De Rossi: "Roma ti strega, da qui è impossibile andarsene"

06.06.2014 09:27 di Emanuele Melfi Twitter:    vedi letture
Fonte: La Repubblica
De Rossi: "Roma ti strega, da qui è impossibile andarsene"
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico De Luca

Il centrocampista della Roma e della Nazionale Daniele De Rossi ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano La Repubblica. Vocegiallorossa.it ne propone uno stralcio.

A 31 anni che si pensa?
"Che a 20 me ne sarei dovuto andare via dall’Italia, fare esperienza di vita e di calcio all’estero. Avrei giocato più Champions e forse più finali. Allargato i miei confini, e i miei confronti professionali. Ma io solo non ci sono mai stato, sono sempre andato a pranzo da mamma e papà, che abitano a tre minuti da me. Stavo nel brodo, molto coccolato, molto figlio. Difficile cambiare una cuccia comoda, più facile che te la aggiusti. Roma ti strega, da qui è quasi impossibile partire. I tifosi ti amano, ti seguono, se cadi, aspettano il tuo riscatto".

Lo sciopero del tifo degli ultrà romanisti a favore dello sparatore del ragazzo napoletano?
"Brutta storia, anche se gli ultrà hanno i loro codici. Dico: c’è uno, ancora in ospedale, che lotta tra la vita e la morte e tu non lo rispetti? Ti fai subito giudice, ti schieri sulla pelle di un ragazzo intubato a letto? Sarebbe meglio prima verificare la ricostruzione dei fatti, aspettare che il ferito esca dalla rianimazione. E sono anche preoccupato per quello che potrà succedere nel prossimo Roma-Napoli e anche Roma-Fiorentina, per i rapporti non magnifici tra le due tifoserie".

Lei è al suo terzo mondiale.
"È un po’ anche un addio. So che è l’ultima volta che giocherò con Andrea Pirlo, e non ci voglio pensare, sennò mi commuovo. Quando in Germania ero a pezzi, per la squalifica di quattro giornate, Andrea mi ha portato a cena con la sua famiglia e mi ha fatto sentire che non ero un reietto. Allora c’era anche Alessandro Nesta che subì un brutto infortunio e con cui ci siamo fatti compagnia".

Il fallo su McBride la catalogò: l’uomo che alza il gomito.
"Me ne vergogno. Io non sono un killer, né una carogna, non rosico se qualcuno mi supera, non covo vendette, non colleziono cartellini rossi. E da piccolo non ero un attaccabrighe. Ma non sopporto che qualcuno mi stringa, mi trattenga, mi tocchi. È una questione fisica, mi dà fastidio, non ci vedo più, mi si gonfia la vena".

Nell’ultimo mondiale, in Sudafrica, non si è salvato.
"Ringrazio per la delicatezza. Sono andato proprio male. Ma ero fuso, vuoto, bruciato dentro. Con la Roma in campionato avevamo rincorso l’Inter fino all’ultima giornata. Gli stimoli non tornavano. In più quella spedizione non era proprio ben organizzata, anche perché il Sudafrica non ci dava libertà di spostamento. Dovevamo stare sempre attenti. Sì, dicevamo di essere concentrati sulla partita, ma in realtà avevamo fatto i calcoli, convinti di passare il turno. La testa era già avanti, ma i piedi purtroppo indietro. Non dico fossimo dei bugiardi, è che mentivamo anche a noi stessi".

A lei continuano a rimproverarle lo stipendio.
"Sì. Sono il più pagato della serie A. Sei milioni e mezzo a stagione. Secondo i tifosi mi dovrei vergognare, quando non gioco bene, come se mi facesse piacere non essere sempre all’altezza. Se un cantante gira in Jaguar è figo, se ci gira un calciatore è stronzo. Non l’ho mai nascosto, quando c’era da rinnovare il contratto: gioco per chi mi dà più soldi. C’è un mercato, c’è un valore, non rubo. Se Madonna guadagna tanto significa che è brava, se lo fa un calciatore è solo un mangiasoldi. Per i tifosi dovresti sempre strisciare e batterti il petto. Ti considerano una loro proprietà: se perdi e giochi male hai rovinato e distrutto la loro vita. Altro che guadagnare, devi pagare. Di una cosa sono fiero, quando sotto la gestione Zeman non giocavo, non ho fatto polemiche, mi sono piaciuto moralmente, non sul campo".