A fari spenti

07.07.2016 21:00 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
A fari spenti

Il gran finale della scorsa stagione targato Luciano Spalletti in altri tempi avrebbe generato attesa e aspettative per per l’annata che è cominciata ufficialmente oggi con i test medici a Villa Stuart. La sensazione, però, è che il 2016/2017 della Roma parta decisamente a fari spenti: le vicende legate al far play finanziario e una Champions che (ancora) non c’è hanno costretto i giallorossi a un calciomercato - unico sfogo, tornei per nazionali a parte, mentre il proprio club è in vacanza - di basso profilo e probabilmente la cosa non cambierà, in un’estate che si preannuncia più calda del solito. Specie se ci si ricorda le ultime due, come quella del 2014 che si affrontava con 85 punti in dote e il ritorno nell’Europa che conta, o quella del 2015 in cui fin dai primi giorni si era capito come si sarebbe tentato l’attacco al vertice, poi andato male con tutte le conseguenze già ripetutamente discusse. Di solito si dice che non tutto il male vien per nuocere, ma, per quanto una minore pressione, specie qui a Roma, possa generare senz’altro effetti benefici, come sempre conterà ciò che verrà fatto da domani in campo e da ciò che Walter Sabatini riuscirà a mettere insieme ai vari tavoli del mercato.

Di tempo ce n’è molto meno del solito e le possibilità di manovra sembrano decisamente più limitate e complessivamente pensare di potersi giocare il titolo con la Juventus in questa stagione è un’idea forse poco aderente ai fatti, o quantomeno alle possibilità che le due stanno dimostrando di avere. Si parla spesso di Luciano Spalletti come garanzia di competitività della squadra: l’uomo della provvidenza non esiste, ma questa volta il ritornello potrebbe avere un fondo di verità. Il tecnico di Certaldo si è già trovato in una situazione simile nella sua prima esperienza giallorossa, seppur con una società diversa, con un avversario diverso e, soprattutto, con regole diverse per quanto concerne gli investimenti. Starà a lui insegnare alla squadra, oltre ai movimenti da compiere in campo, a interpretare al meglio possibile il ruolo dell’underdog: tanto scomodo quanto inevitabile.