"Se era forte, te lo davano?"

21.01.2016 21:00 di Gabriele Chiocchio Twitter:    vedi letture
"Se era forte, te lo davano?"

Una, due, tre, quattro occasioni sciupate dopo mesi di quasi astinenza su azione, e quasi senza accorgersene sorge il dubbio, quasi il timore che, come accaduto tante volte nella storia della Roma, il colpo dell’estate si sia trasformato in un bidone, che un giocatore presentato come top player (definizione che vuole raggruppare i migliori giocatori su piazza, ma che è assolutamente soggettiva come qualsiasi altra coniata nel corso dei decenni di calcio in Italia) non solo non sia tale ma ben peggio. Ed è subito sentenza: “se era forte, te lo davano?”.

“Se era forte, te lo davano?” è la distruzione in una frase (anzi, due) di qualsivoglia principio base di calciomercato. Non importa se un calciatore sia un perno della propria squadra oppure sia meno considerato per motivi diversi dalla sua “forza”, non importa il rapporto contrattuale tra quel calciatore e la società che ne detiene il cartellino, non importa se quella società abbia bisogno o meno di ricavare denaro della sua cessione. Un giocatore o è forte o è scarso e le squadre non venderanno mai i giocatori forti e si libereranno alla velocità della luce dei giocatori scarsi, sempre e comunque. Certo, bisognerebbe poi spiegarsi perché il Real Madrid lasci andare Gonzalo Higuain, autore oggi di un gol a partita in Serie A (e non è il classico modo di dire, ne ha fatti 20 in 20), perché il Manchester City (guarda caso) si liberi così a cuor leggero di quello che sarebbe stato il championship-winner delle ultime due stagioni italiane e perché la Juventus poi lo abbia letteralmente regalato al Boca Juniors. E sembra poco credibile che dalle parti della Bombonera, all’arrivo di Carlos Tevez si siano chiesti “si era bueno, te lo daban?”, ma è giusto restare con il beneficio del dubbio.

“Se era forte, te lo davano?” è la tomba di ogni aspirazione di competizione sportiva contro avversari storicamente più quotati o economicamente più solidi. È l’accettazione definitiva e insindacabile che gli altri sono insuperabili e che qui ci saranno solo giocattoli rotti che nessun bambino vuole più utilizzare. A maggio, Rudi Garcia parlò di gap incolmabile nei confronti della Juventus e per qualcuno ogni minuto successivo non speso nell’allontanamento del francese da Roma era un minuto sprecato nella costruzione del futuro, visto che è impossibile costruire un futuro con una persona che in quel futuro non crede. Non è il momento di tornare sulla genesi e sulle conseguenze poi concretizzatesi di quelle dichiarazioni, ma è evidente come le due si equivalgano perfettamente, siano esse generiche o specifiche, se si parla di ambizione. Ambizione che deve coincidere con la consapevolezza dei propri limiti, ma anche con una voglia, vera, di superarli.

“Se era forte, te lo davano?” è il frutto della poca lucidità rimasta a una città devastata dalle tante delusioni, spacciata per un realismo che possa fungere da inefficace antidoto per quelle future. Edin Dzeko è un attaccante centrale da 189 gol in carriera nei club, 234 sommando anche i 45 siglati in 76 partite con la sua nazionale. È stato protagonista di titoli vinti in squadre decisamente desuete come il Wolfsburg o da lanciare nell’elite europea come il Manchester City. Ha pagato una collocazione tattica non congeniale, ha sofferto un infortunio proprio nella partita che poteva sbloccarlo (il 5-1 al Carpi, in cui Manolas e Digne hanno firmato il loro primo gol con la Roma, Gervinho è uscito dal torpore e Totti ha servito un assist da subentrato) e ha messo in campo meno carattere di quel che ci si aspettava all’alba della stagione e che gli avrebbe fatto comodo per non arrivare a gennaio inoltrato con la miseria di tre gol su azione e la prima espulsione della sua carriera a carico. La storia di un calciatore non è smentibile neanche da un periodo di appannamento così lungo, se poi Edin Dzeko sia un buono, buonissimo, ottimo o grande attaccante sta al giudizio soggettivo stabilirlo. Non dimostrarlo sarebbe un peccato e soprattutto un danno grande almeno quanto il suo peso a bilancio, ma Edin Dzeko è forte. E, sì, te lo hanno dato.