tuo passaggio alla Roma hai fatto un'amicizia importantissima come quella con Daniele De Rossi, che poi hai portato al Boca.
"Daniele è una persona molto vicina. Da parte mia c'era moltissima ammirazione per una persona come lui diversa dalle altre. Non ho dubbi che continuerà a fare la storia del calcio italiano. E mi auguro di seguirlo perché abbiamo gli stessi valori, la stessa filosofia di vita dentro e fuori dal campo. Il suo percorso da tecnico sarà pieno di risultati sia in campo sia fuori perché lui è una persona che trascina e trascende quanto accade in campo e questo lo rende diverso dagli altri".

Sta dicendo che le piacerebbe tornare a lavorare con De Rossi in Italia?
"Il desiderio è quello…".

Roma è un po' come Buenos Aires?
"A livello di gente ho sempre pensato che il romano vive e pensa come il porteño (abitante di Buenos Aires). Poi a Roma sono arrivato a 28 anni con la giusta esperienza e condizione fisica e ho fatto due secondi  posti e due finali di Coppa Italia. Significa perciò che bisognerà tornare per vincere quello che si vuole vincere".

Come prosegue la sua formazione da dirigente sportivo?
"Cerco di aggiornarmi sempre su tutto, ma non solo sul campo ma anche a livello di business e martketing. La mia reputazione nel calcio d'élite e la mia personalità lo richiedono. Io so che tornerò in Italia, sto aspettando la proposta giusta dopo aver rifiutato alcuni incarichi in alcune squadre sudamericane perché non mi convinceva il loro progetto sportivo".

Prima di tornare in Italia vorrebbe consigliare qualche giovane argentino di prospettiva?
"Direi Bernabei, Belmonte e Morales del Lanús, Medina e Capaldo del Boca, Julian Alvarez del River Plate e  Vera dell'Argentinos. Però purtroppo in questo momento non vedo nessun calciatore argentino sul quale puntare a occhi chiusi."