A Bergamo cambia tutto: ora il Napoli è uno spauracchio

L'editoriale di Gabriele Chiocchio
17.04.2016 17:00 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio
A Bergamo cambia tutto: ora il Napoli è uno spauracchio

C’era un obiettivo alla portata, c’erano gli stimoli per raggiungerlo, c’era un vantaggio semplicemente da mantenere: tutto questo non è bastato e adesso la Roma, partita con il secondo posto a portata di piedi, si trova nuovamente a difendere il fortino del terzo, dopo una mattinata ricca di paradossi e distrazioni e che lascerà sicuramente strascichi.

EQUILIBRIO - "Abbiamo perso equilibrio, l'abbiamo messa in discussione più volte, dopo il 2-0 era una vittoria clamorosa, non ce la facciamo a rimanere applicati, perdiamo in alcuni momenti, non siamo sul pezzo, non guadagniamo più il centimetro, non prendiamo le posizioni giuste in modo preventivo”. Uno Spalletti torrenziale nel postpartita ha fatto l’elenco di tutte le mancanze della Roma, che dopo il 2-0 di Nainggolan ha gettato dalla finestra una partita che aveva tutte le capacità di portare a casa, anche senza eccessivi patemi, per come si era messa. Ma alcune cause di tutto ciò sono anche a lui attribuibili: servivano maggiore decisione nello stabilire che Lucas Digne non fosse in condizione di andare avanti e maggiore reattività nel prendere le contromisure alle mosse di Reja, che, come all’andata contro Garcia, ha avuto vita facilissima nello spostare la gara sul suo campo, vale a dire aggressione e velocità sulle fasce, come invocato in conferenza stampa. L’assenza per motivi fisici di Miralem Pjanić - che si è sentita molto più sul piano della compattezza che su quello della proposta, una cosa quasi impensabile - ha giocato un ruolo importante, ma anche chi era in campo (compreso Florenzi, in questo contesto forse più inadatto da intermedio che da terzino, visto l’enorme isolamento che Gomez ha avuto sul lato di Rüdiger) avrebbe dovuto garantire maggiore unità e far valere la propria superiorità tecnica: questo non è accaduto e ora tutto è di nuovo in discussione, con la partita del 25 aprile a un passo dal passare da occasione a spauracchio, vista anche la riabilitazione di Gonzalo Higuaín dopo il ricorso.

DŽEKO - Il Pipita, del Napoli, è stato la differenza; quella che il bosniaco, ormai per troppe volte, sta facendo al contrario. Il numero 9, che ha rapidamente esaurito la scarsa scorta di credito del più dell’ambiente giallorosso, con la partita di oggi sta bruciando anche quella più ampia di chi lo ha difeso in questi mesi, alimentando quello stesso meccanismo che lo ha devastato nell’animo, in un circolo vizioso da cui a essere danneggiata, prima di lui, è solo la Roma. Restano totalmente fuori luogo i giudizi definitivi su un giocatore il cui curriculum è indiscutibile, ma il peso del suo mancato contributo, anche contando il solo girone di ritorno, pur meno gravoso di quanto si voglia dipingere, comincia a essere tangibile: lui avrà sempre l’anno prossimo (il secondo, storicamente molto più foriero di soddisfazioni rispetto al primo, almeno guardando le precedenti esperienze) per rifarsi, la Roma gli obiettivi li deve centrare subito.

TOTTI - Nei tanti paradossi della mattinata orobica, c’è anche quello per il quale un quasi quarantenne, messo ai margini da società e allenatore, entri e sistemi almeno in parte le cose, riuscendo in quello in cui compagni più attesi avevano fallito. La tentazione di spegnere la testa e di cedere al cuore, specie da queste parti, è sempre fortissima e lo sarà ancora di più nelle ore che separeranno il triplice fischio di Irrati dal calcio d’inizio di Roma-Torino, ma Spalletti è stato ancora una volta sul pezzo: “Se Totti vuol fare il giocatore fa il giocatore, se lui calcia una palla fa gol, poi conta la corsa, la disponibilità, i contrasti. Conta prendere il pallino in mano”. È fisiologico, naturale concepire che un pur straordinario ed eccezionale classe ‘76 non possa assicurare molto di quanto elencato per 90 minuti ed è già straordinario ed eccezionale che con quella carta d’identità possa essere risultato decisivo in due match consecutivi. Non è però il momento di abbandonarsi a romanticherie e falsa riconoscenza, specie dopo una partita come quella di oggi, in cui il difetto principale è stata la mancanza di solidità e la cosa migliore che si può fare per rendergli il rispetto che merita è continuare a considerando ciò che è ciò che ha più che positivamente fatto negli ultimi due spezzoni giocati: un calciatore. E nient’altro.