De Rossi è la spiegazione al "cosa sei per me", ma per unire squadra, società e tifosi servono i risultati

24.01.2024 15:00 di  Luca d'Alessandro  Twitter:    vedi letture
Fonte: L'editoriale di Luca d'Alessandro
De Rossi è la spiegazione al "cosa sei per me", ma per unire squadra, società e tifosi servono i risultati
Vocegiallorossa.it

"Cosa sei per me, spiegarlo non è facile" o forse sì? Già perché l'esonero di Mourinho, al netto dell'andamento in classifica della squadra, aveva scatenato tante polemiche. Non è un caso che per buona parte di Roma-Hellas Verona, allo stadio Olimpico, gli striscioni fossero tutti per lo Special One. Non è un caso che, per la gente, i veri colpevoli fossero e sono i calciatori, tanto da fischiarli durante il riscaldamento, durante la lettura delle formazioni e addirittura a partita vinta, mentre loro andavano sotto la Curva Sud in segno di pace. Mourinho, il romanista delle battaglie contro i poteri forti, era diventato il simbolo della gente. Una delle frasi più dette dalla gente prima che il tecnico fosse esonerato, quando comunque il sentore era negativo riguardo il suo rinnovo, era: "Non vorrei essere l'allenatore che verrà dopo Mourinho...". 

Invece i Friedkin hanno calato l'ennesimo jolly: Daniele De Rossi. Da un romanista acquisito a uno dei figli di Roma, capitani e bandiere. Una mossa dettata più dall'opportunismo che dai meriti sportivi, visto che il nuovo mister, contro l'Hellas Verona, era alla prima panchina in Serie A (un concetto espresso proprio da lui nella conferenza stampa alla vigilia del match). "Riportare squadra, tifoseria e società ad essere una cosa sola". Questo ha scritto De Rossi sul suo profilo Instagram, mettendolo in cima agli obiettivi. Un po' come riportare la chiesa al centro del villaggio. 

Con De Rossi alla guida, tutto diventa magicamente colorato di giallorosso e il "cosa sei per me" diventa immediatamente facile da spiegare. Basta vederlo in panchina, col suo modo di chi, probabilmente, si sente ancora più giocatore che allenatore. Basta vederlo al Tre Fontane, accanto a papà Alberto, osservare da allenatore della Prima squadra, quella Primavera da lui stesso giocata e allenata per anni e anni proprio dal padre.

"Nei primi allenamenti con un nuovo mister i giocatori vanno tutti a 200 km/h" ha dichiarato il mister. Lo stesso vale anche per lui e per l'ambiente. Questo è il momento in cui, dopo la tempesta, il cielo si rasserena un po', dove è ancora più grande l'emozione per aver ritrovato la Roma/aver ritrovato nella Roma un idolo, piuttosto che essere pragmatici. Anche se la carta emozionale a volte non basta, perché Mourinho con la vittoria della Conference League era riuscito a riportare società, tifoseria e squadra a essere una cosa sola, ma con la sconfitta di Budapest, nonostante il discorso alla "Ogni maledetta domenica", con quel: "Io resto qui per voi", qualcosa si è rotto, non tanto tra la tifoseria e Mourinho, ma tra Mourinho, la squadra e la società. Segno che poi alla fine, l'obiettivo principale, sono i risultati.