Dzeko: "Dovrei essere più cattivo? Mi impegno per farlo ma non posso cambiare a 30 anni. Io e la Roma ci siamo capiti"

26.11.2016 08:20 di  Simone Ducci  Twitter:    vedi letture
Fonte: Corriere della Sera
Dzeko: "Dovrei essere più cattivo? Mi impegno per farlo ma non posso cambiare a 30 anni. Io e la Roma ci siamo capiti"
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© foto di Federico Gaetano

L'attaccante bosniaco Edin Dzeko ha rilasciato un'intervista ai microfoni del Corriere della Sera. Di seguito ve ne proponiamo uno stralcio.

È Edin Dzeko che ha capito Roma o è Roma che ha capito Edin Dzeko?
«Tutte e due le cose. Sono arrivato da un altro Paese e da un campionato differente. Forse avevo bisogno di tempo, ma adesso ho imparato tanto sulla serie A, sui difensori, sugli stadi e sui club. Si vede anche in campo, vero?».

Spalletti le fa i complimenti, ma batte sempre su un tasto: vuole da lei più cattiveria. I tifosi si innamorano più dei bad boys alla Ibra che dei buoni. Ma si può essere bravi nella vita e cattivi in campo?
«Bisogna capire che cosa vuol dire essere cattivo. Se sbaglio due occasioni è perché non sono cattivo? Sbaglio perché sono buono? Per me cattivo significa che devi sfruttare tutte le occasioni che hai, che ti devi concentrare di più. E io mi impegno per farlo. Ma non posso cambiare a 30 anni. Sono fatto così. Sono nato così».

Sarà così buono da parlare con Lulic anche prima del derby?
«Posso chiamarlo o non chiamarlo. Non sono superstizioso. Siamo amici da tempo, è un mio compagno di Nazionale. Ma entrati allo stadio, Lulic non esiste. So cosa devo fare. So che dobbiamo vincere e darò tutto per questo».

E con Pjanic, che ha chiamato il figlio Edin come lei?
«Mire lo sento, certo. Anche se con la Juve ha fatto dei gol che non mi hanno reso felice. Vabbé, è il suo lavoro...».

Campionato scorso, seconda giornata: Dzeko sovrasta Chiellini e segna, la Roma batte la Juve. Sembrava un passaggio di consegne. E invece...
«Non ho visto quella vittoria, o il mio gol, come il momento in cui avevamo ucciso la Juventus. È un discorso, se lo permette, da giornalista. Prima dell’Atalanta tutti a dire che possiamo vincere lo scudetto. Dopo la sconfitta, è un fallimento. Abbiamo perso una brutta partita, ma questo è il passato. Non penso che la Juve è a 7 punti, penso che mancano 25 partite e sono un sacco di punti. Con il Manchester City abbiamo vinto il secondo titolo quando sembrava già del Liverpool. Li abbiamo superati alla penultima giornata. Da allora, per me, non esiste più la frase: è finita!»

È un modo di pensare tipicamente italiano?
«C’è anche in Inghilterra e in Germania, ma in Italia di più. Non c’è equilibrio».

In passato disse che l’immagine del calcio italiano non era più buona. Cosa ne pensa adesso che ci gioca?
«Primo: gli stadi. In Premier e in Bundesliga sono tutti nuovi e sono pieni. Così, anche se due squadre non giocano bene, la partita sembra bella lo stesso. Spero che le cose cambino. Penso al nuovo stadio della Roma: se uno viene da fuori e vuole investire, lasciatelo fare! Lo stadio, poi, rimane alla città».

La curva Sud non ci sarà nemmeno al derby. Cosa ne pensa?
«Abbiamo bisogno dei tifosi. Lo Juventus Stadium è sempre pieno, così è più facile. Il calcio è per i tifosi. Se fai una cosa bella, come il gol di Diego contro il Viktoria, con una “rabona”, è una cosa meravigliosa. È bello anche solo pensare di fare un gesto così».