L'evoluzione tattica di Francesco Totti

28.05.2017 12:11 di Gabriele Chiocchio Twitter:    vedi letture
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio
L'evoluzione tattica di Francesco Totti
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© foto di Federico De Luca

40 anni, 25 di carriera e tanti numeri che potrebbero essere snocciolati e ammirati all’infinito. Quello che i numeri non raccontano di Francesco Totti (o, quantomeno, raccontano in parte) è l’evoluzione tattica di un campione in grado di fare la differenza in tante zone del campo e con tanti ruoli diversi cucitigli addosso, che lui ha saputo interpretare con una maestria difficilmente pareggiabile.

ESTERNO SINISTRO D’ATTACCO - Se si parla di identità tattica non si può non partire dal 1997, da Zdenek Zeman e dal suo immodificabile 4-3-3. Un modulo all’apparenza poco adatto alle caratteristiche di allora di Totti, ma che gli ha permesso di completare lo sviluppo di caratteristiche importanti come il dribbling e la conclusione in porta. Il numero 10 veniva infatti schierato come esterno sinistro del tridente, a piede dunque invertito per avere tutto l’interno il campo a propria disposizione per sviluppare le proprie idee. Assist per i tagli del centravanti, cambi di gioco e anche movimenti ad attaccare la profondità per calciare: un arsenale perfetto per le qualità di Totti, in grado di segnare 14 e 16 gol nelle due stagioni giocate a 21 e 22 anni.

TREQUARTISTA - Con l’arrivo di Fabio Capello, che al Milan non aveva inventato niente di straordinario proponendo un 4-4-2 tanto quadrato quanto di successo, Francesco Totti ha compiuto un’evoluzione tattica considerata naturale, vale a dire lo spostamento da sinistra al centro, nel ruolo di trequartista alle spalle di due attaccanti. La posizione ideale per far sì che potesse sfruttare il fondamentale a lui più caro, il passaggio in profondità, possibilmente di prima: tra le sue trademark move, oltre al cucchiaio, è in voga ancora oggi la palla a memoria (che per tutti, ma non per lui, sarebbe alla cieca) alle spalle della difesa per il movimento in profondità dell’attaccante. In questa veste, e in pochi lo sottolineano, Totti, ha dato il meglio di sé anche con la maglia azzurra: con Giovanni Trapattoni e Marcello Lippi alla guida tra il 2000 e il 2006, sono in realtà davvero poche le gare in cui non c’è lo zampino del romanista, tra i 9 gol realizzati e i molti tra assist e third-pass di cui hanno beneficiato i vari Christian Vieri, Filippo Inzaghi e Alessandro Del Piero.

PRIMA PUNTA - I gol di Gabriel Omar Batistuta contribuirono in modo determinante alla conquista del titolo di Campioni d’Italia 2000/2001, ma dopo quell’annata la Roma, tra gli infortuni di Vincenzo Montella e le difficoltà sul mercato, non riuscì a reperire un altro centravanti della sua stessa caratura. Capello, allora, decise di risolvere il problema con quello che già aveva: nel 3-5-2 o nel 4-4-2, provò a schierare Totti come prima punta, con Antonio Cassano, ai tempi capace di parlare la stessa lingua calcistica del Capitano, al suo fianco. Un centravanti non certo potente come fisico, ma con tutti i crismi dell’ufficialità del ruolo. Non è quindi un caso che nella stagione 2003/2004 Totti raggiunse quello che allora era il suo record di gol in campionato, 20, segnati in tutti i modi possibili: di potenza (il sinistro al volo a Bologna, la punizione sul campo del Modena), di classe (i pallonetti a Brescia ed Empoli), in spaccata (contro il Lecce), in tuffo e in progressione (contro la Sampdoria). Una completezza disarmante per un prototipo di centravanti moderno.

FALSO 9 - La storia di come Luciano Spalletti trasformò ulteriormente Francesco Totti è ormai leggenda, così come la data del 18 dicembre 2005, quella della sfida sul campo della Sampdoria che sancì l’esordio del 4-1-4-1, poi divenuto 4-2-3-1. Da quel momento in poi non solo lui, ma anche il calcio sarebbe stato destinato a cambiare. Questo non sarebbe potuto accadere con l’Empoli e Martusciello, con cui Spalletti provò in origine questa soluzione, successe invece grazie a Totti, in grado in questo modo di fare un ulteriore salto di qualità e di farlo fare ai compagni, capaci insieme a lui di vincere due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana e di competere fino all’ultimo con l’Inter di Moratti, grazie anche ai 26 gol segnati e alla Scarpa d’Oro della stagione 2006/2007. Una certezza - infortuni a parte - talmente grande che questa versione di Totti è stata messa in campo anche da diversi degli allenatori che sono succeduti a Spalletti, da Ranieri a Luis Enrique, da Andreazzoli a Garcia. Una coperta di Linus in grado di dare calore a squadre che, spesso, di certezze ne hanno avute poche. A volte, una sola.